Proprio quest’anno il neo quarantenne Guga festeggia i 20 anni dal suo primo titolo a Parigi. Era il lontano 1997 quando vinse il torneo parigino da vero e proprio outsider (era infatti solo numero 66 del mondo). Questo successo inaspettato poteva sembrare un caso, ma Kuerten allontanerà ogni possibile sospetto vincendo il torneo altre due volte (2000 e 2001) e arrivando in vetta al ranking proprio a fine 2000. Questi due anni sono segnati da vari successi, per la maggior parte sulla terra rossa; arriverà a mettere in bacheca ben 11 trofei, fra cui anche tornei importati sul cemento come il Master di fine anno e alcuni ex Master Series.
Un aspetto molto importante della carriera di Guga è però il peso della propria figura sul movimento tennistico brasiliano, di cui si fa ben presto icona mondiale. Fino a quel momento dal movimento brasiliano non erano ancora usciti grossi campioni, e Guga contribuisce a rendere almeno un po’ più importante il tennis nel paese del futebol, anche grazie alla sua figura popolare (al secolo noto per i famosi riccioli) e carismatica.
In una recente intervista per Estadao, Kuerten è tornato a parlare dello stato del tennis nel proprio paese, un argomento che da sempre tiene particolarmente a cuore. Per quanto soddisfatto da alcune iniziative, Guga ha manifestato tutto il suo disappunto per lo stato del movimento tennistico brasiliano, ma anche per come viene gestito in generale il tema dello sport nel proprio paese.
In particolare Kuerten si è dimostrato dispiaciuto per l’opportunità che aveva il proprio paese per investire finalmente e in modo strategico sul tennis, per dare uno scheletro solido, un’organizzazione al movimento, opportunità rappresentata proprio dalla popolarità guadagnata dallo sport in seguito ai successi dell’ex numero 1 del mondo. Il finanziamento pubblico al tennis in Brasile è infatti nella visione di Kuerten troppo poco mirato e strategico, senza una reale programmazione a lungo termine che possa fare da fucina per nuovi campioni. Pure gli sponsor spesso hanno poco interesse ad investire in assenza di programmazione, e dopo le Olimpiadi molti hanno chiuso i rubinetti. E oltre agli investimenti pesa anche la mancata diffusione di una vera cultura del tennis; nel paese molte strutture sono ancora scadenti, gli allenatori locali poco motivati e i genitori poco supportati.
Per quanto poche, alcune iniziative sono meritevoli, come ad esempio il Randez-vous al Roland Garros, un torneo per giovani under-18 con in palio 2 wild card per il tabellone delle qualificazioni del torneo parigino, ospitato fra i vari paesi anche dal Brasile (si gioca anche in Cina, India, Corea, Stati Uniti e Giappone) proprio nella città natale di Guga, Florianopolis. Il torneo è una vetrina e una motivazione per i giovani tennisti brasiliani emergenti, ma forse è ancora troppo poco.
La vetrina principale infatti, il Rio Open, che si gioca in pieno carnevale a Rio de Janeiro, non è ancora definitivamente decollato, ed è in grado di ospitare solo a fasi alterne veri grandi campioni, spesso per mancanza di fondi.
Ma Guga non perde ottimismo e propone un suo piano “di sicuro sono mancati gli investimenti in professionisti veri dello sport. Potevamo prendere 10 grandi allenatori e metterli al lavoro con i bambini, poi con i ragazzi e infine con gli adulti. A questi aggiungere squadre di formazione e favorire un miglior accesso ad un vero polo dello sport per la formazione, con criteri precisi e seri nella scelta degli allenatori e degli stessi giocatori. Creare una specie di catena di montaggio del professionista, in cui avere successo è più facile e da cui il campione nasce di conseguenza”.
La popolarità che Guga aveva contribuito a creare per il tennis è stata poco sfruttata dalla politica sportiva brasiliana, che a suo dire non vede interesse nel creare un progetto di questo tipo nel lungo periodo, ma preferisce risultati a breve termine.
Particolare scalpore ha fatto la recente notizia che vari tennisti brasiliani fra cui Thomas Bellucci, Bruno Soares, Marcelo Melo hanno perso importanti sponsorizzazioni a causa della riduzione degli investimenti della CBT (Confederazione Brasiliana del Tennis), il principale organo pubblico del tennis brasiliano.
“i ragazzi meritano il pieno appoggio della Federazione, ma ci sono persone che meritano l’appoggio anche prima di loro. Gli sponsor hanno finanziato molto da 4-5 anni fa fino ai Giochi, è normale che oggi i fondi diminuiscano. Quello che manca è una programmazione in cui sappiamo già ora quanto finanziamento avremo fra qualche anno. Manca una maggiore sostenibilità del progetto, una minore dipendenza dagli sponsor e finanziamenti pubblici più strategici. In Brasile lo sport dipende molto dal finanziamento pubblico. Distribuire meglio questi grandi investimenti in progetti più organizzati può portare a conseguire grandi risultati con un importante ritorno economico per il paese dai successi”.
Per quanto alcune cose vadano male, non è tutto da buttare. Le risorse ci sono e questo è già un bene, e Guga infatti insiste sulla necessità di mettere in atto “criteri precisi e seri” per la distribuzione di questi fondi (un problema quanto mai universale). Le cose potevano essere fatte meglio, ma dal basso la voglia c’è. Un sostegno a giocatori e allenatori arriva, ma bisogna scegliere meglio chi e come finanziare, e puntare tutto su professionisti che siano in grado di annaffiare il seme del talento dei giovani tennisti brasiliani.
Come dargli torto. Oltre ad essere triste una situazione del genere per un grande paese come il Brasile, da cui potrebbero sicuramente uscire buoni giocatori, dispiace soprattutto il triste confronto con il movimento argentino, recente vincitore della Coppa Davis e molto attivo nello sfornare giocatori buoni o eccellenti come il già vincitore Slam Del Potro (tra l’altro limitato a successi ben maggiori solo dalla pioggia di infortuni occorsa in tutta la sua carriera).
Più lungimiranza e intelligenza, più figure chiave ai vertici del movimento tennistico potrebbero sicuramente aiutare il Brasile ad uscire da questa situazione.