Nel mondo scintillante del tennis dei big four, tappezzato di successi e interviste, di luci e di Slam, ieri sera quello che è stato da sempre considerato lo svizzero n°2, Stan Wawrinka, ha eclissato tutti i suoi illustri colleghi col suo tennis pazzesco, con la sua correttezza e con la sua presenza mentale vincendo, all’età di 31 anni, il suo terzo Slam.
“Stan the man”, come è stato soprannominato da quando ha cominciato a mietere successi più “consistenti” è un lavoratore del tennis, un timido, la cui filosofia di vita e di tennis rispecchia ciò che si è tatuato sul braccio “Ever tried. Ever failed. No matter. Try Again. Fail again. Fail better.”- Ho provato. Ho fallito. Non importa. Riproverò. Fallirò meglio-
Fino a pochi anni fa, e in definitiva anche adesso, ha alternato momenti in cui non solo non ha avuto niente da invidiare ai fab four, ad altri in cui è sembrata mancargli la concentrazione, la voglia di vincere.
I colpi sono pazzeschi, e sembra che più avanzi nel corso di un torneo più giochi bene, come se debba acquisire consapevolezza del suo tennis, fiducia nel suo gioco. Prima di servizio oltre i 200 km/h, dritto secondo in potenza solo a quello di Del Potro, il rovescio a una mano, spesso coperto, fra i più offensivi- soprattutto lungo linea- e più belli. Eppure fino a poco tempo fa non ci eravamo accorti di tutta questa bellezza, abbagliati forse dal cugino Federer, più affascinante e dal tennis più elegante.
I dati comunque parlano chiaro: questa è la terza volta che Stan raggiunge una finale Slam, e la terza volta che centra l’obiettivo, una volta contro Nadal a Melbourne e due volte, a Parigi e a New York contro il n°1 del mondo, per non parlare poi del fatto che questa è la sua undicesima finale vinta consecutiva, in pratica, se non cade ai primi turni e conquista la finale, Stan vince.
E così è stato ieri sera, ancora una volta, contro il numero 1 e dittatore del tennis mondiale dal 2011, Novak Djokovic
I confronti diretti fra i due vedevano Djokovic avanti 19-4, ma le ultime due volte è stato Wawrinka a battere il serbo, proponendosi anzi come l’unico dopo molti anni ad essere veramente pericoloso per lui, nei quarti di finale a Melbourne 2014 e in finale al Roland Garros 2015.
A questa finale comunque Djokovic, che sembrava avere dei problemi alla spalla e personali, è arrivato molto più riposato, infatti in tutto il torneo ha giocato solo per 8 ore e 58 minuti, a causa dei vari ritiri dei suoi avversari, Wawrinka invece ha accumulato 17 ore e 54 minuti di gioco, praticamente il doppio, incontrando giocatori come Del Potro ai quarti e Nishikori in semi.
Djokovic già dai primi scambi non sembra giocare con la brillantezza dei suoi giorni migliori, ma sicuramente ha abbastanza solidità da trovarsi in vantaggio nel tie break del primo set. Va riconosciuto a Djokovic infatti una grande consistenza e continuità mentale, fisica e tecnica.
Wawrinka invece ha avuto la straordinaria capacità di non mollare mai il serbo, raggiungendolo nel primo set da 2-5 sotto per poi perdere tragicamente nel tie break , di non staccare mai la spina e di essere sempre presente con testa- da notare il gesto ricorrente che faceva puntandosi il dito alla testa e guardando il suo coach Magnus Norman-
Coi suoi mezzi straordinari, soprattutto quando entra in trance agonistica, quando cioè sembra che non pensi più, ma che si lasci guidare semplicemente dal braccio lascia partire fendenti incontenibili anche per il più grande difensore del circuito- certo Nole-
E così, dopo quasi 4 ore di lotta vince il più forte: Stan Wawrinka. Un giocatore senza paure, come ha sottolineato lo stesso Djokovic alla premiazione.
E’ stato premiato il giocatore più coraggioso, quello che si è preso più rischi, e aggiungerei, che ha avuto la forza mentale di non farsi soggiogare dai magheggi intentati dal n°1 del mondo con addirittura due MTO per calli. Ma anche riguardo a questo Stan si è rivelato un signore non menzionando neanche la cosa.