[tps_title]Introduzione[/tps_title]
Infortuni, incidenti spiacevoli, necessità di staccare la spina: sono tante le motivazioni che possono spingere un tennista ad allontanarsi, più o meno volontariamente, dal circuito e dalle competizioni, tra lo stress fisico e la pressione cui il nostro sport costringe. Sono tante, però, allo stesso tempo le storie di ritorni dopo un periodo difficile, alcuni sorprendenti, altri fallimentari: gli ultimi, che stanno interessando fans e addetti ai lavori proprio in questi giorni, sono quelli di Roger Federer e Rafael Nadal, le due leggende che, insieme a Novak Djokovic ed Andy Murray, hanno segnato il tennis degli ultimi quindici anni. Sia lo svizzero che lo spagnolo, infatti, costretti dall’usura del fisico dopo una lunga carriera a tirare in remi in barca nelle ultime stagioni, hanno fatto il loro rientro alle competizioni ad inizio di 2017, con la speranza che il nuovo anno possa restituire loro un buon stato di forma e permettergli di battagliare e di regalare spettacolo a tutti i tifosi.
Anche nel passato però si possono individuare non pochi ritorni che, chi più chi meno, hanno lasciato un segno nella storia del tennis: da Bill Tilden a Bjorn Borg, fino a Monica Seles e Martin Hingis, andiamo a rivivere, dunque, i dieci “comeback” più belli del nostro sport.
[tps_title]#1 Wimbledon professionisti, 1967[/tps_title]
Questa non è la storia di un giocatore, ma di alcuni tra i più grandi campioni che il nostro sport abbia mai visto. Il tennis, come noto, non è sempre stato “aperto” a tutti, ma al contrario ha vissuto, fino al 1968, una vera e propria “diaspora” di fuoriclasse, con la nascita, nel 1926, per mano dell’imprenditore Pyle del professionismo, ovvero un circuito parallelo a quello ufficiale in cui i tennisti potevano essere pagati. Inutile ricordare che chiunque partecipasse a tornei “pro” veniva immediatamente bandito dall’ILTF, la federazione ufficiale, e non poteva più prendere parte ad alcun torneo dello Slam, incluso, ovviamente, il tempio del Tennis, WImbledon. Questa situazione, che portò i più forti giocatori del mondo ad allontanarsi dal circuito ufficiale e impedì loro, dunque, di conquistare i Major, si protrasse fino al 1968, quando finalmente ebbe inizio l’ “Era Open”, inaugurata dallo storico, secondo Grande Slam di Rod Laver. La prima, fondamentale crepa nella divisione tra professionisti e dilettanti avvenne, però, già nel 1967, con il primo torneo organizzato a Church Road anche per coloro che erano stati “banditi”.
Grazie alla mediazione di Jack Kramer, uno dei più importanti esponenti del professionismo, la federazione ufficiale aveva infatti dovuto cedere, consentendo per la prima volta che si tenesse un torneo ai Championships tra gli otto più forti tennisti del mondo, tra cui spiccavano Laver, Rosewall, Gonzalez. L’evento dunque si rivelò un grande successo, portò l’entusiasmo tra appassionati, ma anche tra le televisioni, con la BBC che decise di trasmetterlo a colori, e vide sfidarsi dei veri campioni: a trionfare fu infine Rod Laver, in tre set su Ken Rosewall. Ma, cosa più importante, si rivelà fondamentale proprio poiché rappresentò il primo passo verso l’inizio dell’era Open.
[tps_title]#2 Bjorn Borg, 1991[/tps_title]
Siamo nel 1991, e uno dei campioni più forti dell’intera storia del tennis ha deciso di rientrare nel circuito dopo sei lunghi anni di assenza, e dopo un ritiro dal sapore amaro: Bjorn Borg, “l’orso” svedese dagli occhi di ghiaccio che, insieme a John McEnroe, aveva infiammato gli animi degli appassionati, torna finalmente a disputare un torneo, sulla sua amata terra rossa, e nella cornice del Principato di Monaco, in cui ha trionfato tre volte. Proprio Montecarlo era stato lo sfondo dell’ultimo match giocato dal cinque volte campione di Wimbledon, che, costretto a giocare le qualificazioni in ogni evento e ormai estenuato e stanco della dura vita cui il tennis lo costringeva, aveva annunciato il ritiro. Sette anni più tardi, però, per la gioia dei tanti tifosi, lo ritroviamo sul campo, deciso, almeno secondo quanto lui stesso dichiarava, a riscattarsi.
La storia, però, è andata diversamente: quello di Borg infatti fu un ritorno decisamente fallimentare, costellato di amare sconfitte e privo di soddisfazioni. Accompagnato dalla sua “Donnay” il legno, la sua storica racchetta ormai anacronistica, il campione svedese fallì clamorosamente a Monte Carlo, dove venne sconfitto dal numero 54 del mondo Jordi Arrese, con il punteggio di 6-2 6-3. E non diedero migliori esiti neanche le due stagioni seguenti, in cui, nonostante il tentativo di adottare un attrezzo più evoluto e adatto ai tempi, Bjorn non si aggiudicò neanche un incontro, con qualche piccolo miglioramento nelle ultime apparizioni nel 1983: nell’ultimo match della sua carriera, disputato a Mosca contro Aleksandr Volkov, riuscì perfino a guadagnarsi un match point, ma ne uscì sconfitto nuovamente sconfitto, e non poté far altro che annunciare il ritiro, questa volta davvero definitivo. Insomma, si può affermare che il “comeback” all’inizio degli anni ’90 fu per l’orso” una parentesi fallimentare, che non toglie né aggiunge alcun valore alla sua strepitosa carriera.
[tps_title]#3 Thomas Muster, 1989[/tps_title]
Thomas Muster, campione del Roland Garros nel 1995, è stato sicuramente uno dei migliori “terraioli” dei suoi anni, grazie ad un tennis solido e potente. Durante la sua carriera, però, l’austriaco ha dovuto attraversare un momento davvero complicato, da cui si è tirato fuori con un grinta fuori dal comune: poco prima della finale del torneo di Miami del 19, in cui avrebbe dovuto affrontare Ivan Lendl, proprio nel parcheggio di Key Biscane un automobilista ubriaco lo investì, ferendolo al ginocchio. Per molti esperti, l’avventura di Muster nel tennis professionistico era ormai finita, e l’ex numero 1 del mondo non sarebbe più tornato ai livelli di prima.
Lui, però, come suo solito non si arrese, ma anzi si impegnò ancora di più e tirò fuori tutta la sua forza di volontà al rientro nel 1990. Riuscì a spingersi fino in finale a Monte Carlo, dove venne sconfitto dal russo Chesnokov, ma poche settimane più tardi, sul Centrale del Foro Italico di Roma, si riscattò, sconfiggendo con un netto 6-3 6-1. Come lui stesso ha raccontato alla Gazzetta dello Sport nel 2015, dietro a quel punteggio, apparentemente così semplice, si nascondono in realtà tutti gli sforzi e i sacrifici per recuperare da quel tremendo infortunio, che avrebbe potuto addirittura stroncargli la carriera, e che gli ha infuso, invece, una ancor maggiore voglia di lavorare: “Quello scherzo del destino mi ha dato una super-motivazione, che mi ha accompagnato fino a fine carriera”.
[tps_title]#4 Monica Seles, 1993[/tps_title]
E’ questo probabilmente uno dei più tristemente noti episodi che riguardino il tennis, ed una delle pagine peggiori della storia di questo sport: stiamo parlando della folle aggressione ai danni di Monica Seles, una delle più forti giocatrici di sempre, la cui carriera dopo quel giorno venne, di fatto, stroncata, o quantomeno decisamente pregiudicata. La serba era all’epoca appena diciannovenne, ma dominava il circuito già da due stagioni, con ben otto Major conquistati tra il ’91 e l’inizio del ’93 e due anni da numero uno della classifica mondiale. Era, insomma, già lanciata come una delle stelle più brillanti, in grado di togliere lo scettro a Steffi Graff e di infrangere record su record.
Da quel giorno, però, tutto cambiò. Durante il suo incontro con la bulgara Magdalena Maleeva, infatti, Monica venne accoltellata alla schiena da un pazzo, che si professava tifoso proprio della sua rivale, Steffi, e, anche se la ferita non fu particolarmente grave, le lasciò una cicatrice indelebile a livello mentale, per cui non riuscì mai a riprendersi. Il suo aggressore venne processato, ma con una sentenza scandalosa venne condannato solamente a due anni di libertà vigilata, e la Seles decise di non giocare mai più in Germania. Non fu migliore il comportamento della WTA e delle sue colleghe, che non consentirono né la sospensione del torneo di Amburgo, vinto dalla Graff, né il congelamento della prima posizione del ranking per la serba. Guarita dalla ferita dopo poco tempo, Monica cadde in depressione, sviluppando un problema alimentare che la fece ingrassare più di trenta chili, e non disputò più alcun incontro per ben due anni. Al suo ritorno, nel 1995, dopo essere stata naturalizzata statunitense, non era ormai più la stessa, e, pur vincendo diverse Fed Cup con la sua “nuova” nazione e un titolo agli Australian Open nel ’96, non riuscì a tornare ai suoi livelli migliori. Il suo aggressore, insomma, ha sottratto al tennis una delle sue protagoniste migliori.
[tps_title]#5Martina Hingis, 2007-2013[/tps_title]
E’ ora la volta di un’altra ex numero 1 del mondo, Martina Hingis. La svizzera, di origini slovacche, è stata una delle più precoci campionesse del nostro sport, quando, nel 1997, raggiunse la vetta ad appena sedici anni, nell’anno in cui vinse tre titoli dello Slam in Australia, a Wimbledon e agli Us Open. Ed è stata forse proprio questa precocità, insieme ad alcuni infortuni, a spingerla a ritirarsi nel 2003, a soli ventitré anni, con l’annuncio che non sarebbe mai più ritornata alle competizioni. La storia, però, è andata diversamente.
Hingis, infatti, è stata protagonista di ben ritorni: rientrò infatti nel circuito nel 2006, con l’intenzione dii riemergere, e i risultati non tardarono ad arrivare. Dopo avere raggiunto i quarti di finale agli Australian Open, alla prima apparizione dopo due anni, conquistò nuovamente un titolo agli Internazionali d’Italia, rientrando dopo poco tempo nelle top 10 e sconfiggendo durante la stagione diverse importanti rivali come Maria Sharapova. Già nel 2007, però, la favola terminò, quando, colpita da un altro infortunio e, soprattutto, dalla condanna per essere risultata positiva alla cocaina, Martina decise nuovamente di ritirarsi, questa volta in maniera apparentemente definitiva. O almeno così si credeva: è storia recente, infatti, il ritorno della svizzera nel 2013, che l’ha portata a raggiungere risultati inimmaginabili fino a qualche anno fa. Decisa a dedicarsi solo al doppio, l’ex numero 1 ha fatto coppia prevalentemente con l’indiana Sania Mirza, con cui è tornata in vetta della classifica di doppio e ha messo in bacheca tre tornei Major. Ad Agosto del 2016, le due si sono separate, per gli scarsi risultati della stagione.
[tps_title]#6 Maria Sharapova, 2011 [/tps_title]
Vera e propria celebrità, simbolo per eccellenza della combattente, anche Maria Sharapova ha dovuto attraversare un periodo tutt’altro che positivo, a causa di un infortunio alla spalla che l’ha fortemente debilitata a cavallo tra il 2008 e il 2009, e che l’ha costretta ad un intervento. Molto probabilmente, la russa non è mai più tornata ai livelli precedenti all’operazione, ma, con la sua grande grinta, riuscita a rientrare prepotentemente e a prendersi diverse soddisfazioni. La stagione della rinascita è stata sicuramente quella del 2011, quando Maria aggiunse al suo team lo svedese Thomas Högstedt, che si è rivelata una scelta assolutamente azzeccata, e riuscì finalmente a sfatare il tabù della terra rossa, trionfando per la prima volta nel torneo di Roma, conquistò il titolo di Cincinnati e approdò nuovamente ad una finale Major, a Wimbledon, dove venne sconfitta da Petra Kvitova: il tutto le permise, inoltre, di rientrare fra le prime dieci del mondo, rilanciandola come una delle protagoniste indiscusse del circuito. Il culmine del suo ritorno, però, è stato senza dubbio il primo, fondamentale successo al Roland Garros della stagione successiva, grazie alla vittoria in finale ai danni della nostra Sara Errani.
Quello, per, non è stato certo l’unico “comeback” per Sharapova, ma, anzi, il prossimo deve ancora avere inizio. Durante la scorsa stagione infatti la russa ha annunciato, sconvolgendo tutto il mondo del tennis, di essere risultata positiva in un test antidoping, e di essere stata quindi squalificata. Pochi mesi fa, tuttavia, il Tar ha ridotto notevolmente la sua condanna, e Maria potrà finalmente rientrare nelle competizioni nel mese di Aprile del 2017.
[tps_title]#7 Rafael Nadal, 2013[/tps_title]
Uno dei comeback più sorprendenti è stato senza ombra di dubbio quello di Rafael Nadal, che, dopo un infortunio al ginocchio che lo aveva costretto a stare fuori dalle competizioni e a saltare le Olimpiadi del 2012, è tornato prepotentemente in auge nel 2013 riprendendosi il numero 1 del mondo. Non che lo spagnolo non avesse già messo in mostra la sua straordinaria forza di volontà e la capacità di recuperare da pesanti infortuni, ma la rapidità e la “ferocia”, in senso sportivo, con cui rientrò nel circuito in quella stagione è stata probabilmente una delle migliori imprese degli ultimi anni. Dopo la sconfitta in finale a Vina del Mar, infatti, e la resa ancora in finale a Monte Carlo, nel suo regno, di fronte all’eterno rivale Novak Djokovic, lo spagnolo non ha più conosciuto la sconfitta, con i successi consecutivi a Madrid, Roma e, soprattutto, Roland Garros, grazie alla rivincita contro Nole in semifinale.
Se però i trionfi sul rosso erano per lui quasi una prassi, è la stagione sul cemento che rappresenta uno dei culmini più importanti della sua carriera. Dopo la parentesi di Wimbledon, dove è uscito di scena già al primo turno, Rafa ha inanellato una serie di vittorie consecutive tra Montreal, Cincinnati, dove non aveva mai spiccato, e agli US Open, che gli permise di scalzare Djokovic dal trono e di tornare come vero protagonista.
[tps_title]#8 Juan Martin Del Potro, 2016[/tps_title]
Se quello di Nadal è il ritorno più “brutale”, il ritorno di Juan Martin Del Potro è sicuramente il più commovente e coinvolgente, come dimostra la grande accoglienza che il campione argentino ha ricevuto da tutti gli appassionati. La “Torre di Tandil”, come è noto a tutti, è stato martoriato fin dall’inizio della carriera da infortuni al polso, che lo hanno ridimensionato proprio nel suo momento migliore e gli hanno impedito di raggiungere vette che, se sanno, non avrebbe tardato a conquistare. Rimuginare sul passato, però, è inutile, e Del Potro lo sa bene, e si è reso protagonista nella scorsa stagione di un rientro straordinario.
Il punto di partenza è stato il successo al primo turno delle Olimpiadi su Novak Djokovic, allora numero 1 del mondo, che fu un vero e proprio fulmine a ciel sereno, e che lo lanciò fino in finale, dove si arrese solo ad Andy Murray, dopo avere estromesso in semi anche Rafael Nadal. Dopo i quarti di finale agli US Open e il primo titolo da diversi anni a Stoccolma, poi, la ciliegina sulla torta è arrivata a fine stagione, con il primo, storico trionfo della “sua” Argentina, cui Juan ha contribuito in maniera fondamentale. La speranza è che la fortuna, che tanto gli ha tolto, possa restituirgli almeno in parte quelle soddisfazione che “Delpo” si merita davvero.