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L’asse Svizzera-Spagna vive il suo momento più caldo durante il 2008, anche se l’avvio di stagione sembra rivelare un’opposta tendenza. Federer è alle prese con la mononucleosi, che ne influenza in modo piuttosto importante le prestazioni, mentre Nadal continua a non convincere in terra australiana. Così, in questo incerto scenario, si inserisce di prepotenza Novak Djokovic, allora numero 3 del ranking. Il serbo conquista il suo primo torneo dello Slam, iniziando a proporsi come alternativa concreta al dominante duopolio degli ultimi anni. Il suo cammino procede spedito con la vittoria ad Indian Wells, che gli permette di avvicinarsi alla seconda posizione mondiale; lo spagnolo respinge l’attacco sconfiggendolo a Miami ed imponendosi a Monte Carlo ed Amburgo poi contro Federer. A questo punto, discorso capovolto: non è più Nadal a doversi guardare alle spalle dal serbo, ma è proprio lo svizzero a rischiare il vertice in favore del maiorchino.
L’ennesima sfida tra i due si ripropone al Roland Garros. Rafa intraprende un cammino devastante, approdando in finale senza perdere alcun set; Roger, nonostante le condizioni non ottimali, riesce a strappare il pass per l’ultimo atto. Qui, tuttavia, non si può nemmeno parlare di una vera e propria finale: 6-1 6-3 6-0 per lo spagnolo, nettamente più in forma e più a suo agio sul centrale di Parigi. Un segnale importante verso lo staff ed i tifosi dello svizzero, nell’ottica di una conquista del trono che si faceva sempre più concreta.
A Wimbledon, tanto per cambiare, si ripropone la finale dei sogni, il classico del tennis. Sul centrale dell’All England Club, copertina fantastica per la sfida più bella possibile, va in scena quella che molti celebri telecronisti hanno definito come “la miglior partita di tennis della storia”: un saggio completo del repertorio di entrambe le parti nella loro fantastica e radicale contrapposizione di stili. Una durata di 4 ore e 48 minuti di tennis a livelli disumani, riscrive il modo di intendere una rivalità, tra colpi incredibili e lacrime nel post partita. Lo spagnolo si porta avanti di due parziali; poi la pioggia, si chiude il tetto e Roger inizia a sfruttare le condizioni indoor per incrementare il suo rendimento. Porta a casa il terzo e nel quarto annulla un match point con un passante lungolinea di rovescio con il polso bloccato che di umano ha ben poco. A questo punto, l’inerzia è tutta dalla parte dello svizzero, dato come sicuro vincitore della sfida. Ma la tenacia dello spagnolo, a quanto pare, non sembra avere limiti: si dimostra solido e concentrato, non concede nulla sul proprio servizio e giunge più volte a palla break. Raccontare questa partita richiederebbe una narrazione a parte, per meraviglia tecnica ed intensità di emozioni. Il game della svolta è il quindicesimo: sul 7-7 Nadal strappa il servizio all’avversario. Con un errore di dritto divenuto ormai celebre, tra il buio che ormai predomina sulla luce, Federer cede il trono all’avversario. Nadal incredulo e con le braccia al cielo sull’erbetta di Wimbledon, un lungo abbraccio tra i due che si rendono conto di aver messo in atto qualcosa di assolutamente incredibile.
L’estate dello spagnolo continua con un rullino di marcia spaventoso: vittoria a Toronto e Oro olimpico; e il 18 agosto, data storica per la sua carriera, diventa per la prima volta il nuovo numero 1 del ranking mondiale, complici anche i cattivi risultati del suo rivale. Lo sterminato talento di Roger, però, non si piega di fronte a nulla. Ricaricate le pile, lo svizzero si impone allo US Open sconfiggendo Murray in finale, che a sua volta aveva battuto Nadal. Slam numero 13 in carriera, ormai ad un passo dall’eguagliare il record di 14 Slam di Sampras, e riprova della sua supremazia in America. La stagione termina in calo per entrambi: lo spagnolo non prende parte alle Finals, lo svizzero viene eliminato nei gironi. Il titolo va a Djokovic, che si conferma il migliore tra gli umani.
Una nuova stagione, una nuova epica battaglia. Siamo in Australia. Per condizioni di gioco e per freschezza fisica, Federer parte nettamente avvantaggiato: Nadal è reduce da una semifinale stupenda ma tremendamente logorante di 5 ore e 14 minuti contro il connazionale Fernando Verdasco, conquistata solo al quinto set. Anche in quest’occasione, i due eterni rivali si esibiscono in esecuzioni tecniche che generano incredulità: davvero un tennista può spingersi fino a tanto? Un netto calo dello svizzero nel quinto parziale spedisce lo spagnolo alla vittoria. Emozionante il siparietto al termine del match: un abbraccio consolatorio di Rafa a Roger, che in lacrime si complimenta con l’avversario; lo spagnolo si dice sicuro delle possibilità dello svizzero di vincere altri Slam. Una rivalità, appunto, che si spinge oltre il mero confronto sul campo.
Nadal continua a macinare punti e vittorie nei successivi Masters 1000, mentre Federer appare scarico e poco efficace, subendo così diverse sconfitte. Ma il Re si stava solo preparando a scrivere la storia. A Madrid, a casa di Rafa, si impone nettamente in due set, prevalendo alla grande sul piano del gioco, senza apparire mai in difficoltà. La sua vittoria mette inoltre in risalto la scarsa brillantezza fisica di Nadal, che di lì a poco avrebbe subito uno smacco tremendo nella sua trionfale carriera sul rosso. Roland Garros, ottavi di finale: Robin Soderling, tennista svedese in continua crescita, estromette lo spagnolo dal torneo, candidandosi tra i papabili vincitori. Duro colpo per Rafa, che assisterà poi da casa al trionfo del suo eterno rivale: Roger Federer solleva al cielo l’unico Slam mancante nella sua bacheca, eguagliando Sampras, diventando il tennista più vincente della storia. L’apoteosi non è ancora giunta: il mancino di Manacor non si presenta a Wimbledon per difendere il titolo e Federer, libero dalla pressione ormai accantonata con la vittoria del Roland Garros, fa 15, ottiene il primo posto del ranking e dimostra di essere il più forte di sempre. Allo US Open si presentano entrambi, giungendo nelle opposte semifinali per la gioia del pubblico, sicuro di assistere alla finale dei sogni. Ma a tutto ciò si oppone un giovane Juan Martin Del Potro, che sconfigge prima Rafa e poi Roger in finale in un match esaltante per potenza ed intensità.
Articolo pubblicato anche su Penne Sportive