Open d’Australia e numero 1, il colpo doppio di Boris Becker

Il 1991 fu un anno indimenticabile per Boris Becker. Il tedesco, esploso nel 1985 quando appena diciassettenne conquistò Wimbledon, scrisse il proprio nome nell'albo d'oro degli Australian Open coronando anche il sogno di diventare numero 1 del mondo.

Probabilmente qualche simpatizzante di Boris Becker troverà modo di contestare vivacemente quel che sto per affermare, nondimeno ritengo che il germanico abbia impiegato qualche anno di troppo nell’issarsi sul tetto del mondo, previo trionfo in un torneo del Grande Slam.

Mi spiego. “Bum bum“, lo sappiamo, emerse prematuro nel tempio sacro di Wimbledon quando nel 1985, neppure diciottenne, si prese la corona d’Inghilterra. L’anno dopo bissò il successo, che poi divenne tris nel 1989, anno di grazia con la vittoria anche a Flushing Meadows, ma la prima posizione del ranking gli era vietata. Infine, corre l’anno 1991, dopo qualche inciampo di troppo e un lungo corteggiamento, nell’infuocato gennaio australe, Becker coglie due piccioni con una fava: ovvero, vince per la prima volta a Melbourne e diventa numero uno del mondo.

A Flinders Park il tedesco è accreditato della seconda testa di serie ed occupa la porzione bassa del tabellone, liberata a sorteggio avvenuto dell’ingombrante presenza del quarto favorito, l’astro Sampras che ha fatto saltare il banco a New York qualche mese prima, costretto alla rinuncia e sostituito dal perdente fortunato delle qualificazioni, il messicano Lavalle. La dea bendata ci vede bene, con Boris, dirottando nella parte alta i due rivali di sempre, Edberg lo svedese che occupa la prima posizione in graduatoria eLendl il cecoslovacco che si è aggiudicato le due edizioni precedenti, oltre al talentuoso Ivanisevic che proprio a Becker giocò un brutto scherzo sulle terra del Roland-Garros.

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Due turni agevoli per Boris, con l’inglese Bates 6-4 6-2 6-3 e il cecoslovacco Vajda con cui oggi si associa nell’aiuto a Djokovic 6-4 6-1 6-3, per poiincrociare Omar Camporese. Quella che ne viene fuori è una sfida memorabile, la più eccitante dell’edizione 1991, la potenza di Becker al cospetto del tocco dell’italiano, 5ore 11minuti di battaglia che infine promuovono Boris, 14-12 al quinto set ma l’onta del 6-0 subito al terzo set dopo due parziali risolti al tie-break. La strada è poi in discesa, il sudafricano Ferreira si arrende 6-4 7-6 6-4 così come il transalpino Forget, eliminato 6-2 7-6 6-3 ai quarti di finale. C’è un ultimo ostacolo prima dell’appuntamento decisivo, McEnroe il piccolo, ovvero Patrick, che si infila laddove le teste di serie Sanchez, Berger e Cherkasov non tengono fede al loro rango, scartando pure l’altra sorpresa azzurra del torneo, Cristiano Caratti. Becker lascia il primo set, 7-2 al tie-break, ma poi la classe è superiore e il 6-4 6-1 6-4 che annicchilisce l’americano vale l’ultimo round.

Dove ad attendere il campione teutonico c’è Lendl, che si sbarazza in rimonta al quinto set di Edberg nella semifinale pronosticata alla vigilia, con lo svedese che ha colpa grave di aver vanificato due palle-match, e va a concorrere per il terzo titolo consecutivo. Per un set, il primo, non c’è partita, Ivan piazza con sicurezza i colpi da fondocampo e Boris pare accusare l’importanza capitale dell’evento, palesando qualche dubbio fisico alla schiena. “Bum Bum” ha però la storia del tennis a portata di racchetta, e l’occasione è ghiotta per non stuzzicarne l’orgoglio e l’anima da lottatore indomito. Comincia a martellare col dritto, trova la misura dei colpi e le sortite offensive sono di volta in volta sempre più redditizie. Il servizio, poi, dopo le titubanze iniziali, è ora sì incisivo e procura una dote massiccia di punti diretti. Lendl accusa la maggior esuberanza del rivale, perde lucidità, si fa brekkare tre volte sul 5-4 e il periodico 6-4 6-4 6-4 è presto fatto.

Dopo 2ore 51minuti di tenzone, infine, Becker acchiappa la coppa e sale in vetta al mondo. In aggiunta… un tuffo nelle acque limacciose e maleodoranti del fiume Yarra. Il trono val bene un bel bagno, no?

A cura di Nicola Pucci per il blog SportHistoria 

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