Quando comandava la Svezia – c’era una volta Björn Borg

C’è stato un tempo, diverse lune fa, in cui la Svezia era una produttrice raffinata di tennisti prodigiosi, giovani ragazzoni biondi che sapevano far tremare i tabelloni di tutto il mondo, appassionando al tempo stesso spettatrici e spettatori. In quel tempo nella galassia ATP le stelle svedesi erano le più brillanti e ammirate. Se oggi l’emblema nazionale è Ikea con la sua libreria Billy, un tempo nemmeno troppo remoto, icone della nazione erano tennisti come Björn Borg, Mats Wilander e Stefan Edberg.

In Svezia il mondo del tennis comincia a suscitare interesse intorno alla metà degli anni Sessanta quando in tv cominciano ad essere trasmessi degli avvincenti match di Coppa Davis; quelle partite cominciarono a catturare l’attenzione del pubblico e la nazione cominciò ad interessarsi attivamente al tennis seguendo il campione Jan Erik Lundqvist che nel 1964 arrivò ad occupare la terza posizione della classifica. Questo crescente interesse colpì grandi e piccoli, fra questi anche un giovane svedese di nome Björn Borg che forse proprio per questo motivo preferì la racchetta da tennis alla mazza da hockey.

Prima degli anni sessanta in Svezia come in molti altri paesi, il tennis era visto come un passatempo nobile, uno sport destinato alle persone altolocate. Con l’ascesa della stella di Borg il tennis divenne una vera e propria moda tanto che tutti volevano praticarlo; circoli specializzati e scuole offrivano questa possibilità, in questo modo il vivaio del tennis svedese si riempì di giovani talenti che riuscì a portare sui campi di tutto il mondo.

Quando nel 1983 Borg si ritirò a soli ventisei anni aveva 11 titoli del Grande Slam in bacheca: 6 Roland Garros (1974, 1975, 1978, 1979, 1980, 1981) e 5 Wimbledon (consecutivi dal 1976 al 1980). I tennisti più giovani hanno dovuto misurarsi con il suo mito, ciò nonostante sono riusciti ad imporsi infatti la generazione dopo la sua portò alla luce le stelle di giocatori come Wilander, Edberg, Nystrom o Järryd.  Nel 1988 Wilander si aggiudicò tutte le prove del Grande Slam eccetto Wimbledon e poco dopo Edberg contrastò campioni della sua epoca come Ivan Lendl, Andre Agassi, Jim Courier e lo stesso Wilander.Dopo questa stagione di fuori classe non sono comunque mancati giocatori come Thomas Enqvist, Thomas Johansson o Robin Söderling che hanno raggiunto risultati di prestigio senza però eguagliare i traguardi del passato. Qualcosa si era inevitabilmente inceppato e fra i vari fattori da chiamare in causa ci sono sicuramente l’esaurirsi dell’isteria collettiva legata al tennis, la mancanza di tecnici validi come Rosberg o Bergelin e un generale affievolimento dell’interesse giovanile.

C’è chi attribuisce parte della colpa al denaro e agli scarsi fondi; secondo Magnus Norman in Svezia non mancano le giovani promesse, bensì le strutture: ” Purtroppo da noi l’inverno dura otto mesi l’anno e non si può giocare all’aperto. Servirebbero più campi al chiuso e maggiori investimenti di denaro”. Sui campi di una volta ora crescono le erbacce, Federazione e club non hanno più soldi, i privati sono gli unici che possono permettersi di investire, ma spesso preferiscono farlo altrove.

Tuttavia, adesso pare che qualcosa stia cambiando, proprio la scorsa settimana a Miami, il diciannovenne Elias Ymer ha vinto un match in un Masters 1000 riportando l’attenzione, seppure per poco, sul tennis svedese. Giovani promettenti non mancano e sembrano esserci dei segnali per il futuro, fra gli altri anche un certo Leo Borg, quindicenne e figlio del grande Björn, che pare essere uno dei migliori giocatori svedesi della sua età… chissà che non sia proprio un nuovo Borg a riportare in auge il tennis svedese di un tempo. Forse è presto per dirlo, ma è lecito sperare!

Livia Tripiciano

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