Articolo tratto dal blog SportHistoria di Nicola Pucci
Corre l’anno del 1974 e l’enciclopedia dello sport sta per accogliere un biondo svedese, atletico e spartano come nessun’altro, destinato a segnare un’epoca e innovare il gioco del tennis: Bjorn Borg, signori miei, ed è un’alba memorabile.
Reduce dal primo trionfo romano – 6-3 6-4 6-2 in finale a Ilie Nastase, allora numero uno del mondo -, appena diciottenne, Borg si presenta all’appuntamento con il Roland Garros tra i favoriti alla vittoria finale, accreditato della testa di serie numero tre.
Battuto l’anno precedente, all’esordio nel torneo parigino, da Adriano Panatta in quattro set agli ottavi di finale, stavolta lo scandinavo merita di venir considerato tra i pretendenti al titolo e assume con baldanza la nuova responsabilità. Ad onor del vero lo svedese, giunto in terra di Francia un’ora prima del match di debutto con Caujolle, non appare in grande spolvero e rischia l’eliminazione con il transalpino, 4-4 0-40 al terzo, decisivo set (i primi due turni si giocano al meglio delle tre partite). Recuperata la concentrazione, Borg assomma nove punti di fila e col punteggio di 4-6 6-0 6-4 infine riesce a prevalere col fiatone.
Il percorso verso la finale, comunque, riserva altri pericoli a Borg. Dopo due vittorie in scioltezza con il rumeno Ovici e il giocatore di casa Rouyer, ha bisogno di cinque set per sbarazzarsi dell’americano Van Dillen, non certo un fenomeno sulla terra battuta, così come è costretto alla rimonta con il messicano Ramirez, testa di serie numero 9 ed incapace di sfruttare un vantaggio di 2 set a 1. In semifinale lo scandinavo trova l’inatteso americano Harald Solomon, che sta velocemente guadagnando reputazione di accanito lottatore. Ribatittore d’eccezione, Solomon ha repertorio a cui mancano tutti i colpi del campione: non ha un servizio che fa male, non ha gioco di volo, non ha un dritto accettabile, usa il rovescio a due mani solo per l’azione difensiva. Ma ha gambe da maratoneta, intelligenza tattica, velocità negli spostamenti e pazienza, tanto da consumare gli avversari fino allo sfinimento. Si dice che sia capace di giocare ore senza accusare la fatica, chiedere per conferma a Ilie Nastase, primo giocatore del mondo e primo favorito del torneo, nonché campione in carica, eliminato il turno precedente 6-4 al quinto set. A sua volta Borg non manca certo di pazienza e condizione fisica, si impone in quattro set, 6-4 2-6 6-2 6-1, ma impiega tre ore di battaglia serrata ed è proprio Solomon, curiosamente, ad abbandonare il terreno di gioco in preda ai campi. Il che, ve lo assicuro, non gli è successo spesso in carriera.
Il sovraccarico di fatica pone qualche dubbio sulle chances di Borg di arrivare a completare l’opera. Anche perché il rivale di finale, lo spagnolo Manolo Orantes, ha conosciuto un tragitto decisamente più agevole, vincendo senza lasciare set agli avversari, ad eccezione dell’emergente argentino Vilas, sconfitto in rimonta in cinque set al terzo turno. Gli addetti ai lavori, poi, danno favorito proprio Orantes, 25 anni e nel pieno della maturità tennistica, specialista del rosso e in procinto di appaiare Manolo Santana, 1961 e 1964, e Andres Gimeno, 1972, tra gli iberici capaci di trionfare al Roland-Garros.
E il 16 giugno l’inizio del match sembra poter confermare i pronostici. Orantes è in confidenza, gioca alla perfezione, aggressivo e preciso, appoggiandosi al meravigliso rovescio offensivo che gli consente di incamerare facilmente il primo set, 6-2. Lo spagnolo allunga sul 4-1 anche nel secondo parziale, ma quando sembra ormai ben avviato ecco che improvvisamente la sfida gira a favore dello svedese. Borg sbaglia meno, martella con accelerazioni che spesso atterrano nei pressi della linea di fondo campo e con quattro giochi in pochi minuti si porta sul 5-4. Ha pure tre palle-set, Orantes si salva, riesce ad arrampicarsi al tie-break ed una risposta di rovescio in rete di Borg regala all’iberico il 7-4 e due set di vantaggio.
Partita finita? Niente affatto, anche perché Orantes, seppur apparentemente in situazione favorevole, è stanco e dopo aver perso il servizio d’entrata dopo un game interminabile, lascia andare il terzo set, 6-0. Il riposo che all’epoca viene concesso dopo tre parziali potrebbero rimettere in sesto lo spagnolo, una buona doccia e poi via a recuperare l’ispirazione perduta. Macché. Il dritto è fuori giri, il rovescio meno efficace e Orantes è quasi sempre dominato dal ritmo implacabile di Borg. Che non cede di un centimetro, incessante continua a mulinare da dietro impedendo al rivale di impostare un gioco d’attacco. Si ha l’impressione che la macchina trita-sassi si sia messa in moto e niente e nessuno possa essere in grado di fermarla. Sul 4-0 infine Orantes interrompe una serie negativa di dieci giochi, ma poco dopo il quarto set sorride allo svedese, punteggio 6-1.
In effetti la partita ormai è a senso unico. Orantes ha la forza per tenere il servizio dell’1-1 dopodiché si spenge definitivamente. Incamera solo quattro punti nei cinque giochi successivi ed un altro 6-1 regala il primo successo parigino a Bjorn Borg. Che alla stretta di mano abbozza un sorriso, non lasciando trasparire emozioni particolari, affatto stanco dopo quattro partite serrate di cui tre risolte al quinto set.
Ogni dubbio è spazzato via. Una stella luminosa ha fatto capolino nel firmamento del tennis mondiale, giovane al punto da esserlo ancor più di Roosewall che nel 1953 trionfò al Roland-Garros a 18 anni e 8 mesi… una nuova era è cominciata, ed ha le sembianze di un biondo svedese di nome Borg.