di Samantha Casella
La leggenda di Bjorn Borg prende vita il 16 giugno del 1974 quando, appena diciottenne, si impone sullo spagnolo Manuel Orantes e conquista il suo primo titolo al Roland Garros. Se si esclude la mancata partecipazione allo Slam parigino nel 1977, perché divenuto membro dell’Associazione “Tennis Team” all’epoca in polemica con la Federazione; lo svedese a Parigi perde solo due match nell’arco della sua folgorante carriera: nel 1973, al terzo turno, e nel 1976, ai quarti.
A sconfiggerlo è sempre lo stesso uomo: Adriano Panatta. “IceBorg”, un gioco di parole tra la parola iceberg ed il cognome di quel ragazzo impassibile, di poche parole, nato in una cittadina della contea di Stoccolma, Sodertalje, il 6 giungo del 1956; compare nell’albo d’oro dei French Open per sei volte; quattro delle quali consecutivamente. Nel 1980 Bjorn Borg domina letteralmente la 79° Edizione dei French Open, durante la quale non perde nemmeno un set e lascia per strada la miseria di trentotto game. Freddo, impassibile, Bjorn Borg sconfigge al primo turno il cileno Alvaro Fillol 6-3 6-1 6-4, al secondo round supera un Andres Gomez appena ventenne 6-2 6-2 6-1, infligge poi un severo 6-3 6-0 6-1 al francese Portes, negli ottavi travolge 6-2 6-2 6-0 l’ungherese Balázs Taróczy, nei quarti impartisce una severa lezione a Corrado Barazzuti, in semifinale è invece la volta di Harold Solomon, che si inchina 6-2 6-2 6-0. Il 6-4 6-1 6-2 che scandisce la finale è ai danni di Vitas Gerulaitis. L’ultima occasione in cui l’Orso Svedese alza al cielo la Coppa dei Moschettieri è un giorno dopo il suo venticinquesimo compleanno, il 7 giugno del 1981. Che stia calando il sipario sull’era Borg lo suggeriscono i punteggi; nonostante in semifinale lo svedese regoli in tre set, Victor Pecci per 6-4 6-4 7-5 all’ultimo atto si ritrova un Ivan Lendl ventunenne disposto a cedere solo al quinto setper 1-6 6-4 6-2 3-6 6-1.
Definirlo un passaggio di consegne sarebbe esagerato ma l’uscita di scena di Bjorn Borg precede di un soffio la consacrazione di Mats Wilander; un diciassettenne, pure lui svedese, che presentatosi nel 1982 a Parigi in punta di piedi, dopo due settimane, viene incoronato Re. Nei primi turni nessuno sembra accorgersi di quel ragazzino riccioluto, un regolarista da rovescio bimane che Borg aveva definito: “dotato di una maturità incredibile, una testa perfetta e con dosi atletiche migliori delle mie”. Mats manda a casa il colombiano Cortes, il brasiliano Cassio Motta e lo spagnolo Fernando Luna per poi sorprendere la testa di serie numero 2, il ceco Ivan Lendl, sconfiggendolo 4-6 7-5 3-6 6-4 6-2. Se nei quarti Vitas Gerulaitis deve riconoscere di non essere riuscito a fargli sbagliare un rovescio, al penultimo round José Luis Clerc non può fare a meno di applaudire la sportività del rivale nordico. Sul match point per Wilander avviene una chiamata dubbia a favore dello svedese che, sportivamente, accetta di rigiocare il punto. Adottato dal pubblico francese, il giorno dopo Mats annichilisce Guillermo Vilas diventando il più giovane vincitore dei French Open.
Se nel 1983 Wilander non riesce a bissare il trionfo dell’anno precedente è solo perché l‘82esima edizione del Roland Garros vede l’ascesa di un “Profeta in Patria”; Yannick Noah. Un tennis spettacolare, spumeggiante, accompagna la cavalcata trionfale dell’ultimo transalpino capace di incidere il proprio nome tra gli immortali di Francia. Partito come testa di serie numero sei, Yannick supera in agilità Anders Jarryd, Victor Pecci, lo statunitense Depure e l’australiano John Alexander; prima di umiliare l’odiato Ivan Lendl nei quarti, dopo tra l’altro avergli inflitto un impietoso 6-0 nel quarto set. A questo punto Yannick è una locomotiva ed in semifinale affronta il connazionale Christophe Roger-Vasselin, che aveva giustiziato di Jimmy Connors, e lo straccia 6-3 6-0 6-0. Infine c’è Wilander, ma il geometra svedese nulla può contro la pantera di Sedan che, offensivo come non mai, vince 6-2 7-5 7-6; diventando tra l’altro l’ultimo giocatore ad aver vinto la competizione impugnando una racchetta di legno.
“La sconfitta che ho subito in finale ai French Open nel 1984 è stata devastante, a volte ancora mi tiene sveglio la notte. Persino adesso è dura per me commentare quel Roland Garros. Ci sono dei giorni in cui sto male solo a ripensare a quella partita. Pensando a cosa ho gettato via e a come sarebbe stata diversa la mia vita se quel giorno avessi vinto”. Parola di John McEnroe. Il Roland Garros 1984 segna una svolta nel mondo tennis. Il leader del ranking ATP si affaccia in finale con i favori del pronostico, avendo perso fino a quel momento un solo set contro lo spagnolo José Higueras, forte della netta vittoria conseguita in semifinale su Jimmy Connors, nonché rassicurato dalla presunta incapacità di trionfare in uno Slam da parte del numero due del mondo, Ivan Lend, non ancora diventato “terribile”. Nell’unica finale senza svedesi dal 1978 però, nella mente di Lendl scatta qualcosa e, recuperati due set di svantaggio ed un break nel terzo parziale, finisce con lo spezzare McEnroe per 3-6 2-6 6-4 7-5 7-5. E così, dopo cinque ore e dieci minuti, davanti al Presidente della Repubblica Francese Francois Mitterand,Ivan Lendl cattura il suo primo successo in una Prova del Grande Slam. Se John McEnroe fu artefice della prima crema capace di sgretolare a poco a poco Bjorn Borg, quel ceco diviene l’incubo di The Genius, l’incarnazione metaforica dell’uomo divenuto macchina, capace di calpestare la purezza del talento più cristallino.
Sono cinque gli svedesi presenti tra le prime quindici teste di serie al Roland Garros 1985: Mats Wilander, Anders Jarryd,Joakim Nystrom, Henrik Sundstrom e Stefan Edberg. Il più “anziano” della compagnia è Nystrom con i suoi 22 anni. Se agli ottavi Sundstrom si ferma per mano di John McErnoe, Stefan Edberg vince il derby con Jarryd, ma poi nulla può contro Jimmy Connors. Dopo quasi quattro ore di battaglia “Super Brat” piega il secondo svedese della brigata da lui affrontato, Joakim Nystrom ma, in semifinale si fa sommergere dall’onda Wilander. Tre anni dopo il suo primo trionfo, un Wilander implacabile demolisce infine il campione uscente, Ivan Lendl, che si ritrova zittito per 3-6 6-4 6-2 6-2. Ed è il quarto Slam per Mats, il secondo sul Philippe Cartier. Se nel 1986 Mats Wilander si presenta al Roland Garros distante anni luce dalla forma strepitosa che lo aveva accompagnato durante l’edizione precedente e al terzo turno sbatte contro il russo Andrei Chesnokov, un altro, un “nuovo” svedese tiene banco. Non è Nystrom, battuto al primo turno dall’australiano McNamee, non è Jarryd, ridimensionato al terzo turno dal connazionale Stenlund, che perderà a sua volta al giro successivo contro Gomez, e non è neppure Stefan Edberg, bensì proprio colui che al secondo turno lo depenna dopo quattro ore di lotta: Mikael Pernfors. Oltre a quello di Edberg, il ventitreenne di Malmoe riesce a collazionare altri scalpi eccellenti, da Boris Becker ed Henri Leconte, prima di essere spazzato via in finale da un inesorabile Ivan Lendl. Un trionfo meritatissimo quello del numero uno del mondo, che perde un solo set in quindici giorni di torneo e che sancisce il suo dominio pure nel 1987. L’anno del terzo sigillo, Ivan deve comunque lottare sin dal primo turno. Il ceco supera Ronald Agénor 7-5 7-6 0-6 6-3, è costretto al quarto set anche dall’americano Canter, al terzo turno respira con Thierry Tulasne, per poi uscire a testa alta da una lotta all’ultimo sangue contro Nystrom, conclusasi 2-6 6-1 5-7 6-0 6-2. Fustigati Anders Gomez e Miloslav Mecir; il campione ceco si impone di prepotenza su Mats Wilander per 7-5 6-2 3-6 7-6.
Quella del 1987 non rappresenta solamente l’ultima affermazione di Ivan Lendl agli Open di Francia, bensì pure la sua ultima finale disputata sul Philippe Chatrier. Nel 1988, dopo aver macinato l’eterno nemico John McEnroe agli ottavi, tra lo stupore generale il numero uno del mondo viene sgambettato da Jonas Svensson. Mentre il filiforme svedese cade due giorni dopo, inerme, al cospetto delle geniali invenzioni di Henri Leconte, dall’altra parte del tabellone Mats Wilander si ritrova un diciottenne di Las Vegas, uscito dall’Accademia di Nick Bollettieri, che risponde al nome di Andre Agassi. I completi variopinti, i capelli lunghi, il look studiato a puntino, fanno di Agassi un personaggio mediatico sin dagli esordi. Nel frattempo però, l’americano dimostra il suo valore anche in campo. Il Kid di Las Vegas mette in cassaforte il primo set 6-4 e, seppure non riesca ad impedire a Wilander di prendere in mano il bandolo della matassa tanto nella seconda quanto nella terza manches, il “novellino” si aggiudica la quarta frazione 7-5. Il micidiale svedese ha però ormai “cotto a fuoco lento” il volenteroso Andre che al quinto set cede di schianto per 6-0. In finale contro Wilander finisce anche la corsa di Henri Leconte, che riesce a resistere appena il primo set, perso 7-5, per poi vedersi infliggere un inderogabile 6-2 6-1 Con il senno di poi, la fantastica parabola di Mats Wilander, iniziata il 6 giugno 1982, era giunta ad un passo dal proprio apice. Il 5 giugno 1988 coincide infatti con l’ultimo successo parigino per Mats, nonché con il penultimo titolo del Grande Slam riposto in bacheca: da lì a pochi mesi lo svedese si imporrà agli US Opensedendosi sul primo gradino del ranking; dopo di che il cerchio si chiuderà per sempre.
Nel bicentenario della Rivoluzione Francese anche sui campi in terra rossa del Roland Garros si è consumata quanto di più simile ad una “Presa della Bastiglia”. Se per la seconda volta nell’arco di tre anni Andrei Chesnokov rilega nelle segrete della Fortezza un ormai appassito Principe Mats, a buttar giù dal trono Re Ivan ci pensa un diciassettenne americano, con genitori cinesi, tale Michael Chang. Il grande dittatore si ritrova sfidato, deriso, e battuto dal “cinesino” che, tra un crampo e una banana, osa rispondere alla seconda di servizio del ceco a un palmo dalla riga di battuta per raggiungere il culmine dell’oltraggio e dell’insolenza improvvisando un servizio dal basso. Escamotage che può risparmiarsi in semifinale contro Chesnokov, battuto 6-1 5-7 7-6 7-5, mentre nella parte bassa del tabellone Boris Becker e Stefan Edberg si contendono, comportandosi da adulti e giocando un tennis stellare, il passaggio in finale. Lo svedese smorza i sogni di gloria di Becker, ma ha le gambe e il braccio bloccato in finale contro Chang. Il cinese del New Jersey fissa lo score in un irrevocabile 6-1 3-6 4-6 6-4 6-2, cancellando tra l’altro pure il record di precocità stabilito nel 1982 da Mats Wilander. “Ho detto una preghiera a Gesù ed i crampi sono passati”, spiega Chang in conferenza stampa dopo aver fatto lo sgambetto ad Ivan Lendl. In uno sport solitario come il tennis, nel 1989 Michael Chang si è presentato a Parigi insieme ad un “Alleato” troppo efficace anche per l’“Ancien Regime”, uscito dall‘89esima edizione dei French Open, invecchiato, con le ossa rotte ed incapace di recuperare, di ricongiungere, quei pezzi andati irrimediabilmente persi; nel segno di Chang, che senza pudore sostiene di aver vinto nel nome di Dio.
Fonte: Tennis Focus On