La stagione che si è appena chiusa è stata, per Gianluigi Quinzi, quella del riassetto.
Tanta confusione infatti dopo quella vittoria a Wimbledon junior del 2013, tanta pressione e decisamente tanta fretta avevano contrassegnato il suo passaggio tra i professionisti. Volendo sintetizzare in una sola parola, diremmo “errori”. Alcuni indotti, quali l’inopportuna convocazione in Coppa Davis come quinto uomo, evidentemente più diseducativa che altro, così come quella sciagurata in Coppa Valerio, di segno diametralmente opposto. Insomma, solite idee chiare in casa FIT.
Disordine e troppi avvicendamenti in panchina, sui quali non aggiungiamo nulla alla notevole letteratura già prodotta. Certo è che dallo scorso aprile su quella panchina siede Ronnie Leitgeb, un uomo che di tennis d’elite ne sa tanto. Un uomo di disciplina, soprattutto. Quella disciplina che forse è mancata al talento marchigiano, ovvero quella attitudine al lavoro, tenere la barra dritta verso un obiettivo evitando scorciatoie per raggiungerlo.
Di sicuro, il segno di Leitgeb si è visto nel modo di stare in campo di Quinzi: meno lamentoso, meno ciondolante appena le cose si mettevano nel verso sbagliato. Un’atteggiamento mentale che è chiaramente stato il segnale di un disagio vissuto da questo ragazzo, forse il padre dei tanti avvidendamenti tecnici, di sicuro di tante sconfitte evitabili che hanno segnato memorie negative da cancellare, col tempo. Sul piano tecnico Gianluigi è migliorato col dritto, il suo colpo realmente più debole, capace di grandi impennate come di cadute rovinose, il segnale della positività come della negatività. Il finale di stagione infatti ce lo ha riconsegnato più sicuro in questo fondamentale, così come col servizio, decisamente più incisivo e vario.
La sua programmazione è ripartita da Futures, inevitabile passaggio per consolidare la sicurezza nei suoi mezzi e ricostruire una classifica sprofondata al n. 485. Ha tentato, con misura il passaggio nei Challenger, rimediando qualche vittoria ma soprattutto qualche buona sconfitta, adatta a fargli capire su cosa deve lavorare e a quantificare la distanza dal tennis che conta. Il suo finale di stagione è stato largamente positivo, con il successo in Norvegia (e la netta affermazione su Casper Ruud, talento nordico) nel torneo F3 e la finale in quello F2, ed un nuovo best ranking, attestatosi alla posizione 292 che è la riconferma di quanto aveva fatto già vedere nel suo primo approccio al tennis professionistico.
Forse questi numeri non saranno interessanti per il pubblico meno attento alle cose del tennis, ma per gli addetti ai lavori e gli aficionados sono invece molto significativi: sono il segnale che la strada giusta è stata finalmente intrapresa, e che il 2017 potrebbe essere l’anno della svolta, con l’obiettivo della Top 100 decisamente nel mirino, ma senza stress questa volta.