Ripeto: la politica del “tanto tuonò che piovve”, ostinatamente condotta dalla FederTennis, ha definitivamente assunto toni surreali. Slogans di ogni tipo: “il capitano dei record”, “il movimento è in salute” e via (auto) celebrando il nulla di questi anni stanno animando le polemiche in rete circa le sorti del nostro tennis maschile. Se il movimento tennistico femminile grazie a Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Sara Errani e Robertina Vinci ha saputo scrivere pagine importanti di questo sport, ora sente già il fiato corto, col ritiro della brindisina, la crisi della romagnola e l’appannamento della tarantina, mentre l’encomiabile milanese fa quello che può in un mondo di teenagers sparapallovas che giocano con la mazza da baseball al posto della racchetta. Dietro, il nulla, a meno che non si ricorra al piano B, ovvero fare campagna acquisti di oriunde.
Nessuno però disturba il padrone del vapore, pena la damnatio memoriae (citofonare Panatta, Bertolucci e Zugarelli). In rete poi, è tutto uno sperticarsi di lodi appena ci sono due motivi per tessere le glorie del “movimento”. Le voci critiche opportunamente ignorate. Nessuno qui chiede teste, ma almeno un minimo di autocritica in una FederTennis che per 10 mesi bombarda gli spettatori del suo network televisivo con spot per gli Internazionali di Italia ma che non riesce a produrre un giocatore che sia spendibile stabilmente, e non estemporaneamente, a livello slam e Master1000. Non chiediamo che lo vinca, non siamo certo la Serbia, capace di avere 2 top10 contemporanemente, noi siamo l’Italia e da noi “si matura tardi”, leggi “MAI“.
Un bel “testa bassa e pedalare“, questo serve. Una politica di incentivazione ai coach più all’avanguardia, specie a quelli che allenano stabilmente giocatori di prima fascia: Riccardo Piatti, Claudio Pistolesi, due nomi su tutti. Negli ultimi anni i giocatori che sono riusciti ad avvistare i tornei di primo livello vengono da circoli lontani anche geograficamente dalla FIT: Luca Vanni, Thomas Fabbiano, Marco Cecchinato. Andreas Seppi è cresciuto non certo con la FIT ma con il lavoro di Massimo Sartori, così come l’impostazione di Potito Starace è opera di Tonino Zugarelli e poi di Umberto Rianna, da poco approdato alla corte federale. E la storia di Filippo Volandri è nota a tutti.
Roma è uno dei tornei più importanti del mondo, ma non può essere la vetrina di uno sport in cui siamo dei buoni partecipanti, ma a livello maschile, siamo delle buone comparse. Serve un giocatore che infiammi stabilmente gli animi, qualcuno di cui fidarsi per far crescere i giovani e fornire un esempio di cuore e dedizione al lavoro. Pensavo a Fabio Fognini, qualche settimana fa, come quel leader: ma purtroppo la tendenza al cupio dissolvi è tornata, imperiosa. E sorvogliamo pure sulla gestione di Simone Bolelli, per il quale è stata coniata la definizione di “top10 in prospettiva”. Fatto sta, che dal 2009 ad oggi il suo best ranking porta la firma di Claudio Pistolesi, e la realtà di oggi è tutt’altro che rosea, infortunio incluso, nell’ennesima sfortuna.
Finiamo di timbrare il cartellino al Foro oggi, e ce ne torniamo ancora una volta con le pive nel sacco. La nostra armata di 16 giocatori e la “campagna di Roma”.