A quarant’anni si divertiva ancora a strapazzare gente con ranking ATP, fra tornei Open e Serie A1. Poi, Vincenzo Santopadre ha deciso di cominciare un’altra carriera, azzardata, come quella di coach, che di fatto ha portato in dote l’allievo prediletto: quello che è diventato poi il suo cavallo di razza, Matteo Berrettini. Un ragazzo qualsiasi a 15 anni, quando ha messo piede per la prima volta al Circolo Canottieri Aniene, diventato speciale a 21, lo scorso 19 marzo, quando è entrato fra i primi 100 della classifica ATP. Era da oltre dieci anni che l’Italia non aveva un top 100 così giovane, e Berrettini è il primo a essere cosciente che una bella fetta del merito spetta al suo coach. È lui che l’ha plasmato e l’ha reso grande con pazienza e attenzione, impegno e umanità. In una parola: intelligenza. Non solo sportiva. L’umiltà e la voglia di fare del ragazzo romano, sono da attribuire anche al meraviglioso lavoro fatto dal coach, che in quel di Wimbledon è stato vittima di insulti per conto di Jack Sock, senza nessuna risposta, che dà l’esempio della disciplina sua e di quella dell’allievo Matteo. Lo dimostrano la serietà che mette in campo, la dedizione al lavoro e la voglia di fare, che hanno permesso a Matteo di entrare già tra i primi 60 al mondo mentre altri tennisti tricolori promettenti veleggiano ancora in posizioni deludenti, come confermato dallo stesso coach italiano, che inoltre crede che possa puntare ancora più in alto dopo il titolo di Gstaad a ridosso della top 50. Nonostante non aver fatto Futures fin da subito, il progetto a lungo termine dek tennista classe ‘96 procede a gonfie vele, e coach Santopadre desidera solo insegnare i valori giusti, senza limitarsi alla miglioria dei colpi e degli schemi: la freddezza, la decisione ed essere fermo anche sul futuro è il particolare aspetto mentale che differenzia Berrettini dagli altri coetanei. A detta di coach Vincenzo, una sorta di padre per Matteo, può far ancora meglio: e voi, cosa pensate?
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