Un grande amico del tennis ci ha lasciato: uno che nei match di coppa Davis era solito fare l’ultras in tribuna, tifando come un pazzo per la sua Argentina. Magari finiva con l’infastidire (è un eufemismo) gli avversari, come quella volta nel 2017 a Buenos Aires: 2 a 2, match decisivo fra Pella e Fognini, lui che fa saltar la mosca al naso al nostro – non che ci volesse tanto, eh… -, e a momenti va a finir male. Non ci riferiamo al risultato ovvio, che anzi alla fine arriderà agli azzurri. Gran festa negli spogliatoi, cori canti e balli… e d’improvviso entra lui, regale ma allo stesso tempo quasi dimesso, come a voler dire “ragazzi scusate, ma al cuor non si comanda: bravi, bravissimi, avete meritato”… Ed il Fogna mezzo nudo che intona il fatidico ritornello “ho visto Maradona, ho visto Maradona…”, con gli occhi che gli brillano: nessuna acrimonia, solo sincera ammirazione per una leggenda che cammina, anche se solo una mezz’oretta prima era lì lì per strozzarlo. E quella scenetta dove Diego palleggia con la pallina gialla, sotto lo sguardo divertito ed ammirato di Del Potro e degli altri albiceleste di Davis?
Era così ‘el diez’, primo sostenitore dei suoi connazionali in ogni disciplina, spesso -anzi sempre- esagerando con gli incoraggiamenti nel momento del cimento agonistico: ma l’esagerazione era il suo tratto distintivo, sul campo finchè lo ha cavalcato bello ed impossibile, nella vita al di fuori di quel rettangolo (ove, pur di fattezze non ammirevoli, assumeva le sembianze di un Apollo). Lo sport della racchetta però aveva un posto speciale nella sua hit parade: e non è una novità, fra football e tennis è sempre esistito un legame misterioso… misterioso in quanto in comune le due discipline sembrano aver poco, eppure gli assi di questa e di quella si son storicamente attratti. Pietrangeli che amava il pallone, così come -all’opposto- Totti, sino a giungere a Piquè, il quale ha cercato addirittura di mettere mano alla competizione dell’insalatiera in qualità di organizzatore/innovatore (con risultati così così al debutto, ma manca la controprova del 2020 causa il maledettissimo Covid).
Insomma, ci è sembrato giusto celebrare un mito assoluto, proprio nel momento in cui da storia diventa leggenda, anche su una pagina che si occupa solo degli eroi (e non solo) di aces, lob, back, slices e così via… Perché la sua figura in qualche modo rappresenta tutti noi. Era troppo grande però per esser normale: il suo immenso talento , un dono di Dio, ha costituito al tempo stesso la sua condanna. Maradona è il paradigma della parabola triste dell’essere umano: siamo miseri mortali, non potremo mai essere perfetti, e se abbiamo in sorte di poterci in qualche modo avvicinare alla perfezione, il sole ci abbaglierà sempre di più, sino a confonderci, farci perdere la giusta visione di quanto ci circonda… E ci brucerà, alla stessa maniera di Icaro che, felice ed incosciente, volò troppo alto.
Personalmente conservo svariati ricordi di Diego, mi piace farvene parte. Lo ‘conobbi’ a Barcellona nell’82, ero sugli spalti infuocati del Sarrià, la sua Argentina sembrava l’unica avversaria degna dello strafavorito Brasile, ed invece li purgammo entrambi. Gentile gli fece di tutto, il portento schiumava rabbia, e 3 giorni dopo pure con i verde oro cadde (in tutti i sensi, dato che fu ingloriosamente espulso per un calcione proditorio a Batista, episodio figlio di una giovanile frustrazione: aveva solo 22 anni, non resse la pressione)… Nell’84 approdò in Italia, ritiro del Napoli a Casteldelpiano sull’Amiata, vado in tenda per qualche giorno – con mia moglie, ancora non tale -: il delirio, mezza Napoli si era spostata nella bassa Toscana, stadio sempre pieno ed entusiasta, lui prima e dopo la seduta palleggiava per quarti d’ora interi, fra gli ‘ ole’ ‘ della gente impazzita… Non ci fu verso di fargli una foto con Marinella, lui era disponibilissimo ma la fila era chilometrica… Il mese dopo, primo match ufficiale nel nostro paese a Perugia (casa mia, che fortuna!), in coppa Italia: 30.000 sugli spalti, il sottoscritto in cabina per la radiocronaca. 0-0 alla fine, un pizzico di delusione, lo marco’ benissimo Corrado Benedetti (un altro che se andra’ molto presto)… Inizio stentato dunque, ma dopo vinse tutto, trascinando un’intera città, e poi un intero popolo: il suo, che amava tanto. Nell’86 in Messico regolare successo dei sudamericani -ottima squadra-, tuttavia l’autentico, inimitabile capolavoro il folletto lo compì ad Italia 90: con uno solo ‘vero’ vicino, Caniggia, e 9 dopolavoristi, fece fuori di puro carisma l’Italia più forte di sempre, andando ad un niente dalla Coppa. É l’impresa per cui lo ricordo, più di tutte: assieme a quando, da Commissario tecnico, al fallimento di Messi nel Mondiale 2010, proferì amaro “ora sa cosa vuol dire avere sulle spalle una nazione intera”… Più grande di Pele’, straordinario sì ma in un contesto da sogno : lui decisivo in quanto Diego. E basta.
Ha regalato gioia a milioni di persone, ed era un uomo schietto, generoso come pochi. Sul calciatore è superfluo esprimersi ancora, tutti lo abbiamo amato: il mio giudizio verso di lui è totalmente positivo, e lo ringrazio di essere esistito… Quanto ai giudizi negativi sul suo conto, che non sono mancati e non mancheranno, dico che ha fatto del male sì, ma solo a sé stesso: e per questo ha tutta la mia pietà, che Dio lo abbia in gloria. Oggi lo piango dunque, con lacrime sincere. Ma piango pure per me stesso, per tutti noi. Tristezza. Immensa.