C’era una volta l’erba…

Per noi amanti del tennis offensivo e veloce su erba questo è il periodo più bello dell’anno. Una sorta di oasi felice in cui si possono vedere scambi veloci, discese a rete e giocatori come Dustin Brown che per queste tre settimane danno spettacolo su questi campi.

Negli anni ’70 la situazione era completamente rovesciata. Negli anni in cui il rock arrivava all’apice della sua potenza e la rivoluzione culturale di quegli anni prendeva sempre più piede tre dei quattro slam si svolgevano sull’erba. Come riportato da Gianni Clerici in un articolo apparso recentemente su Repubblica, in quegli anni la racchetta non era come oggi uno strumento che incanala la potenza dei colpi ma un mezzo che permetteva ai tennisti dell’epoca di esprimere tutta la loro arte, sui veloci campi d’erba dei tre slam in erba, con attacchi in back e stupende volèe.

Purtroppo ( o per fortuna) a seconda dei gusti, il progresso commerciale e tecnologico chiama e in Australia e in America ci si è dovuti adattare e nel corso degli anni si è dovuto abbandonare l’erba per arrivare ai campi in cemento che abbiamo oggi. Oggi in cui il gioco si è leggermente omologato i due slam che aprono e chiudono la stagione si giocano in impianti modernissimi e all’avanguardia e capaci di fatturare montagne di dollari. Le cose non sono sempre state cosi, vediamo in questo articolo come a differenza di Roland Garros e Wimbledon che sono rimasti fedeli ai loro standard le cose sono cambiate negli altri due slam.

Dal 1924, lo US Open si disputava sull’erba dell’impianto dl tennis club di Forest Hills (New York). Le stesse condizioni si sono mantenute fino al 1974, quando lo slam statunitense passò dall’erba alla terra. A William Hester, all’epoca presidente della USTA, non piaceva molto l’idea di giocare uno slam in un circolo privato, decise così di costruire il maestoso ‘National Tennis Center’ nella sua attuale ubicazione come punto di riferimento per tutto il tennis statunitense.

In quegli anni i campi di cemento erano predominanti nelle università ed in tutte le accademie del tennis del paese. Dato che l’accordo per la costruzione del centro esigeva che ci fosse un apertura al pubblico per 50 settimane l’anno, è stata scelto il cemento come superficie per i campi dato il minor livello di degrado e le spese minori per il mantenimento che sarebbero state esorbitanti se si fosse scelto di fare campi in erba. In questo modo si scelse la superficie sintetica DECOTURF per il nuovo US Open, che si disputa nel centro di FLUSHING MEADOWS dal 1978.

L’Open d’Australia ( che prima si chiamava Australasian Championships o Australian Championships) ha subito numerosi miglioramenti di cambi di sede in diverse città del continente, inclusa la Nuova Zelanda. Nel 1972 il torneo si spostò al KOOYONG LAWN TENNIS CLUB (Melbourne). Li si scelse l’erba come superficie di gioco. Nel 1983, la ITF costrinse la federazione australiana ad un cambio di sede dato che la struttura di Kooyong era troppo antiquata e non idonea ad ospitare un evento importante come uno Slam.

Dato che con il clima australiano l’erba si deteriora rapidamente anche qui si è optato per un cambio di superficie. La federazione australiana decise di spostare il torneo al Melbuorn park nel 1988 ed è rimasta la sede fino ai giorni nostri. I dirigenti australiani scelsero una superficie simile a quella utilizzata negli Stati Uniti e scelsero la società australiana REBOUND ACE per la creazione della superficie. Nel 2008 dopo vent’anni dall’installazione del REBOUND ACE si è passati alla superficie blu PLEXICUSHION che viene usata ancora oggi.

Questa è una storia triste per noi romantici adoratori del gioco offensivo su erba, ma dimostra come nulla si può di fronte allo sviluppo sia economico che di strutture di uno sport. Troppo facile fare paragoni col passato ma siamo certi che ora il tennis è sport globale ed uno dei più seguiti nel mondo grazie anche a queste novità che ci sono stati negli anni ed al fatto che sia uno sport che cerca di cambiare superfici e attrezzature. Per chi ama l’erba c’è sempre la possibilità di vivere con intensità queste quattro settimane che culmineranno con Wimbledon per rivivere il passato, per fare un tuffo nella storia e nella cultura dello sport che più adoriamo.

Gaetano Di Gianvittorio

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