Così Miami diviene terra nella quale Ferrer, melanconicamente sul viale del ritiro previsto a Madrid tra poco più di un mese, estromette Zverev al secondo turno, immolandosi in un’impresa di proporzioni, per lui, storiche, superando per la prima volta un top 3 da cinque anni a questa parte. L’esito del match è stato chiaro al termine del secondo parziale, vinto dallo spagnolo 7-5 tra rincorse furiose e traiettorie piatte che, negli anni, sono state più volte sottovalutate. Geometrie sapientemente costruite, seguite dalle esultanze contenute ma appassionate, scrivono, una dopo l’altra, la storia di un uomo per cui, un successo di questo tipo, significa felicità. Sarebbe banale elogiare David per la carriera e disegnarlo con i soliti aggettivi noti a tutti. Esulando il lato tecnico e tattico della vicenda, dove trovano spazio graziose smorzate costruite con il tempo e lungolinea impattati di incontro sfruttando la pesantezza di palla del rovescio diagonale di Zverev, mi rimangono un sorriso ed un paio di braccia alzate al cielo per le quali, io e migliaia di appassionati, non possiamo far altro che provare empatia, immaginando come sarebbe potuta essere la carriera di Ferrer se soltanto fosse nato in un’epoca diversa, dove non vi fossero stati, a monopolizzare per quasi un ventennio gli albi d’oro dei maggiori appuntamenti del circuito, i tre grandi nomi che, conseguentemente, hanno attirato su di loro l’attenzione totalitaria dei media, nascondendo dai riflettori i seppur minori traguardi di altri interpreti della racchetta. Nessuno deve aver mai covato, dentro sé, un euforico amore per il tennis espresso dallo spagnolo. In molti, però, ne hanno apprezzato la persona e nel momento del saluto a quel mondo racchiuso dalle quattro linee bianche, è questo ciò che conta di più. Ferrer dunque merita questo alloro finale, anche fosse l’ultimo, ed è giusto riconoscergli appieno i meriti. Dall’altra parte, invece, è incredibile constatare come Zverev, pur illudendo con qualche titolo prestigioso, sia ancora così mentalmente acerbo da non riuscire a diventare, in tutta la sua completezza, un top player. Non è certo per carenze di gioco che il pargolo tedesco, ormai divenuto esperto nel circuito e non più, nonostante la carta d’identità, appartenente alla NextGen, continua a rimediare sconfitte inaspettate. Tutto sta nell’attitudine, nell’arroganza di fondo che fu Ferrero il primo a denunciare e che sembra, osservandolo dall’esterno, impedirgli di accettare le situazioni che corrono a suo sfavore. Una volta sotto nel punteggio, Alexander è incapace di mutare le sorti dell’incontro. Si indispettisce e perde, smarrendosi tra errori gratuiti banali e scelte tattiche scellerate. Numero tre al mondo, campione Master in carica e vincitore di tre 1000. Tutto vero, ma da un giocatore dalle simili potenzialità, i continui insuccessi con giocatori che nemmeno dovrebbero avvicinarglisi nel punteggio rendono chiara un’instabilità preoccupante. In questo, Zverev dovrebbe imparare da Ferrer. Se c’è una cosa per cui l’iberico sarà sempre ricordato, è l’incredibile costanza di vittore contro avversari di livello inferiore al suo. Opposto a loro, David, non perdeva mai, e questo lo ha portato ai risultati che, in quasi vent’anni di carriera, è riuscito ad ottenere. Nella notte, intanto, una versione a tratti contraffatta di Federer riesce a perdere un set con Albot facendolo sembrare, perché proveniente da qualificazioni superate agevolmente e da un titolo a Delray Beach, il primo in carriera, un nuovo profeta della racchetta. Kyrgios affronta Bublik in un match tra due che, le lezioni di strategia, le hanno saltate a piedi pari per andare a bersi una birra in spiaggia, mentre Fognini perde agevolmente con Bautista, che si dimostra, ancora una volta, superiore all’italico braccio. Tra le donne continua la marcia trionfale di Andreescu, di nuovo giustiziera della povera Kerber costretta alla seconda sconfitta consecutiva con la giovane canadese nel giro di pochi giorni, e l’irrazionale Hsieh, giocando ad uno sport per il quale ancora fatico a trovare una definizione, si sbarazza della numero 1 Osaka. La gracile rappresentante di Taipei continua a lasciarmi basito ad ogni sua prestazione. Non capisco se, questa sensazione di smarrimento, sia da intendere in senso positivo o negativo. Nel dubbio, mentre la osservo, sono colto da ripetuti sbalzi d’umore. Sarà la primavera, o sarà semplicemente quel dritto bimane che non trova spiegazioni in natura.