Dagli attacchi a Federer e Nadal al pubblico di Melbourne: Srdjan Djokovic, il padre “scomodo” di Novak

Srdjan Djokovic ha sempre detto quello che pensa. Peccato però che, dai (legittimi) elogi del figlio, sia passato spesso a critiche poco eleganti nei confronti di Roger Federer (che definì un "ometto") a Rafael Nadal, ma anche agli spettatori degli Australian Open, rei di aver sostenuto "un qualche austriaco" invece del nuovo n. 1 al mondo. Essere veri campioni è questione di stile: forse questo Srdjan lo deve ancora imparare.

Spesso molti personaggi famosi dello sport, e non solo, hanno genitori ingombranti. Srdjan Djokovic, papà di Novak, è sempre stato un genitore amorevole e ha sempre incoraggiato il figlio nel suo percorso, facendo enormi sacrifici di tipo economico e personale. Negli anni, però, le sue dichiarazioni alla stampa hanno più volte dimostrato la sua personalità schietta e meno “mediatrice” del figlio, il quale – con la maturità – ha imparato a essere pacato ed equilibrato nelle sue parole al pubblico.

Negli anni, a partire dall’ascesa del figlio nell’Olimpo del circuito Atp (e quindi dal 2011), il padre non ha mai perso occasione di spendere parole di immenso elogio per Novak, cosa più che legittima e dovuta. Peccato però che spesso i complimenti verso il campione di Belgrado venissero accompagnate da critiche verso altri giocatori – in primis i diretti rivali, Roger Federer e Rafael Nadal – o verso il pubblico.

Nel 2013, ormai sette anni fa, per esempio, Srdjan non ebbe mezze misure nel descrivere l’importanza di Nole per il circuito: “Prima di Novak e della sua generazione il tennis era molto noioso. Si parlava soltanto di Federer, era tutto incentrato su di lui. Con Novak invece questo sport è cambiato, è diventato tutto molto più divertente”. A queste parole seguirono, negli stessi giorni, i duri attacchi nei confronti di Roger Federer e Rafael Nadal. “Federer probabilmente è il migliore giocatore della storia ma come essere umano è l’esatto contrario“, aveva detto il serbo senza mezze misure. “Ha attaccato pesantemente Novak in Coppa Davis a Ginevra quando ha realizzato che mio figlio sarebbe stato il successore e ha cercato ogni modo per screditarlo. Il successo di Novak è davvero incredibile e magari qualcuno fa finta di non capirlo. Novak è l’unico che si comporta bene sia nello sport che nella vita. Se smetti di parlare con una persona soltanto perché ti batte sul campo vuol dire che non è sport per te”.

In quest’ultima intervista, papà Djokovic aveva fatto riferimento a un episodio risalente addirittura nel 2006 (quando il figlio aveva appena 21 anni), durante un match tra Novak e Stan Wawrinka nell’incontro di play-offs di Coppa Davis tra Svizzera e Serbia, a Ginevra. In quella partita, il giovane serbo aveva fatto un uso dubbio del Medical Time-Out in un momento duro del match, senza apparente motivo fisico, per poi riprendersi e vincere al quinto parziale. Roger e il team svizzero avevano duramente criticato il Mto di Djokovic, ritenendola una mossa furbetta del serbo per interrompere un po’ la partita e riprendersi. Del resto, in tutta la sua carriera Novak è stato spesso criticato da parte del pubblico per aver chiamato dei Medical Time-Out in momenti difficili di una partita, vedendolo come una tattica, un tentativo estremo per salvarsi (un ultimo esempio, il contestatissimo Mto chiamato nel momento più difficile della lottatissima finale contro Dominic Thiem agli Australian Open). Qualche scintilla tra Federer e il team di Djokovic fu evidente due anni dopo, nel 2008, durante la semifinale del Master Mille di Monte-Carlo (poi vinta dal serbo per ritiro), quando lo svizzero, disturbato dal box troppo rumoroso dell’avversario, gridò “Be quiet!“, rivolgendo un’occhiata visibilmente seccata all’angolo di Nole.

Nemmeno Rafael Nadal era stato risparmiato in quell’intervista: “Rafa era il suo migliore amico, finché non ha iniziato a vincere. Quando le cose sono cambiate, la loro amicizia si è interrotta. Non è un comportamento sportivo”All’epoca Novak, interrogato dai giornalisti sulle dure parole del padre, si era totalmente dissociato, specificando che era solo lui il responsabile di ciò che diceva. Eppure, le parole di Srdjan avevano inevitabilmente gettato benzina sul fuoco nella polemica degli appassionati pro-Nadal e pro-Federer in una lunga contesa tra tifoserie che continua ancora oggi.

Con gli anni, ma ancora in tempi non sospetti, Srdjan aveva iniziato a descrivere il figlio come il futuro Goat, il più grande tennista della storia. Nel 2015, dopo la nascita del primo nipote Stefan, infatti, Srdjan aveva dichiarato: “Sono sicuro che Novak prima della fine della carriera diventerà il miglior giocatore di tutti i tempi, che la gente lo creda o no è così”. Queste parole, dette quando Novak aveva in tasca “appena” 10 Slam, oggi sono tutt’altro che inverosimili. A nessun papà, poi, si rimproverano i giudizi positivi verso un figlio, anche qualora questi risultassero esagerati. Il problema di Srdjan, però, è che ogni panegirico nei confronti di Nole suona spesso come un guanto di sfida nei confronti degli altri (ossia degli altri due Fab Three e dei rispettivi fan base) e, in generale, verso chiunque si metta in mezzo alla scalata del “suo” campione.

Nel 2018, quando Federer e Djokovic erano compagni di squadra nel team Europa nella seconda edizione della Laver Cup, i rapporti fra i due campioni sembravano appianati, o quantomeno risolti. L’affiatamento e gli sguardi di intesa che si erano scambiati durante le battaglie sul cemento indoor dello United Center di Chicago sembravano avere messo una pietra sopra gli screzi del passato. Peccato che, anche in quel caso, papà Srdjan aveva pensato bene di riaccendere la polemica e di rivangare la vicenda del 2006 descritta sopra (cioè di ben 12 anni prima), arrivando a definire lo svizzero un “piccolo uomo”. “Durante il match [di Coppa Davis] a Ginevra nel 2006, Novak aveva avuto un problema alla respirazione, era anche allergico al glutine. Non riusciva a sostenere scambi troppo lunghi, così chiese un Medical Time-Out. Federer si arrabbiò molto, dicendo che non aveva bisogno di aiuto. All’epoca dissi che Federer è un grande campione, probabilmente il più grande, ma a livello personale è un ometto. La penso così ancora adesso“.

Nei tempi più recenti, in ogni sua intervista, papà Djokovic non ha mai perso occasione di ribadire che il figlio è destinato a diventare il più grande di sempre. Quest’anno, pochi giorni fa, dopo la vittoria dell’ottavo Australian Open e 17esimo Slam, le ultime sentenze: “Novak vincerà i prossimi tre Slam e le Olimpiadi, a ottobre raggiungerà Federer anche nel record di settimane trascorse nel ranking da numero 1″. Che la profezia si avveri o no, ciò che colpisce è sempre il tono di sfida utilizzato che, a sensazione, va oltre lo sano spirito di competizione necessario in ogni sport.

Per Srdjan, a giudicare dalle sue parole, il figlio sembra l’unico destinato a sedere sul trono dell’Olimpo: ogni ostacolo, che sia un avversario, o i tifosi, pare automaticamente dalla parte del torto. Non stupisce certo il suo disappunto, all’indomani della finale vinta a Melbourne contro Dominic Thiem, nel constatare che buona parte del pubblico fosse dalla parte dell’austriaco: “Per me è stata una mancanza di rispetto nei confronti di Novak. Voglio dire, un sette volte vincitore degli Australian Open gioca in finale contro un qualche austriaco [sic] e questi tifano per l’austriaco! Lo trovo davvero incredibile! E questo succede in qualche modo anche a Londra, New York… Credo sia perché [il tennis] è uno sport per ricchi, che non riescono ad apprezzare il fatto che un ragazzo che viene dalla piccola e povera Serbia diventi il più grande giocatore del mondo degli ultimi dieci anni”. Insomma: Srdjan sembra non capacitarsi del fatto che qualcuno possa tifare contro suo figlio, men che meno per “un austriaco” che non ha ancora vinto uno Slam.

Srdjan Djokovic dice sempre quello che pensa: non solo di tennis, ma anche di politica e non solo. Una caratteristica che potrebbe sembrare un pregio, se per lui la schiettezza non sfociasse spesso in arroganza. In questo, forse, potrebbe ricevere qualche lezione da suo figlio, e forse ancor più da qualche altro illustre suo collega: essere campioni è prima di tutto una questione di stile.

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