Diario degli Australian Open: giorno 3

-Caporetto italica. È assoluta disperazione tra i tifosi azzurri, che vedono cadere prima Sinner e poi Berrettini.
I due, giovani talenti sui quali tante speranze erano poste, si arrendono così al secondo turno, scatenando la furia di molti.
C’è chi, con fare sprezzante, già li classifica come comete destinate ad una carriera di insuccessi. C’è chi rimprovera la stampa di aver esaltato per nulla due efebici incapaci.
È sempre così. Quando uno dei nostri subisce una sconfitta inaspettata, si scatenano le polemiche, ed ha il via la gara a chi colpisce il bersaglio con più forza.
Analizziamo le partite.
Berrettini ha perso al quinto set una sfida che avrebbe dovuto vincere. Non ci piove, ma perché allarmarsi. Sandgreen, due anni fa, su questi campi raggiunse i quarti di finale. Non è un inetto, nemmeno uno sprovveduto.
Lotta e rimane attaccato ad ogni quindici. Perdere è grave, ma tutt’altro che disastroso.
Discorso completamente differente, invece, per quanto riguarda Sinner. L’altoatesino cede a Fucsovic, mattatore di Shapovalov al primo turno.
L’ungherese è solidissimo, gioca con razionalità e sa come sfruttare gli angoli del campo. Nell’incontro tra i due, a mio parere, il favorito era proprio lui.
Inutile tacciare Sinner (18 anni, lo ricordo) di falso campione. Jannick è un grandissimo giocatore e sono certo saprà, in futuro, regalarci enormi soddisfazioni.

-Direttamente dalla Tunisia arriva Ons Jebeur, strana interprete dal tennis cangiante. In carriera ha perso più di quanto abbia vinto (41-65 il bilancio win-loss), ma le smorzate plasmate dal nulla dopo un susseguirsi di bordate da fondo campo, hanno attirato, grazie all’utilissima segnalazione di un lettore, la mia curiosità.
Vince il secondo turno con la simpatica Caroline Garcia, dopo aver perso 6-1 il primo parziale.
Non ha il fisico di una tennista standard, nemmeno le movenze sono delle più tradizionali. Ma basta un taglio, un tocco o una discesa a rete e tutto acquista senso.
Curiosa, curiosa giocatrice.
In un circuito monopolizzato dalle mononeuroniche picchiatrici seriali, un accenno di eccentricità è apprezzato come fosse manna dal cielo.

-Assolo di Federer e Djokovic, che si studiano da lontano attendendo il giorno della semifinale. Niente di interessante nelle loro dispute, soltanto tifosi in estasi per prodezze svizzere e, in misura oltremodo minore, serbe.
Noia, di nuovo. Sono troppo più forti degli inermi avversari.

-Per poco Fognini non riceve a sua volta la punizione della rimonta da 2 set di vantaggio. Invece resiste, supera un’altra maratona e si porta al terzo turno. Lo attende Guido Pella e poi, eventualmente, il vincente tra Querrey e Sandgreen. Grande tabellone, sarebbe un peccato non sfruttarlo.
Chi invece perisce al parziale decisivo è Grigor Dimitrov.
Il suo avversario, tale Tommy Paul, sostenuto da un tifo incredibilmente caloroso ha sfruttato al meglio le carenze emotive del bulgaro, nuovamente incapace di gestire le difficoltà di un match da favorito.
È la storia infinita, un loop che non accenna a voler terminare.
Mi dispiace per lui, è un così bel giocatore.
La legge di Darwin, però, non fa sconti nemmeno sul campo da tennis.

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