-Il sito degli Australian Open titola, come notizia principale, “Nadal non mostra a De Minaur alcuna pietà”. Questo dovrebbe bastare per descrivere appieno le dinamiche dell’incontro che, questa mattina, ha reso i tifosi dello spagnolo entusiasti. Nonostante il preambolo della sfida vedesse l’australiano come giovane emergente potenzialmente capace di creare qualche problema ad un Nadal al rientro dopo mesi di stop, sono bastati venti minuti, tempo con il quale si sono conclusi i primi tre game, per rendere lapalissiana la differenza abissale che intercorre tra questi due giocatori. Sarebbe interessante possedere le statistiche riguardanti la velocità media di palla dei due, per poter sapere, effettivamente, quanto, i fondamentali del maiorchino, scorressero celeri rispetto a quelli dell’avversario. Visivamente, il confronto risultava impietoso. Dello spagnolo odierno colpisce soprattutto il rovescio, verso il quale De Minaur ha cercato di affondare i propri tentativi di accelerazione, giocato spesso con traiettorie alte in lungolinea per generare così, come risposta, un colpo corto e leggero, sul quale, avanzando con entrambi i piedi in prossimità della linea di fondo, potesse affondare con l’incrociato, soluzione che sul veloce, come da tradizione, genera innumerevoli situazioni favorevoli. Il back risulta ancora un po’ incerto, utilizzato per la maggiore come strumento di difesa per guadagnare tempo o come mezzo per creare cambi ritmo nel corso di scambi in cui veniva a trovarsi fuori posizione e leggermente in ritardo con i piedi. La traiettoria prediletta, di nuovo, è quella lungolinea, funzionale con chi, come De Minaur, indietreggia nella ricerca della palla. Andando avanti nel torneo ed affrontando dunque colpitori più preparati (lo stesso Berdych, da questo punto di vista, sarà perfetto per testare la veridicità dell’affermazione) è probabile che il numero di back utilizzati diminuisca, perché giocati con un taglio che tende a prendere aria da sotto alzandosi dunque dopo il contatto con il terreno e risultando così agevole, per un avversario dai fondamentali potenti, il compito di imprimere forza alla palla aprendosi l’angolo con il rovescio incrociato. Attendo con impazienza la sfida con il ceco, che proprio in Australia estromise Nadal nel 2015, soddisfatto di averlo visto, dopo lungo tempo, in una condizione di forma sfavillante.
-Sharapova e Wozniacki non tradiscono le attese, imbastendo, sul campo centrale, il miglior incontro di giornata. La danese, grazie anche ad un servizio notevolmente migliorato dal punto di vista della potenza, parte subito forte, salvo poi non concretizzare il break di vantaggio e perdere il primo set con qualche rammarico. La situazione si riequilibra nel secondo parziale, come il pubblico appassionato di dramma bramava che fosse, e la sfida si decide al set decisivo. Le urla della bionda caramellaia aumentano di decibel in maniera proporzionale allo scorrere dei quindici, fin quando, raggiunta la soglia massima umanamente sopportabile, scarica l’entusiasmo sul match point che le consegna gli ottavi di finale e la vittoria più soddisfacente, dal punto di vista personale, ottenuta dal rientro dopo la vicenda Meldonium. Dal giorno della squalifica ad oggi, Maria pareva non essere più in grado di competere ai livelli cui ci aveva abituati. In questi Australian Open i fastidiosi lamenti siberiani accompagnano invece un gioco, ed una forma atletica, particolarmente eccelsi.
-Federer manda a scuola Fritz, che nello svizzero ha la sua più grande fonte di ispirazione. L’americano, nonostante questa assoluta idolatria più volte comunicata apertamente al mondo, non condivide con il Vate nemmeno l’ombra di un insulso dettaglio. Se da una parte, a trentasette anni, i piedi di Roger solleticano delicatamente il terreno facendolo arrossire, dall’altra, le suole del giovane, ma già maritato Taylor, paiono fissate al suolo con la ceralacca, rendendolo estremamente lento e meccanico nei movimenti. Questo si traduce, vista la sua ossessiva volontà, comune tra le fila della scuola americana, di spostarsi dalla parte del dritto, in errori dovuti al ritardo dell’impatto. Tre set a zero senza troppa fatica, preludio di un match con Tsitsipas nel quale l’estro sarà indiscusso e benaccetto protagonista.
-La carriera di Verdasco si riassume nella sfida odierna, persa contro Cilic in cinque set. Lo spagnolo, in vantaggio due a zero, riesce a farsi rimontare sprecando un match point, al servizio, con un doppio fallo, commesso nel momento decisivo dopo aver tenuto, nel corso dell’intera disputa, percentuali mostruose con la propria prima palla. Nel parziale desivo, un paio di situazioni potenzialmente definitive sprecate con altrettanti errori gratuiti, peccati mortali che rendono persino Marin, al suo cospetto, una granitica statua dotata di fermezza e coraggio. Un rimpianto, a mio modo di vedere. Fernando, con quel dritto letale, avrebbe potuto raggiungere, in carriera, molto di più.
-Amanda Anisimova è la rivelazione di giornata e merita due applausi. Il primo, quasi scontato, è per aver avuto il merito di estromettere colei che, favorita secondo alcuni per la vittoria del torneo, pare più una mietitrebbia che una gradevole giocatrice di tennis. Non me ne vogliano gli appassionati a lei devoti, ma il gioco ed il carattere della Sabalenka non mi sono mai andati a genio. I gemiti sofferenti della bielorussa, solitamente abituata a comandare gli scambi con una brutale foga quasi primitiva, si infrangono contro l’intelligenza tattica ed il meraviglioso anticipo della diciasettenne statunitense, capace di impattare più di una volta con un simile timing da rendere i propri colpi parenti stretti di una demi-volèe. Amanda sogna e noi con lei, la partita con la Kvitova sarà superba sfida a tutto campo.
Dal vostro cronista è tutto, a domani.