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Diario degli Us Open: giorno 3

-In questa fase dell’anno, ancora reduce dalle ottime sensazioni scaturite nel corso della stagione su terra rossa, Rafa Nadal appare, se opposto a giocatori ai quali è decisamente superiore, imbattibile. Mai una sbavatura, un lieve calo di concertazione che comporti, in lui, un delicato sussulto. Mostruose le percentuali al servizio, il saldo tra vincenti e gratuiti, la spinta che è in grado di apportare agli scambi da ambo i lati del campo. Per rendere chiaro, con un freddo dato statistico, il dominio totale esercitato la scorsa notte nei confronti di Pospisil, basta osservare la distanza percorsa dai due, adattandola ai loro stili di gioco. I chilometri percorsi dallo spagnolo, storico rematore da fondo, sono stati 5.9, contro i 6.7 del canadese, interprete di una tattica ben più aggressiva.
Nulla ha potuto fare l’inerme Vasek, che sempre più somiglia, per dettagli tecnici, al compatriota Raonic. Questo Nadal è spaventosamente efficace, carico sulle gambe e desideroso di chiudere quanto prima le partite trovatosi a disputare. Il tabellone è ottimo ed al prossimo turno, il russo Kachanov, gli servirà da ulteriore occasione per testare l’efficacia della risposta, utile in vista dei match chiave per la conquista del titolo.

-Fernando Verdasco, negli ultimi anni, non è nuovo a prestazioni esaltanti grazie alle quali, come mina vagante, estromette ai primi turni degli Slam nomi altisonanti. Questa volta è toccato ad Andy Murray, claudicante baronetto ancora lontanissimo da una condizione che possa essere definita accettabile. Se alle precarie prestazioni dello scozzese, poi, si aggiunge la classica prorompenza dell’iberico dritto, diventa facile spiegare il perché di un risultato apparentemente sorprendente. Fernando, ormai distante dai vertici del circuito, si compiace dei grandi palcoscenici e della possibilità, da uomo famoso per tutto tranne che per l’innata simpatia, di poter spegnere con crudeltà i sogni di ribalta di un tennista a lui superiore. Al prossimo turno avrà Del Potro, contro il quale, salvo miracoli improbabili, non vi saranno per lui ipotesi di vittoria. Il dritto madrileno, in ogni caso, rimane sempre uno spettacolo per gli occhi.

-Serena Williams, rispetto alla quasi totalità delle sue dirette concorrenti, è semplicemente di un’altra categoria. Troppo semplice è per lei infatti, nonostante i conclamati problemi di mobilità e resistenza fisica, disporre a proprio piacimento della sacrificale Witthoeft, torchiata sui teloni con micidiale potenza. Prima palla devastante, un’aggressività in riposta che si traduce in vincenti a profusione. Colpendo da ferma, Serena fa quel che vuole, senza mostrare nemmeno un’eccessiva fatica. In quanto a rapidità, rispetto a Wimbledon, è inoltre visibilmente migliorata, e se a Londra fu solo un’ottima Kerber, in finale, ad infrangerle il sogno di un ritorno alla vittoria Slam, ora è difficile ipotizzare un nome che, se non vivendo la giornata di grazia, possa palesarlesi davanti ed ostentare i favori del pronostico.

-È incredibile come Venus Williams sia in grado di vincere le partite. La maggiore delle sorelle mette in mostra da oltre un anno, sul terreno di gioco, una condizione precaria, che la rende sempre più simile, dopo un primo sguardo, ad una vetusta campionessa ancora in campo perché sospinta dai fasti di un tempo che fu. Invece, dimostrando ancora una volta cosa differenzi una normale giocatrice da una vincente nata, quando Camila Giorgi, in entrambi i parziali disputati, si trova a servire per rimanere nel set, Venus ottiene il break, portando a casa la partita con il punteggio di 6-4 7-5. C’è poco da discutere, in queste situazioni.
Al terzo turno avremo il derby tra le sorelle Williams, e sarà spettacolo.

-Shapovalov è più forte di Andreas Seppi, e nonostante l’altoatesino conducesse la partita due set a uno, è ingiusto affibbiargli colpe che non ha. La vittoria di Andreas, in caso di risultato contrario, sarebbe stata sensazionale, ma una sconfitta patita in cinque set è un esito al quale non possono essere mosse critiche. Che splendido giocatore, il canadese. É in grado, con un dritto ampio ed un rovescio monomane da manuale, di trovare angoli ancora inesplorati nella storia del tennis. Non Nadal, con il collerico turbine. Nemmeno Federer, con negromanzie disparate. Denis inventa traiettorie e lo fa grazie ad un talento innato.

Dal vostro cronista è tutto, a domani.

Nicola Corradi

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Nicola Corradi

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