Diario degli Us Open: giorno 6

-Per la prima ora e mezza la partita che si gioca come terzo match in programma sull’Artur Ashe Stadium è un sommarsi di due fattori, strettamente collegati eppure, in apparenza, così distanti tra loro. Nadal gioca male, a tratti malissimo (sulle palle break in special modo) e Mayer sfodera, come molti prima di lui, il miglior tennis della propria carriera. È facile così spiegare il 7-6 con il quale l’argentino porta a casa il primo parziale. Il fattore impressionante, però, già notato nella sfida di secondo turno dello spagnolo, è come per larghi tratti non sia più in grado di comandare lo scambio. Taro Daniel tre giorni fa, Leonardo Mayer ieri. Due tennisti, entrambi, famosi al grande pubblico per tutto tranne che per il loro stile di gioco soffocante. I colpi di Nadal escono lenti e alcune volte non escono proprio, dando così a Mayer il tempo e la convinzione per colpire la palla con inedita potenza.
A metà secondo set, con il break ottenuto da Rafa dopo dodici occasione mancate, la partita cambia binario. Lo spagnolo si accende, carbura ed inizia a giocare seguendo uno schema tattico più preciso. Si avvicina persino in risposta, segno che la sua solita lontananza dal campo non sia altro che un chiaro segnale di paura messo in vivida mostra durante le fasi delicate di un match.
Un Nadal a due facce, dunque, nuovamente difficile da analizzare. L’unica certezza è che, quello visto per i novanta minuti iniziali, altro non sia che l’identica copia dello spagnolo versione 2015-2016.

-Raggiante prestazione di Roger Federer, che secondo pronostico fa sua la scontata sfida con Feliciano Lopez. Le premesse facevano tremare gli scaramantici tifosi del Vate, in angosciante dubbio sulle condizioni del loro paladino e certi come non mai che le anacronistiche giocate dello spagnolo dessero il colpo di grazia al claudicante svizzero. Invece, come da precedenti (12-0), tutto è stato risolto con semplicità.
Ottimo il rovescio, parso a tratti quello dei primi tre mesi del 2017. Al servizio, osservato speciale in questa edizione del torneo, una prova piuttosto altalenante. Nel primo set letale con il colpo di inizio gioco, che poi cala progressivamente durante il secondo ed il terzo parziale, in particolare per quanto riguarda la percentuale di prime palle (55% a fine partita). Il pubblico lo adora, e ad ogni volee toccata da Roger esplode in fragorosi applausi, che con estrema cruenza si abbattono sulle spalle del povero Lopez. Al prossimo turno ci sarà il cerbiatto Kohlshreiber, l’unico, nella parte alta del sorteggio, a non possedere le caratteristiche per vincere uno Slam (parliamo di una zona di tabellone nella quale compare Dolgopolov, sarò impazzito?). Si prospetta, poi, un interessante quarto di finale con uno tra Del Potro e Thiem, sfida clou degli ottavi di finale. È stato un buon Federer, attendiamo continuità.

-Dolgopolov è la rivelazione del torneo. Dopo la vittoria su Berdych, cavaliere inesistente dall’inversa proporzionalità anima/potenza, era facile ipotizzare un crollo repentino dell’ucraino, abituato a sporadici exploit seguiti da mesi di appannaggio totale. La cosiddetta “prova del nove” lo oppone a Victor Troicki, cliente mai semplice da affrontare. Il risultato parla chiaro: 6-1 6-0 6-4 maturato con velocità e caratteristiche sincopi che lo rendono, ai miei occhi fantasiosi, la nevrotica caricatura di una libellula esagitata. Spinge e tagliuzza con mano delicata, si burla degli impotenti avversari con soluzione assurde plasmabili solo da una mente intrinseca di follia.
Dolgo è tutto questo, tanta disarmonica presenza estetica quanta inventiva e facilità di esecuzione sul campo da tennis.
Per un posto nei quarti di finale troverà Nadal, già battuto sull’erba del Queen’s e sul cemento di Indian Wells. Nessuna sfida Slam giocata tra di loro.
Se Rafa dovesse essere lo stesso visto fino ad ora e l’ucraino si svegliasse baciato dalla divina provvidenza, la sfida in programma lunedì sul centrale degli Us Open potrebbe non essere così scontata come la carta sembrerebbe suggerire.

-Nel tabellone femminile, Garbine Muguruza e Petra Kvitova sono quelle che più mi hanno convinto. Sfortuna vuole che le due siano destinate ad incontrarsi in un match da ottavo di finale che varrà quanto, se non più di una finale Slam. Detto ciò, si salva annullando match point la numero 1 al mondo Karolina Pliskova, che fatica sin troppo per arginare le resistenze della cinese Zhang. Il tennis piange lacrime di avvilita disperazione per l’uscita di scena di Aga Radwanska, estromessa con orrore dal sergente Vandeweghe, brava come nessuno nell’incarnare tutto ciò che la polacca disprezza.
Tristezza infinita dopo la sconfitta dell’ultima paladina del bel giuoco rimasta in tabellone.
Con silenziosa furbizia avanza nettamente Elina Svitolina, capace di ritrovare la condizione match dopo match.
L’ucraina è la giocatrice ad aver vinto, quest’anno, il maggior numero di partite, e dopo cinque tornei conquistati pare tra le candidate più credibili per la conquista dello Slam americano, mai così imprevedibile come quest’anno.

-Arriva la stangata per Fognini, espulso dal torneo nel quale era ancora in gara nel doppio, in coppia con Bolelli. Oltre la multa, dunque, anche la squalifica, con altre conseguenze che, secondo indiscrezioni provenienti dall’organizzazione, potrebbero abbattersi sul ligure.
Il provvedimento è giusto, la notizia sta facendo il giro del mondo ed ha persino meritato un posto in prima pagina nella sezione ‘sport’ del New York Times, ma ciò che resta incomprensibile è l’idea, con la punizione inflitta a Fabio, di aver penalizzato anche Bolelli, assoluto innocente nella questione, di rientro dall’ennesimo infortunio ed ora privato di risultato e soldi.
È un torto grandissimo nei confronti di Simone, ed è tutta colpa di Fognini.

La domenica si riposò Dio, ma non il vostro pedissequo cronista.
A domani.

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