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Diario del Roland Garros: giorno 6

-Marco Cecchinato si rende protagonista di un’impresa sportiva difficilmente ipotizzabile. Sceso in campo contro un avversario quotato come Pablo Carreno Busta ed iniziato l’incontro pur sapendo che nessuno scommettitore avrebbe mai puntato su di lui, perde il primo set in maniera prevedibile, facendo seguito all’accaduto con un carattere sapientemente celato. Lo spagnolo è da considerarsi a tutti gli effetti un esperto della superficie e, come terra natia insegna, difficilmente, sul rosso, cede il passo a giocatori che gli sono inferiori. È per questo motivo che il successo del palermitano assume ancora più valore, giunto grazie all’espressione di un gioco che ha probabilmente toccato, oggi, il punto più alto in carriera. Dopo l’exploit, sarà ora il turno della sfida con uno tra Goffin e Monfils, bloccati in parità di punteggio con un set a testa conquistato, avversari che, è normale pensare, non gli lasceranno scampo. Cosa chiedergli di più, ha già ottenuto l’impensabile. 

-Altri cinque set sono serviti ad Alexander Zverev per fare sua la sfida di terzo turno con Dzumhur e raggiungere gli ottavi di finale. L’analisi odierna è un puro copia e incolla di quella che, per il tedesco, feci due giorni fa. La sua supremazia, in quanto a colpi, intensità e talento, non può nemmeno essere avvicinata a quella degli sfidanti, che riescono comunque, inspiegabilmente, a portarlo al parziale decisivo. Mi rendo conto di come Zverev stia cercando di compiere quel definitivo salto di qualità che ancora gli manca a livello di risultati Slam, dove mai è riuscito a superare lo scoglio del quarto turno, apparso ormai, pur essendo a livello teorico ampiamente alla sua portata, un muro mentalmente invalicabile. Per tentare di arginare questo problema di rendimento dovrà battere Khachanov, ancora impegnato contro il candido Pouille sul quale però conduce due set a zero. Il francese illumina una platea accorsa ad acclamarlo, lasciando al russo, per regale magnanimità, almeno l’onore della vittoria. 

-Novak Djokovic esce dall’intricata trama di una sfida non semplice, vincendo in quattro set contro Bautista-Agut una partita che, se giocata due anni fa, lo avrebbe visto imporsi fischiettando Luigi Tenco in fa diesis lasciando un paio di game tra un virtuosismo improvvisato e l’altro. Considerata l’attuale condizione serba, però, il risultato non è da sottovalutare, perché, dimostrando come il tennis non sia ancora giunto al punto da poter impensierire i migliori del circuito, evidenza almeno il fatto che la condizione atletica non presenti pecche, ottima per quattro ore di scambi lunghi ad intensità piuttosto elevata. Aspetterà al prossimo turno Fernando Verdasco, riscopertosi giocatore dalla mano di fuoco dopo aver estromesso Dimitrov in tre set. Lo spagnolo ha tutte le armi per battere Djokovic. Se domenica dovesse svegliarsi colto da divina ispirazione, un exploit da titoloni di stupore non sarebbe nemmeno così difficile da prevedere. 

-Mentre Berrettini perde da Thiem in maniera molto più che dignitosa, confermando le lodi che io stesso ho tessuto in suo favore, mi accorgo di come, salvo sporadici casi durante i quali sia Serena Williams a calcare il campo, il torneo femminile desti meno interesse di un documentario in bianco e nero che per tre ore narra, senza cesura alcuna, le frizzanti giornate di Sergio Mattarella durante le vacanze estive del 1958. Nella giornata odierna, Svitolina cede a Buzarnescu, Osaka a Kyes e Parmentier a Wozniacki. Tutto estremamente interessante. Campi deserti che ad un occhio disattento appaiono meno popolati della superficie di Marte, sulla quale di tanto in tanto atterrano le ottuse bordate giocate dalle interpreti in gonnella armate di padella, che addirittura si compiacciono delle proprie prodezze stilistiche degne di un doppio domenicale in uno dei circoli peggio frequentati di Taipei. 

Dal vostro cronista è tutto, a domani. 

Nicola Corradi

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