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È ancora l’ora di Roger Federer

Esiste qualcosa, qualcosa di reale, che rende ipnotico Roger Federer.
Non è eleganza, o banalmente classe.
Non è perfezione, o apice assoluto di plastica bellezza.
Uno stormo di impassibili occhi, sincronizzati in quel tremendo “tic-toc” che incessantemente rimbomba tra i gradoni del campo centrale, è fisso su un solo ed unico punto.
Ricordo ancora la prima volta che lo vidi.
Opposto ad Andy Roddick, tremendamente sofferente ed incapace di trovare una risposta a quei suoi soliti inscalfibili dubbi, volteggiava sul campo, sfiorando appena il freddo cemento così adulato da quelle carezze.
Lo osservavo per ore, senza trovarne un difetto.
Inumano, mi dicevo, consapevolmente imbattibile e apparentemente sereno.
Non riuscivo ad innamorarmi di lui, nonostante ci provassi.
È il 26 Gennaio 2017, quando, contro pronostico, Roger Federer scende in campo per disputare la sua quarantunesima semifinale Slam.
Per i primi due set, volati via con il caldo che iniziava ad affievolirsi, ho rivisto l’incubo di quell’algido dominio. Era tornato, infervorando i suoi sudditi con sublimi pennellate d’autore.
Lui, a proprio agio, è capace di tutto.
Si sprecano i commenti lusinghieri. Pallonetti, volee, smorzate. Qualsiasi cosa passi nella mente dello svizzero si trasforma in geniale creazione stilistica.
Poi, però, iniziata quella lotta troppo spesso rifiutata, ho intravisto, di sfuggita, un lato inedito.
Per un secondo, attimo inatteso passato quasi inosservato, una smorfia di dolore ha attraversato i suoi occhi stanchi, rivelando, a me ed a se stesso, un’umana fragilità costantemente celata.
Gli anni, tremendamente spietati, hanno fatto il loro corso, indebolendo il superbo fisico del regale paladino.
Sembrava tutto finito, ormai anni fa, quando un’orrenda campagna sul rosso lo aveva risucchiato in un tremendo vortice di sconfitte.
Il 29 Gennaio 2017, invece, entrerà sulla Rod Laver Arena, sotto gli occhi vigili e attenti di Laver stesso, con l’obiettivo, o il sogno, di vincere il diciottesimo Slam, inseguito e ricercato fino allo sfinimento.
Perché questo Federer è finalmente uomo, e per questo ancor più tremendamente grande.

Nicola Corradi

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Nicola Corradi

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