Si spengono i riflettori su di un Wimbledon reo di aver indotto catalessi fulminante in milioni di appassionati devoti al sacro spettacolo ed iniziano, come sciagura o mite consolazione per i sopracitati amanti della racchetta, gli sgangherati tornei di mezzo, che ospitano, tra terra e cemento, mirabili incontri semi dilettantistici ed intriganti inventori dotati, con la palla, di più dimestichezza rispetto a molti top 10.
Circuito femminile indegno di commento, presentando tra i piatti forti un torneo cinese nel quale la testa di serie numero 1 è l’arcinota, nonché idolo delle folle, Shuai Zhang.
La mia concentrazione, per masochismo o vano tentativo di trovare bellezza frugando tra macerie di plumbea disperazione, è totalmente incanalata verso il torneo di Gstaad, fresca località svizzera famosa per avere più stelle negli hotel che abitanti nelle case.
Quarto favorito per il titolo è Fabio Fognini, in forzata villeggiatura tra le alpi dell’amico Seppi, che fatica con Gombos (chi? Appunto) per preparare al meglio la sfida di secondo turno, imbastita ad arte da un destino taumaturgo che, con sorriso beffardo, ammira su un campo da tennis quanto il talento (di Gulbis, s’intende) possa essere con tale facilità sciupato ed ignorato.
Altra vittoria in tre set alla quale succederà quella con Bautista-Agut, secondo favorito del seeding ma incontrastato dominatore tra le cause di narcolessia del pubblico pagante. Ultimo atto in ciabatte contro il miracolato Hanfmann, incredibilmente colpevole dell’eliminazione, in una sola settimana, di Lopez, Sousa ed Haase. Il teutonico, visibilmente impaurito al cospetto della sua prima finale ATP, mostra uno dei più strani kick che il mondo del tennis abbia mai dato alla luce.
Palla lentissima che, toccato il suolo, si impenna e curva, costringendo il ligure ad affannose rincorse e turpiloqui vari, conditi da sporadici lanci di racchette che, nonostante la salutare aria di montagna, non sembrano volersi fermare. Sarò sincero, nonostante questi gesti mi infastidiscano (mai condannerò una racchetta spaccata, momenti di frustrazione possono capitare, ma ripetere continuativamente calci e lanci vari è insensato), adoro il gioco di Fognini, con tutte le sue sfumature.
Per questo, nonostante le polemiche che già si sono aizzate sui democratici social, il torneo vinto merita di essere elogiato.
Non possiamo vivere con il perenne ricordo di Pietrangeli e Panatta. Godiamoci Fabio, ringraziando il cielo di non dover tifare, per assurdo spirito patriottico, un Ramos-Vinolas qualunque.