Prima di scrivere questo pezzo, la mia mente ha fatto diversi voli pindarici, spaziando in epoche diverse e cercando correlazioni più o meno consistenti, da ingegnere quale sono. E allora parto con un excursus temporale, che forse non centra molto con l’argomento, ma che vorrei ugualmente condividere, per poi tornare ai giorni nostri e centrare meglio il tema.
Sono abbastanza sicuro che se Fabio Fognini avesse vissuto la sua carriera tennistica a cavallo fra la seconda metà degli anni ’70 e la l’inizio degli ’80, con i suoi atteggiamenti in campo che ben conosciamo, probabilmente si sarebbe mimetizzato alla perfezione, forse quasi al punto di passare inosservato. Parliamo di un periodo storico in cui, con l’avvento dell’era Open e l’istituzione del circuito professionistico e della classifica stilata al computer, il tennis era passato dall’essere un nobile sport per signorotti all’insegna del fair play, a diventare una gigantesca macchina da soldi, in cui il business, i contratti, le esigenze televisive, gli sponsor, avevano la priorità: tutto era lecito in favore del dio denaro. Ed ecco che, improvvisamente, il messaggio sdoganato era che un tennista poteva permettersi di mandare a quel paese l’arbitro, o il pubblico, o imprecare e fare sceneggiate, perchè questo faceva vendere più biglietti, e più biglietti volevano dire più soldi, più fama per il tennista in questione, e così via, alimentando in questo modo quel sistema. Perfino Wimbledon, torneo di ferrea tradizione, si era dovuto adeguare a questa nuova situazione, con il rammarico e disappunto dei nostalgici del tennis dilettantistico.
Ovviamente, in questo quadro, personaggi come Jimmy Connors, John McEnroe, o Ilie Nastase si inserivano alla perfezione. Erano anche loro amati o odiati, c’era chi spendeva una fortuna pur di non perdersi un loro incontro/show, e chi invece continuava a criticarli aspramente per il loro comportamento disdicevole in campo, nonostante il talento. Chi ha visto e scritto di tennis in quegli anni, ne ha viste di ogni tipo, per davvero. Connors usava il campo come un ring: aizzava la folla come solo lui sapeva fare, sfidava apertamente il suo avversario arrivando a sputare vicino alla sua panchina in segno di sfida, apostrofandolo con termini come “pollo” o “piagnone” o peggio, o scavalcando la rete e andando nella metà di campo avversaria per cercare lo scontro fisico, roba che personalmente ho visto solo un paio di volte nel girone provinciale della Coppa Italia per NC, anni fa. McEnroe…andiamo, si potrebbe scrivere un compendio sul suo comportamento in campo: “You cannot be serious” è la sua sceneggiata più famosa, ma anche una delle più “gentili”. Chiamare un giudice di sedia “Str***o”, prendere a racchettate panchina e bottiglie d’acqua, bagnando il Re di Svezia seduto in prima fila, appostarsi davanti al giudice di linea e fissarlo, immobile, per secondi, facendo roteare le palline, chiamare un arbitro “l’assoluta feccia del mondo”, dire al supervisor “in c**o a tua sorella”, sono azioni che, se compiute oggi, porterebbero probabilmente a lunghe squalifiche, oltre a multe salatissime e alla gogna mediatica globale. E poi c’era Nasty: timido e introverso fuori dal campo (anche se con le donne ci sapeva davvero fare), e poi in campo, i suoi show che mandavano i giudici di sedia in terapia, facevano impazzire letteralmente il pubblico, ed esasperavano gli avversari al punto da far loro abbandonare il match anzitempo. A Flushing Meadows, in un match contro McEnroe, Nastase fu squalificato, e scoppiò una vera e propria rivolta sugli spalti, col pubblico, visibilmente alticcio, che lanciava di tutto in campo, poichè voleva che il match continuasse. Risultato: la squalifica fu revocata, il giudice di sedia rimpiazzato, ed il match riprese. Tutto era concesso in favore dello spettacolo, con buona pace dei businessmen che c’erano dietro al sistema tennis, e del pubblico che assisteva al tempo stesso a un evento sportivo e a una rappresentazione teatrale. Da notare c’è che, questi signori appena citati non erano degli pseudo-dilettanti da torneo provinciale di quarta categoria, erano i tennisti più forti del mondo (assieme a Borg, ovviamente), con in saccoccia titoli Slam e ATP a grappoli.
Perchè ho parlato di tutto questo? Perchè ho cercato di immaginare come Fognini si sarebbe piazzato in quel tipo di situazione. Probabilmente sarebbe stato etichettato come uno dei tennisti attaccabrighe di seconda fascia, poichè i vari McEnroe, Connors etc. vincevano Slam e dominavano il ranking, mentre il buon Fabio no. Oppure gli sarebbe stato assegnato dalla stampa un bel nickname, come si usava in quegli anni, ad esempio “Italian drama”. Ma onestamente non credo che certe sue piazzate o atteggiamenti avrebbero destato tutto il clamore mediatico di oggi, per diversi motivi: uno è che c’erano tennisti di ben altra caratura a rubargli la scena con le loro sfuriate; un altro è perchè i campi da gioco non erano ancora seminati di microfoni e telecamere in ogni angolo, e quindi le possibilità di essere “pizzicato” mentre si proferiva una parolaccia o un’offesa erano di molto ridotte. E un altro motivo ancora, forse il più importante, è perchè un tennista italiano al numero 20 del ranking, considerando l’impatto mediatico di questo sport in Italia in quegli anni, non avrebbe così tanto fatto parlare di sè solo per l’irriverenza sul campo da gioco, visto che c’erano altri tennisti italiani che competevano nelle prime posizioni del ranking mondiale.
Il fatto interessante è che le generazioni di tennisti successive a quegli anni, da Sampras, Agassi e Courier prima, a Hewitt, Roddick, Federer, Djokovic, Nadal e così via poi, hanno probabilmente osservato e imparato, complice anche una inversione di tendenza a livello di immagine, a rispettare il più possibile i valori sportivi in campo, a reprimere la propria rabbia al punto quasi di non mostrare emozioni alle volte. Ormai quasi nessuno, ai giorni nostri, vuole essere indicato come il bad boy del tennis. Fabio Fognini, invece, sembra a tratti davvero uscito fuori dai campi da tennis di fine anni ’70, e non fa nulla per cercare di nascondere le proprie emozioni o la propria frustrazione in campo, anzi, si lascia andare senza filtri ad atteggiamenti e reazioni che poi sa che ritroverà dopo poche ore sulle pagine della stampa nazionale e non, insieme a critiche e insulti di ogni tipo nei relativi commenti da parte degli utenti. Chiunque in Italia ne sappia qualcosa di tennis, conosce quasi a memoria e in ordine cronologico tutti gli show di cui il tennista taggiasco si è reso protagonista negli anni. Il selfie con la spettatrice, il calzino del giudice di sedia tirato giù, il litigio con Nadal a causa di zio Tony, la mitica sceneggiata con Pascal Maria a Wimbledon, gli insulti a Krajinovic o a Chardy, il padre in tribuna mandato bellamente a quel paese in diretta TV, quel dito medio nascosto neanche tanto bene, i pesanti insulti alla giudice di sedia agli U.S. Open un anno fa, e così via. C’è chi lo considera un mito per questo, e chi si indigna. Così come c’è chi si indigna anche quando Fognini gioca una brutta partita, o peggio ancora butta via un incontro che aveva in pugno, solo a causa di un paio di gratuiti di fila che poi lo fanno totalmente uscire dal match. E se questo, poi, avviene in Davis, la gogna mediatica si ingigantisce: vergogna dell’Italia, traditore, bidone sono solo alcuni dei termini con cui il Fogna nazionale viene apostrofato in queste occasioni.
Ma a questo punto, proviamo a porci una domanda: perchè solamente Fabio Fognini fa così tanto parlare di sè qualunque cosa accada, nel bene o nel male? Ho provato a indirizzare questo quesito in primis a me stesso, e nel cercare una risposta, mi sono reso conto che quando c’è Fognini in campo, sono io il primo ad avere grandi aspettative da lui; sono io il primo ad osannare un suo vincente pazzesco e a riempirlo di insulti quando commette un inutile errore gratuito; quando c’è la Coppa Davis, sono io il primo a dare praticamente per scontato che Fognini vincerà i suoi singolari e anche il doppio (se lo gioca), così come fanno in Gran Bretagna per Murray, in Spagna per Nadal, in Belgio per Goffin. Allora la risposta mi è stata chiara: è la frustrazione!
E’ la frustrazione derivante dal fatto che, mentre gli altri Paesi continuano a sfornare tennisti competitivi con continuità, noi italiani dobbiamo andare di 40 anni indietro nel tempo per trovare un tennista nostrano in top 10. E allora, quando ce n’è uno che potrebbe puntare alla top 10, avendone le potenzialità (sono parole dei suoi stessi colleghi, fra cui anche Nadal), è frustrante vedere incontri persi malamente o buttati via contro avversari del suo stesso calibro, o anche inferiori. E la frustrazione raddoppia quando le sconfitte sono condite anche dagli show a cui Fabio ci ha abituato, e che il pubblico straniero adora vedere. Sono abbastanza convinto che molti di noi italiani appassionati di tennis usiamo Fabio Fognini come punch-ball su cui sfogare tutta la nostra frustrazione per non avere un movimento tennistico nazionale che sia competitivo ad alti livelli mondiali fin dalla notte dei tempi, a parte qualche piccolo acuto qua e là nel corso degli anni.
Diciamocelo chiaro: quando in campo in un torneo c’è Seppi, o Lorenzi, o Fabbiano (non me ne vogliano, constato un dato di fatto), non ci aspettiamo molto da loro: un match vinto rappresenta una gradita sopresa, un match perso non scandalizza nessuno più di tanto. Eppure, Andreas Seppi è stato n. 18 al mondo ed è stato anche capace di battere Federer al meglio dei 5 set, tanto per fare un esempio. Ma se in campo c’è Fogna, ce lo immaginiamo (io per primo) già superare turno dopo turno, arrivare in finale e magari battere un top 10 (cosa che gli è già riuscita più di una volta), entrando finalmente nell’olimpo dei grandissimi. Stessa cosa per la Coppa Davis. Seppi o Lorenzi perdono il proprio singolare, e ci sembra una cosa normale. Ma quando è Fognini a perdere, diventa l’agnello sacrificale su cui si abbatte una muraglia di commenti e critiche terribili, che fa sembrare come se la colpa del fatto che il livello generale del nostro tennis è modesto, sia solo sua.
Eppure, che Fognini lo si ami, lo si odi, o una combinazione di entrambi i sentimenti, ci sono cose che non possiamo negare sul suo conto, e che vado a elencare:
- Fabio Fognini è ancora stabilmente il tennista n.1 d’Italia. Non è lì dove è grazie a raccomandazioni, mazzette, bustarelle, favori fatti a qualcuno e poi ricambiati. E’ lì dove si trova perchè ha giocato meglio degli altri connazionali e ha vinto più incontri. Punto.
- Fabio Fognini è il numero 20 del mondo (e con un best rank di 13, quarto italiano di sempre). Un tennista, per occupare quella posizione, deve avere non solo buona tecnica e condizione fisica, ma anche continuità di risultati. L’ATP, consentitemelo, non è come la WTA in questo momento, in cui una Mladenovic non vince un match per 6 mesi di fila e resta n.11 del mondo. Se Fabio Fognini non vince un match per sei mesi di fila, Fabio Fognini precipita in classifica, no matter what. Se questo non succede, è per via dei risultati ottenuti (vedi punto sotto).
- Fabio Fognini è attualmente l’unico tennista italiano in grado di raggiungere le fasi finali o la finale di un torneo ATP più volte in un anno, vincendone almeno uno all’anno negli ultimi 3 anni (e il 2018 non è nemmeno a metà). Il taggiasco vanta 6 titoli e 9 finali fino a questo momento. Tanto per fare un raffronto, Omar Camporese conta 2 titoli e una finale in tutta la sua carriera. Andrea Gaudenzi 3 titoli e 6 finali. In sostanza, se non ci fosse Fognini nel circuito ATP, il tennis italiano sarebbe poverissimo di risultati, e privo di atleti in top 50 se si guardano le classifiche aggiornate a oggi.
- Fabio Fognini è colui grazie al quale l’Italia è ancora nel world group di Coppa Davis. Ha onorato al meglio la maglia azzurra ogni volta che ha potuto, ci ha salvato diverse volte, in Giappone quest’anno ha vinto quasi da solo giocando per più di 11 ore in tre giorni, e se si guardano i risultati dell’ItalDavis negli ultimi anni, questo è un dato che NON si può negare. Ma non si può pretendere che Fognini vinca sempre, e non si può dare a lui e solo a lui l’intera responsabilità di un incontro di Davis perso, per quanto male possa avere giocato. Altrimenti, in base a questo criterio, il povero Steve Darcis non potrebbe più mettere piede in Belgio, dopo la sua prestazione inesistente della recente finale di Davis contro la Francia.
- Fabio Fognini si prende l’onore delle vittorie così come l’onere delle sconfitte o delle brutte prestazioni, che siano in match di tornei ATP o in Coppa Davis, come appena successo contro la Francia, senza protestare più di tanto.
- Fabio Fognini, se fosse davvero l’orribile persona che qualcuno lo accusa di essere, non avrebbe amici nel circuito, e invece non è così. Fabio ha molti amici fra i tennisti professionisti, con cui spesso si allena, e molti colleghi parlano di lui come di un ragazzo dolce, simpatico e di cuore, fuori dal campo. John McEnroe, una leggenda del tennis, era quello che per davvero non aveva amici fra i colleghi, eccezion fatta per qualche compagno di scorribande.
- Fabio Fognini si è sempre scusato poco dopo alcune delle sue spiacevoli performance in campo. Non ho memoria di una volta in cui abbia giustificato il suo comportamento sbagliato o offensivo nei confronti di qualcuno dichiarando: “si, non me ne pento, quel tennista/giudice di sedia è un emerito idiota”. Certo, forse si è scusato solo per cercare di salvare l’immagine, ma c’è stato e c’è chi comunque non lo fa.
- Fabio Fognini è un essere umano, oltre che un tennista. In quanto essere umano, è propenso all’errore. In quanto tennista, deve sempre fare i conti con il fatto che nel tennis non fai tutto da solo, ma di fronte a te c’è un avversario che vuole vincere quanto lo vuoi tu, non è una comparsa. E se quel giorno il tuo avversario vince perchè gioca meglio di te, o approfitta dei tuoi passaggi a vuoto, onore a lui, questo è il gioco del tennis, in cui l’inerzia di un match a volte cambia in una manciata di punti, ed è anche uno dei motivi per cui adoriamo questo sport.
Questi otto punti appena elencati non vogliono essere una difesa a spada tratta di Fabio Fognini da parte mia, e nemmeno una excusatio non petita. Fabio Fognini non è un santo nè un martire. E’ un tennista che ha molti difetti, e che lui stesso non fa molti sforzi per nascondere, ed è così come lo vediamo, non è costruito e non interpreta un ruolo. Su di lui si è detto e scritto moltissimo, a livello tecnico così come a livello caratteriale. Fabio lo si trova in diversi video Youtube digitando come criterio di ricerca “tennis wasted talents”, ossia talenti buttati nel tennis. Oppure, sempre su Youtube, se si digita “tennis angry players”, ossia tennisti arrabbiati, il Fogna è quasi sempre inserito nelle compilation. Un match di Fognini non è mai finito finchè non è davvero finito? E’ vero. Fognini potrebbe arrivare molto più in alto se fosse mentalmente più stabile? Probabile, sono in molti a pensarlo. Fognini a volte si comporta in campo come un bulletto di periferia, irrispettoso di tutti, avversario, giudici e pubblico? Assolutamente si. Fognini è capace di commettere doppio fallo sul match point al tie-break del terzo set, per poi concedere match point all’avversario? Oh si, e ci fa imbestialire per questo. Fognini butta via match già vinti? Certo, lo ha fatto più volte.
Però, signori, questo è il tennista italiano numero 1 al momento, dobbiamo farcene una ragione, e non possiamo pretendere di cambiarlo. O lo si accetta pacchetto completo, con pregi e difetti, o non lo si accetta per niente. Personalmente, se un giorno dovessi stufarmi di Fognini, semplicemente smetterò di interessarmi a lui e guardare i suoi match, al posto di sbottare su una sua cattiva prestazione ma poi non perdermi il suo match successivo. Ma so che ciò non succederà, almeno nel futuro più prossimo, perchè la realtà è che Fognini, che piaccia oppure no, con i suoi pregi e i suoi difetti, è colui che tiene a galla l’Italia del tennis su livelli ancora accettabili, e anche per questo è facile che si pongano tutte le aspettative su di lui e non su altri, che ci si arrabbi per una sua sconfitta ma non per quelle di altri, e che tutto quello che faccia, per quanto sbagliato sia, venga amplificato. Sono abbastanza convinto che, se ci fosse un movimento tennistico forte, come quello francese o spagnolo, con diversi rappresentanti tricolore nelle posizioni che contano della classifica ATP, il Fognini furioso non farebbe più così tanta notizia. Oppure, se Fognini fosse stabilmente in top 5 e con risultati prestigiosi, sono convinto che la maggior parte degli italiani appassionati gli perdonerebbe sproloqui fuori luogo o racchette spaccate. Chiedete ai tedeschi se si vergognano di Sasha Zverev che sembra aver deciso di mandare in fallimento la Head a suon di racchette distrutte. No, perchè è il numero 5 del mondo.
In sostanza, Fabio Fognini è un tennista estremamente controverso, probabilmente il più controverso della storia dell’Italia della racchetta, non ci piove. Non verrà mai amato da tutti anche se dovesse vincere uno Slam o portarci a conquistare la Coppa Davis, e gli italiani si divideranno sempre fra complimenti e critiche nei suoi confronti. E’ scomodo avere un tennista così in casa propria, specialmente quando è l’unico su cui si può puntare al momento per vedere qualche successo tricolore nel tennis mondiale. Ma, nello scegliere se amarlo o detestarlo, cerchiamo di non dimenticare mai che il problema dell’Italia del tennis non è Fabio Fognini, il problema dell’Italia del tennis è lo stesso movimento tennistico italiano, è così da decenni, e non sono io a dirlo, ma da buon ingegnere, faccio parlare risultati e numeri. E se qualcosa non cambia, e in fretta, di qui a non molti anni ci ritroveremo a rimpiangere i tempi in cui avevamo un italiano al n.20 del mondo, e ci ritroveremo sempre più frustrati, molto più di adesso.