Dov’è finito Novak Djokovic? Lo spietato cannibale che fino a poco tempo fa sbranava avversari e non lasciava briciole neppure nelle esibizioni. Ebbene sì perché da quasi un anno ormai il ragazzo cresciuto sotto le bombe di Belgrado non predica più tennis come d’abitudine.
EX DOMINATORE – Il lento declino del cyborg serbo è iniziato dopo un 2015 da urlo, che l’ha visto vincere l’impossibile, in una stagione paragonabile al 1984 di Mcenroe o al 2005 di Federer. Nel 2016 la marcia non sembra fermarsi, a giugno conquista il Roland Garros, titolo che gli permette di sedersi finalmente al tavolo degli immortali. E dopo questa vittoria scatta qualcosa, forse è appagato dopo una vita di sacrifici, il fatto che nei successivi sei mesi è accaduto l’impensabile con la perdita della prima posizione mondiale.
DA ISTO-MAN A NK – In questo 2017 le pretese erano quelle di tornare ai livelli pre crisi e il primo torneo sembrava confermare questa speranza, con Nole che sconfigge il N.1 Murray in quel di Doha. Agli Australiani Open, torneo dove parte sempre con un marcia in più, esce clamorosamente al terzo turno al coro kazako “One man IstoMan”. Torna in campo a marzo e dopo due prove conviventi tra cui la rivincita con Del Potro, si schianta sull’esuberanza di Nick Kyrgios. Tanti i meriti dell’australiano al servizio praticamente perfetto, ma Djokovic è parso a lunghi tratti svogliato e colpevole di errori non da lui, ritratto del match è l’ultimo game dove al servizio regala con tre gratuiti il match all’australiano.
E ADESSO? – Il 2017 di Novak Djokovic dovrà carburare al più presto perché da qui a Wimbledon i punti da difendere sono tantissimi, complice una prima parte di 2016 dove gli avversari non erano del suo stesso calibro. Settimana prossima lo aspetta il cemento americano con Indian Wells e Miami dove è imbattuto dal 2015. Qui non può sbagliare, i punti da difendere sono 2000 e se la campagna americana finirà male rischia di trovarsi a solo 2000 punti dal terzo posto di Wawrinka. Serve un repentino cambio di marcia, perché rispetto all’anno passato la situazione è molto diversa. I giovani capitanati da un Kyrgios sempre più grande spingono per trovare posto, Murray grazie al numero uno ha sempre più fiducia nei suoi mezzi e ci sono gli immortali Federer e Nadal che non vogliono stancharsi di dire la loro.
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