Quando nel 2013, dopo il Master di Parigi 2012, Jerzy Janowicz raggiunse la semifinale a Wimbledon ed entrò tra i primi quindici giocatori del mondo, fu l’oggetto del desiderio di ogni rivista, di ogni giornalista sportivo; i grandi del passato lo acclamarono con belle parole, la stampa doveva trovare un nuovo messia, ma ahimè quel messia si è fermato a metà strada ed è tornato un poco indietro sui propri passi.
Da quel paradiso di nome Wimbledon in poi, Janowicz si è bloccato -da allora non ha più raggiunto un ottavo di finale in uno Slam- e già nel 2014, nonostante tre terzi turni in tre delle quattro prove maggiori, iniziò a deludere non mostrando quei miglioramenti che molti attendevano. Le stesse persone che un anno prima lo avevano incoronato principe del nuovo tennis, ora lo criticavano aspramente e questo a Jerzy non sembra aver fatto bene. La mente del polacco è ben lungi dall’essere di facile comprensione e già propenso egli all’incostanza e all’autodistruzione, quello che la stampa ha fatto a metà, il resto lo ha concluso lui stesso.
Quest’anno, infatti, la carriera di Janowicz sembra essere stata inghiottita in un buco nero. Dopo un inizio col botto alla Hopman Cup, dove vince in coppia con la maga Agnieszka Radwanska, il polacco ha raggiunto solo una finale 250 -a Montpellier- e un quarto di finale ad Halle sull’erba. Proprio al torneo tedesco Jerzy appare visibilmente provato, con la stanchezza in volto e qualche chilo e capello in meno. Qualche mese prima, a marzo, il bel ventiquattrenne aveva subito una cocente sconfitta al secondo turno al Challenger di Irving, Texas, per mano del giovanissimo Zverev e perfino nel torneo che tanta fortuna gli ha dato, Wimbledon, esce al primo turno, battuto da Marsel Ilhan.
All’alba dell’ennesima sconfitta al primo turno -al Master di Montreal-, ci si chiede se saremo destinati a vedere uno dei migliori talenti degli ultimi anni confinato per sempre attorno alla cinquantesima posizione del ranking. Non ci è dato sapere cosa passi per la mente del polacco, né come sia la sua vita privata, né a quale grado di pressione egli sia stato sottoposto nei passati periodi, ma ci auguriamo che quel giocatore così esplosivo e vitale che conoscemmo nell’autunno del 2012 possa tornare ai livelli che gli spettano, confidando che stampa e combriccola non commettano eventuali nuovi disastri.
Vittorio Orlini