Fin da bambini, ci sentiamo forti quando non proviamo paura. Paura del buio, paura del castigo di un genitore, paura di affrontare i ragazzi più grandi, paura del primo bacio… Confondendo spesso il coraggio con l’incoscienza. Abbiamo passato la nostra esistenza a snobbare le paure; negandone l’esistenza. Paura degli esami di maturità (ancora li sogno di notte), quelli all’università (idem, come prima), quelli per la patente o di non trovare un lavoro. Spesso abbiamo cercato di affrontarle preparandoci al meglio. Altre volte, invece, abbiamo cercato di evitarle.
Eppure, basterebbe renderci conto degli enormi potenziali insite in essa per capire come invece dovremmo considerarla una nostra grande amica. Un alleata, essenziale per la nostra stessa vita. Dalla notte dei tempi, la paura, è stata necessaria per creare lo stress a sua volta fondamentale per l’attivazione dei nostri meccanismi di autodifesa. Non alziamo le nostre difese se non ve ne è di bisogno. Ma, un discreto livello di “paura” è necessario. Essere “troppo sicuri di se” non è mai stata una qualità. Oggi, nella moderna società, non temiamo più di essere attaccati da una belva feroce o da un tribù ostile (anche se altri pericoli sono sorti negli ultimi tempi).
Concentrati sui nostri smart-phone, dormiamo come si suol dire tra due guanciali. Così la nostra attenzione è, spesso, sopita. Ma come dicevamo essa è una parte ancestrale di cui non potremmo fare a meno. La nostra mente non può vivere senza provare paura. Si cerca quindi il brivido delle montagne russe, del lancio con il paracadute o del bungee-jumpin. Desiderosi di un po’ di sana adrenalina. Proviamo, inoltre, un vuoto che ci spinge a “condividere”, “twittare” o quanto altro per comunicare le nostre emozioni a qualcuno.
Una volta erano erano le cerimonie religiose che rinsaldavano le società. Oggi lo sport riesce a soddisfare lo spirito di aggregazione, competizione…spesso mancanti nelle nostre vite. Dal rugby, al calcio…. Cosa sono se non simulazioni di battaglie tra fazioni opposte? Gli sport individuali, poi ? La scherma, il pugilato, il tennis. Moderni duelli all’ultimo sangue. Ma quali paure, allora, deve affrontare un tennista durante il suo combattimento ?
A tutti i livelli, sicuramente, esiste la paura di perdere. Perdere contro un avversario meno quotato. Perdere posizioni in classifica. Perdere l’approvazione dei propri amici. Certo, il discorso può cambiare se spostiamo il contesto da un piccolo club ad un torneo professionistico. Nelle categorie amatoriali ci sarà la paura di venire canzonati. Nadal, quando perde, vede dimunire il proprio ranking, quindi il valore dei suoi contratti pubblicitari, quindi la sua fiducia, quella dello zio Tony, dei propri fans….
Quante volte in allenamento giochiamo colpi meravigliosi salvo poi, in partita, avere il braccino e non riuscire a giocarli ? Riusciremo a tenere il nostro turno di servizio? Saremo capace di rispondere bene al nostro avversario ?
Tutto questo dipende in parte dal grado di fiducia. Alcuni giocatori, ad esempio, preferiscono non conoscere il nome del loro prossimo avversario. Questo perché vogliono concentrarsi su se stessi.
Come mai un giocatore che arriva dalle qualificazioni ha meno paura di una testa di serie ?
Come disse un noto cantautore, tuttavia, non è da un calcio di rigore che si valuta un giocatore. Cambiare il nostro approccio mentale potrebbe risultare determinante per la nostra performance. Questo lo sanno bene i giocatori professionisti. Che si affidano a professionisti della mindfuelness per cercare di vincere le proprie ansie. Laddove infatti gli schemi di gioco iniziano a non funzionare più, il lungolinea va in corridoio, il cross va out sono mentali gli accorgimenti che un tennista dovrà impiegare per trovare il focus.
E non tutti siamo nati calmi come Bjorn Borg. L’importanza dell’approccio mentale si può capire, ad esempio, osservando i giocatori meno quotati, abituati a giocarsi le quali ovvero i lucky losers. Naturalmente un giocatore di bassa classifica sarà abituato alla sconfitta. Settimana dopo settimana, torneo dopo torneo. E per loro potrebbe essere poco dolorosa una sconfitta in più. Come pure, di contro, potrebbero risultare impreparati alla vittoria, qualora si qualificassero. Lo stesso potrebbe valere per i lucky loser che entrerebbero in campo senza nulla da perdere. Djokovic, invece, dovrà dimostrare ogni partita di essere il numero uno anche quando giochi con i più forti del mondo.
Sei avanti di un set? Bè allora avrai sucramente avvertito la pressione di chiudere in fretta il match. Sei sotto ? Dovrai uscire gli occhi della tigre e correre su ogni palla se vorrai recuperare lo svantaggio. Non sono poche le emozioni che si vivono durante un incontro di tennis: frustrazione, disperazione…. Tutto questo si spiega, ovviamente, con le pressioni che stanno dietro le nostre azioni.
Perché allora non cambiare l’approccio alla partita. Qualcuno dice che la società occidentale è troppo orientata al risultato. Abbiamo perso il gusto di fare le cose soltanto per il piacere di farle. Dobbiamo vincere a tutti i costi. Se questo può ancora avere un senso per un top-player che muove un impero economico è difficile accettarlo tra gli amatori. Sentire le urla dal campo accanto il nostro solo per un punto contestato. Vedere spaccare racchette non fornite dagli sponsor ma pagate profumatamente
Nadal ha dichiarato una volta quando entri in campo puoi vincere ma puoi anche perdere. Quindi devi essere preparato per entrambe. Perche allora non provare a concentrarci solo sulla nostra performance?
Le partite si vincono o si perdono prima di scendere in campo ha dichiarato una volta Venus Williams . Esistono tecniche di meditazione . Per il controllo del respiro. Avete mai provato a ricordare le sensazioni che avete provato la prima volta che siete entrati in un campo da tennis ? Erano bellissime. Non avevate tensioni. Volevate solo colpire la palla e mandarla dall’altra parte senza preoccuparvi del giudizio degli altri.
Al di la quindi della nostra bravura o della nostra classifica se ne abbiamo una ci sarà sempre un avversario diverso dall’altra parte della rete. Con condizioni diversi, il campo, la temperatura, la location, i rumori….ciò che non cambierà mai siamo noi! Con il nostro modo di affrontare le nostre paure e mantenere la nostra centratura.