La Repubblica Ceca, una piccola grande nazione, capace di sfornare piccoli grandi campioni. Un ciclo che sembrerebbe essere interminabile, continuo, senza sosta. Una potenza tennistica, a livello mondiale, che ha scalzato negli anni anche le nazioni più influenti, vittima purtroppo delle vicissitudini politiche interne che hanno costretto molti giocatori ad abbandonarla.
Nella sola Era Open, questo paese ha dato i natali a due giocatori che avrebbero segnato, in modo inesorabile, la storia del tennis ceco: Ivan Lendl, vincitore di 8 prove dello Slam in singolare (su 19 finali disputate), e Martina Navratilova, vincitrice di ben 19 titoli, considerata da molti come la più forte giocatrice di tutti i tempi, insieme a Serena Williams e Steffi Graf. Numeri eloquenti, prodigiosi, ciclopici.
La grandezza della Repubblica Ceca sta però nell’essere riuscita, con costanza, a produrre negli anni non solo campioni e leggende, che anche nazioni come la Svizzera e la Svezia, su tutte, possono vantare, bensì una serie di ottimi giocatori che hanno portato in alto, con onore, la propria patria. Basti pensare alle due stelle ceche dei giorni nostri: Tomas Berdych, finalista a Wimbledon nel 2010 ed ormai saldamente ancorato alla TopTen, e Petra Kvitova, vincitrice a Wimbledon per ben 2 volte e destinata ad entrare nella storia della disciplina.
Le vicissitudini politiche, come anticipato, spesso hanno portato i giocatori nati in Cecoslovacchia, a chiedere asilo in altri paesi, soprattutto negli Stati Uniti. Se consideriamo tuttavia, come cechi (o slovacchi), quei tennisti che almeno una volta, nel corso della loro carriera, hanno vestito la maglia del loro paese natale, in Davis o in Fed Cup, ci accorgiamo di come la Repubblica Ceca, abbia sempre giocato un ruolo di primissimo piano nel mondo del tennis.
I due giocatori maggiormente influenti, prima e dopo l’inizio della Grande Guerra, sono stati rispettivamente Ladislav Hecht, vincitore per ben due volte dell’Open di Germania e destinato a divenire, insieme a Donald Budge, uno dei giocatori più vincenti del dopoguerra, e Jaroslav Drobny, il quale nel 1949 raggiunse la sua prima finale di Wimbledon, vincento poi in carriera due titoli al Roland Garros ed uno a Wimbledon nel 1954. Entrambi furono costretti ad emigrare, Hecht negli USA, mentre Drobny in Egitto, a causa dell’insorgere dei raid nazisti.
Tra gli altri, ricordiamo, in campo maschile Jan Codes, Hall of Famer, vincitore anch’egli di due Roland Garros ed un Wimbledon, Petr Korda, vincitore dell’Australian Open 1998 e squalificato per doping, e Miroslav Mecir, il “Gattone” che vinse le Olimpiadi nel 1988. In campo femminile, spiccano invece i nomi di Hana Mandlikova, considerata forse il “più grande talento” del circuito femminile con 4 prove dello Slam in bacheca, Helena Sukova, una delle poche tenniste rimaste fedeli sempre alla Repubblica Ceca, e Jana Novotna, ricordata da molti, in preda alle lacrime sulle spalle della duchessa di Kent, dopo la finale persa a Wimbledon contro la Graf. Titolo che riuscirà finalmente a conquistare nel 1988, da numero due delle classifiche.
Prima della Kvitova, l’ultima grande giocatrice ceca, infine, è stata Nicole Vaidisova, una delle più promettenti tenniste a livello mondiale degli ultimi anni. Nel 2006, a soli 17 anni arrivò in semifinale al Roland Garros, bissando tale risultato nel 2007 in Australia. Poi nel 2009, nel pieno della sua carriera il mai totalmente chiarito ritiro, salvo poi annunciare, pochi giorni fa, dopo alcuni mesi passati sul circuito ITF, il rientro nel circuito WTA, a Monterrey, la prossima settimana.
Ma veniamo ai giorni nostri. Dopo aver ritrovato finalmente una Kvitova ad alti livelli, lo scorso Luglio, la Repubblica Ceca, ha potuto assistere all’esplosione di Karolina Pliskova, finalista la scorsa settimana a Dubai, ed ormai consacrata ad alti livelli, insieme all’altra connazionale Lucie Safarova, ieri vincitrice a Doha, ai danni di Victoria Azarenka, e finalmente stabilizzatasi nei piani alti del ranking, dopo essere stata negli anni vittima di numerosi psicodrammi tennistici. Insomma, a livello femminile, possono dormire sonni tranquilli, almeno per altri 4 anni.
Più complicata la situazione nel circuito maschile in cui, oltre a Tomas Berdych, semifinalista a Melbourne, finalista a Rotterdam e semifinalista a Dubai e, con Radek Stepanek ormai agli sgoccioli della sua carriera, non emergono ancora giovani aspiranti in grado di poterlo rimpiazzare. Lukas Rosol non ha la giusta continuità per imporsi ad alti livelli e finirà per essere ricordato al pubblico per la vittoria clamorosa contro Nadal a Wimbledon. In attesa di nuove promesse, la “little nation” può rassicurare i propri tifosi grazie ad un pedigree di primissimo livello. I numeri sono dalla loro parte, la storia anche.
Giorgio Lupi (Twitter: lupi_giorgio)