La notizia del giorno, il ritiro da parte di Nadal dal Master 1000 di Parigi-Bercy, fa molto discutere gli appassionati. Ufficialmente, lo spagnolo, è stato costretto a prendere questa decisione a causa di un infortunio al tendine rotuleo, lo stesso che, nel corso della carriera, così tanti problemi gli ha portato.
Si sprecano i dubbi su un web sempre più in malafede.
“Sarà davvero così?”, “L’infortunio c’è oppure è tutta una strategica finzione?”, “Che scorretto, si è preso il numero uno e poi ha abbandonato il torneo”.
Tutto questo, condito alle accuse di doping che ormai, per assuefazione, perdono pure d’importanza, è ciò che, opportunamente riassunto, pensa la maggior parte del pubblico abituale.
Ma qual è la verità? In primo luogo, partiamo da un dato logico. Nei quarti di finale, oltre allo spagnolo, figuravano Krajinovic, Del Porto, Isner, Benneteau, Cilic, Verdasco e Sock, un parterre non di certo eccezionale che spesso si ritrova a Parigi per la posizione di pesante svantaggio occupata in un calendario stracolmo di appuntamenti.
Nadal, in carriera, non ha mai vinto il titolo, e gli avversari rimasti in tabellone sarebbero stati tutti, tranquillamente, alla sua portata. L’idea che possa essersi ritirato senza un reale motivo appare, dunque, piuttosto labile. L’infortunio c’è, sì, ed oltre alla fasciatura fattasi applicare alla fine del secondo set perso con Pablo Cuevas, si è notato nella maggiore difficoltà avuta dallo spagnolo a livello di piegamento sulle gambe, aspetto tecnico fondamentale per una superficie come l’indoor. Ricordo come il terreno di Parigi, dopo quella di Shanghai, sia il più veloce in stagione a livello di Master 1000, ed è risaputo il fatto che il cemento sia storicamente la principale causa di infortuni e affaticamenti a ginocchia e schiena.
Dopo la partita di secondo turno vinta con Chung in due set, Rafa si è assicurato il numero uno del mondo fino a fine stagione, posizione che, a meno di sconvolgenti debacle, manterrà anche per la prima parte del 2018.
Si parla di scorrettezza, confrontandolo al divin Federer tramite i soliti pedanti discorsi che sembrano invocare, ogni volta che l’uno sia presente, l’obbligata presenza dell’altro. Torna alla luce anche Murray, reo di aver “falsato” il tabellone escludendosi dagli Us Open una volta compilato il tabellone. In quell’occasione le critiche arrivarono a fiocchi, anche da parte mia, cosa che invece è mancata quando, la stessa situazione, si è creata a causa dello svizzero, similmente ritiratosi da Parigi Bercy dopo aver già pagato la quota d’iscrizione.
Materialisticamente parlando, e cioè collegandomi con una vena di sarcasmo alla concezione di realtà di cui Machiavelli si fece capostipite, il fine giustifica i mezzi, e sia Nadal che Federer, a mio modo di vedere, non hanno sbagliato nulla.
Da una parte lo svizzero, ben sapendo di avere enormi chance di successo alle ATP Finals (torneo che effettivamente vincerà fischiando Miguel Bosè tra una volee stoppata e l’altra), sceglie di preservare il fisico (per nulla stanco) da eventuali risentimenti, come giustamente fatto dallo scorso anno ad oggi.
Dall’altra Rafa, probabilmente colpito dall’infortunio durante il torneo di Shanghai, ha vinto le proprie due partite assicurandosi la prima posizione mondiale, presentandosi così a Londra senza la pressione di giornalisti e pubblico che avrebbero continuamente sollevato la questione ranking.
Entrambi, oltre ad essere globalmente riconosciuti come i più grandi giocatori di tutti i tempi, sono anche due gran furboni. Nello sport, però, tutti lo sanno, l’astuzia è una componente fondamentale ed è quindi inutile lamentarsi a posteriori se questa viene saggiamente usata.
Parigi-Bercy è come un albero ricoperto di foglie sul quale si abbatte una bufera improvvisa.
Guy Forget piange lacrime di comprensibile disperazione, ma noi godiamoci l’autunno, che le Finals stanno per arrivare.