Non è (più) uno sport per giovani

Da lungo tempo non trionfa in uno Slam un adolescente o giù di lì, come è accaduto -più di una volta- negli ultimi 50 anni di storia del tennis. Una fortuita combinazione? Crediamo di no. C’entra il fatto che nella nostra epoca ci sono tre assi pigliatutto? Anche, ma non solo… Proviamo a capirne i motivi, premettendo che quanto avvenne negli anni 80 secondo il nostro parere è ormai irripetibile, a meno che non arrivi un nuovo Messia. E nemmeno il Messia attuale peraltro, quello di elvetici natali, vi è riuscito… Di Renato Borrelli.

L’ ipotesi malsana di tenere a casa, nell’ormai prossima fase 2 legata all’emergenza Covid 19, quelli che hanno più di 60 anni (per fortuna prontamente emarginata dal Governo), ha provocato nel sottoscritto una duplice reazione: da un lato il desiderio prepotente di mettere le mani al collo del malcapitato che partorisce tali idee – lo paghiamo anche? Dio non voglia…-, dall’altro una riflessione legata al mondo del tennis, così come è andato sviluppandosi nel periodo a cavallo fra un millennio e l’altro.

D’accordo, faccio parte dell’ampio esercito dei… non più troppo giovani (vecchi mi sembra brutto…), per cui sono, come dire, fatalmente agevolato nel lasciarmi andare a certe considerazioni: nell’un caso e nell’altro. Già, dal momento che il pensiero riferito specificatamente allo sport della racchetta tira in ballo – in termini del tutto positivi – gli atleti esperti, quelli che già da un po’ viaggiano nel circuito, e che di riffe o di raffe non consentono ai giovani di farsi valere nella massima espressione di tale disciplina: vale a dire i 4 tornei dello Slam. Se andiamo infatti un po’ indietro con la memoria, diciamo grosso modo di una 5oina d’anni, si osserva che una volta a trionfare negli appuntamenti clou della stagione erano -anche- tennisti imberbi, quasi sempre a sorpresa e qualche volta pure grossa, i quali poi magari nel corso della propria carriera avevano modo di confermare quegli esordi così clamorosi. Non sempre, o non completamente come vedremo. Ci piace fissare, all’inizio di questa nostra analisi, una soglia ben precisa, che è effettiva ed allo stesso tempo ‘psicologica’ se vogliamo: eh sì, perché i 20 anni costituiscono uno spartiacque naturale tra l’essere considerati, almeno nella vita di tutti i giorni, piccoli o … non più quanto ad età.

Bjorn Borg

Gli anni 80, da questo punto di vista, rappresentano un fenomeno decisamente curioso. Si sono infatti situati in quel breve lasso di tempo i tre primatisti di vittorie Slam che sono sul podio di tutti i tempi quanto a precocità: e ciascuno, dall’82 all’ 89, ha battuto i precedenti issandosi sul gradino più alto. Che è tuttora imbattuto, e che promette visto l’andazzo di rimaner tale a lungo, forse per sempre. Andiamo allora a Parigi, nell’anno di grazia che vide i nostri azzurri trionfare in Spagna nel Mondiale di calcio (tanto per farvi collocare in maniera precisa quel periodo): un ragazzino svedese di neanche 18 anni, che assomiglia tanto al… progenitore della specie nonché suo connazionale Borg -parleremo pure di lui più avanti-, si presenta con scarsi risultati ottenuti sino ad ora, ma riesce nell’ impresa di aggiudicarsi la Coppa dei Moschettieri facendo fuori man mano gente del calibro di Lendl, Gerulaitis, Clerc, prima di ridurre alla ragione nell’atto conclusivo addirittura un crack assoluto della terra rossa come Guillermo Vilas (già ‘campeon’ al Roland Garros nel 77). Tutti gridano al miracolo, perché mai nessuno si era imposto in uno dei Majors a soli 17 anni e 10 mesi, giusto il di lui ‘zio’ Bjorn ce l’aveva fatta a 18 anni esatti, nel 74.

Record assoluto dunque, ma per poco: 1985, a Wimbledon va di scena il delirio… Un ragazzone tedesco dal singolare nome di battesimo russo, grande grosso e con le efelidi, grazie ad un gioco spregiudicato di continua presa della rete, e conclusioni non episodiche di volèe addirittura in tuffo, taglia lungo il proprio imperioso cammino teste illustri quale quelle di Nystrom, Leconte, Jarryd prima di affondare Kevin Curren in finale. Si tratta di Becker e non sarà una meteora, dato che metterà a segno altre 5 vittorie Slam: non sul mattone tritato però, che rimarrà il suo cruccio per tutta la carriera (addirittura neppure un torneo!). 17 anni e 222 giorni di età, questo il nuovo limite fissato dall’estroso Boris: imbattibile? Come no, aspettate 4 anni: di nuovo all’ ombra della torre Eiffel si verifica quella che rimane, a memoria d’uomo, la più grossa sorpresa del tennis moderno. Ha i tratti asiatici di Michael Chang, padre e madre originari di Taiwan ma americanissimo, fisico esplosivo racchiuso in un metro e 75 centimetri: da carneade quasi assoluto elimina agli ottavi Ivan Lendl nella partita delle beffe, fra crampi, servizi da sotto, ‘cineserie’ varie che mandarono in tilt un furibondo numero 1 del mondo ! Poi ancora, in un crescendo rossiniano Agenor, Chesnokov, e all’ultimo atto un incredulo Edberg, trascinato in una maratona di 5 sets. 17 anni compiuti da manco 4 mesi, eccolo servito il primato assoluto di precocità.

Da allora in poi non ci andrà manco vicino nessuno, ma proprio nessuno. Anche se Michelino non poteva sapere che quello sarebbe stato il suo picco, pur raggiungendo più avanti il numero 2 del ranking: solo altre due finali in Australia e Stati Uniti, entrambe perdute. Meglio, e parecchio, andrà al buon Mats (che poi si ritaglierà un bel ruolo di commentatore): 7 Slam in tutto, differenziandosi però dal maestro Borg quanto all’erba, per lui indigesta assai. L’apollineo Stefan, professore indiscusso del serve & volley, a 19 anni tondi trionfò a Melbourne, così come Sampras e Nadal alla medesima età alzarono il proprio primo ‘urrah’ fragoroso a New York e Parigi rispettivamente. E con questi, salvo errori ed omissioni, abbiamo chiuso il cerchio degli ‘slammers’ under 20 dell’ultimo mezzo secolo (a mero titolo di curiosità, notiamo che superarono di poco il traguardo altri pezzi da 90 come Mc Enroe e Djokovic, mentre sua maestà Roger dovette attendere quasi il 22esimo compleanno prima di piangere commosso sull’erba di Church Road).

Bene, ora che abbiamo dato un po’ di numeri, cerchiamo di capire perché da un bel pezzo non si vedono teen-ager prevalere negli appuntamenti che contano. Cominciamo col dire che, da una 15ina d’anni a questa parte, ci son stati tre bei tipi (+ uno) a prendersi pressoché per intero la scena, cominciando presto a sparigliare le carte e con tutte le intenzioni, anche adesso che è passato tanto tempo, di non lasciar spazio ai nuovi venuti: contingenza eccezionale, d’accordo, ma forse non estranea all’ipotesi che testè lanceremo. La quale è la seguente: da quando la scienza è entrata prepotentemente in questo sport (sotto forma di una serie di figure quali psicologi, nutrizionisti, preparatori etc. etc.) il gap dell’età si è prepotentemente ridotto, nel senso che un ultratrentenne che fa le cose per bene mette sotto facilmente un ragazzo, il quale rispetto a lui non ha: 1) l’esperienza, il saper gestire grazie ad essa le varie situazioni che si presentano; 2) l’equilibrio della maturità, la cosiddetta ‘testa’, che per ciascuno può arrivare – e molto con l’ausilio degli strizzacervelli- quando è il momento (Berrettini), tardi (Fognini), mai (Gulbis, Dolgopolov e tanti altri di puro talento: vorrei metterci pure Kyrgios, ma diamogli ancora qualche tempo…). Una volta, insomma, un non ancora 20enne particolarmente (già) centrato poteva trovare avversari illustri sì, ma magari non atleticamente a posto ed esuberanti come lui, o non pienamente focalizzati sul tennis -in preda di distrazioni varie, per intendersi-, ed ecco che ci scappava la sorpresa.

Anche adesso ci sono bimbi in gamba, come no (Auger-Aliassime, Shapovalov, lo stesso Sinner), ma si trovano dinanzi gente che non ha nulla da invidiar loro quanto a prestanza atletica, con in più però gli ‘atout’ di cui s’è detto: e soccombono alla lunga, non riuscendo mai a giungere sino in fondo agli appuntamenti che contano. Per farla breve: quando la disciplina della racchetta era, come dire, più istintiva, poteva accadere quel che in effetti poi è accaduto sovente; ora che l’approccio è decisamente meno empirico, anzi proprio scientifico, il boy deve aspettare prima di mettere sotto il ‘vecchio’, maturando quelle armi che quello possiede e lui non ancora. E se poi hai la sventura di vivere nell’epoca dei 3 tenori, che raramente steccano… addio! Sì, non è più uno sport per giovani, diremo allora forzando un po’ il concetto…
Ma chiudiamo con un accenno all’altra metà del cielo, dato che ci siamo occupati solo dei maschietti: la tendenza è più o meno simile, ma non possiamo dimenticare che le 3 record-woman (nell’ordine Hingis, Seles, Sharapova) guadagnarono tutte il loro primo Major più ‘bambine’ di Chang. Non c’è niente da fare dannazione, le donne sono sempre avanti…

Di Renato Borrelli

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