0 a Maria Kirilenko, Anastasia Pavlyuchenkova ed Elena Vesnina, che hanno preferito Sofia a Cagliari. Sono stati presi a pesci in faccia dalle avversarie, la Kirilenko si è subito infortunata, la Vesnina ha rincorso invano la qualificazione alla semifinale, la Pav nella semifinale non si è mai neanche avvicinata. Posti guadagnati in classifica WTA zero. Fossero andate a Cagliari due punti contro l’ombra della Vinci erano sicuri. Che il dubbio divori le loro notti.
1 ad Alessandro Fabretti, Rita Grande e Laura Golarsa. Ci dispiace che le reti televisive per cui paghiamo il canone non diano molto tennis fino a quando non ascoltiamo gli strafalcioni e le esagerazioni patriottiche dei due che sproloquiano senza vergogna. Il punto più basso resterà Fabretti che dopo il primo scambio di Errani-Kleybanova si lamentava con Tarpischev non capendo perché nel primo giorno gli avesse preferito Panova. Il fatto che non giocasse sulla terra da tre anni e stesse per prendere una robusta stesa gli era ignoto. La Golarsa è stata tempestata da proteste sui social per il suo criticare ogni fiato di Re Roger. Si vede che di Tommasi-Clerici o anche Galeazzi-Panatta non c’è più lo stampo.
2 a Kimiko Date-Krumm. La nonna del circuito è uscita al primo turno nel torneo di fine anno di Nanchino, dove era testa di serie n.1, facendo una brutta figura contro la qualificata cinese Duan che potrebbe essere sua figlia. Forse non è ancora tempo di ritirarsi ma sicuramente di ricaricare le batterie.
3 a Benoit Paire, stella nascente del tennis francese. Eliminato in fretta a Parigi-Bercy invece che con la propria recente incapacità se l’è presa con le proteste dei tifosi. Gli stessi che incitava al Roland Garros.
4 al pubblico di Cagliari. Numeroso, vivace, tenace, tutto quello che volete. Ma dire out mentre la tennista sta servendo, urlando durante gli scambi, dire “Sara mandala a scuola” verso avversarie che hanno appena lottato contro il cancro, non aiuta a giudicarli benevolmente. E’ il fatto che ciò accade perché con una sola eccezione non ci sono più tornei di livello nel nostro paese è un’aggravante più che una giustificazione.
5 ad Ana Ivanovic. Una stagione senza vittorie conclusa dai due sprechi di Linz e Sofia. Gioca benissimo uno scambio, male il game successivo. Se avesse voglia di rafforzare la sua mentalità potrebbe essere lei l’Halep del 2014. O essere solo sostenuta da chi è stregato dalla sua onustà.
6 a Binaghi, presidente FIT. Ha vinto un’altra Fed Cup. Ha guadagnato punti in Sardegna sua terra d’origine. Ha avuto fortuna: Stati Uniti e Russia senza le migliori, Kvitova in preda alle allergie. Già la prossima settimana settimana, quando l’ATP sceglierà a chi affidare il minislam tra lui e Tiriac, sapremo se i crediti verso la buona sorte sono andati in default.
7 ad Alexandra Panova. La numero 136 del mondo ha vissuto il giorno più importante della sua vita. E lo ha vissuto in trance agonistica arrivando quattro volte a un passo dal risultato più importante della sua vita. Onore ai vinti.
8 a David Ferrer. Finalmente vincente contro il fratello maggiore Nadal, poi ha combattuto senza la stessa foga agonistica contro Djokovic. Un punto in meno per le critiche all’ATP perché lo fa riaffrontare Rafa già martedì: sono due connazionali in un girone da quattro. Quando pensava che si sarebbero potuti scontrare?
9 a Victoria Duval. 18 anni a fine mese, statunitense nativa di Haiti, ha vinto a Toronto il primo torneo da 50.000 dollari della sua vita. Una grande speranza di cui sentiremo presto parlare.
9 e mezzo a Novak Djokovic. Ha tenuto in vita la possibilità di ritornare n.1 giocando un torneo ai limiti (ha sofferto con la novità Herbert, questa settimana ad Ortisei, ha perso un set con Isner e uno con Federer) della perfezione e sembra il favorito per Londra. Da quando è diventato n.2 sembra rinato.
10 a Simona Halep. La nuova n.11 al sesto successo della stagione è una meravigliosa storia di tenacia, rinunce, rivincite e amore per il gioco. E ha ancora sei mesi per arrivare ai vertici assoluti. Chissà dov’è la Romania in Fed Cup.