Paura del fallimento o paura del successo?

A chi di noi, bravi o meno bravi, non è capitato che tremasse il braccio sul 5 pari al tie-break del terzo set mentre ci accingevamo a servire la seconda di servizio? Credo un po’ a tutti noi. Si tratta di paura del fallimento (“Fear of Failure”, ad es. Sagar, Lavallee, 2010) o di paura del successo?
Analizzando i due concetti appaiono due facce della stessa medaglia: quando ci avviciniamo alla meta, tanto ambita, della chiusura di una partita, la nostra mente viene pervasa (a volte) da pensieri come “e se perdo questo game, e l’avversario mi recupera?”, “sono così vicino, mi mancano 2 punti” ecc., e la nostra mente è ancora più attaccata da questi pensieri se per caso eravamo vicini al traguardo ma poi il nostro avversario ci recupera e torniamo sulla parità, o peggio, andiamo sotto nel punteggio. Qui i pensieri si rivolgono sempre al passato, “ero a 2 punti dal match, potevo fare meglio quel dritto, potevo rischiare di più, o potevo rischiare di meno”.
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In questi casi, a prescindere dalla bravura dell’avversario nel recuperare il punteggio, si può parlare più di paura del fallimento o paura del successo? Da un punto di vista si può dire che si ha paura di vincere, ma allo stesso tempo non è anche la paura di perdere un match che pensavamo di essere riusciti a vincere? Entrambe le alternative sembrano valide, in linea di massima è la nostra personalità che ci guida: una persona più sicura di sé sarà più pronta a chiudere match e a non farsi bloccare dalla paura di perdere (o vincere). Alcuni atleti però riportano che è proprio la paura di fallire che li porta ad allenarsi di più, con conseguenti risultati migliori.

Non si può quindi analizzare la “fear of failure” se non come costrutto multidimensionale in cui concorrono fattori personali, familiari, sociali (ad es. Conroy, Willow, Metzler, 2002). Personali perché noi, inconsciamente (ma anche consciamente) ci mettiamo delle pressioni addosso, vogliamo raggiungere il traguardo che ci siamo prefissati, vogliamo raggiungerlo nel miglior modo possibile. Familiari poiché, per esempio, nei casi di bambini o ragazzi, i genitori possono mettere una pressione (anch’essa inconsapevole o consapevole) sul giovane atleta affinché raggiunga i risultati che ci si aspettano. I genitori sono responsabili dell’introduzione dei propri figli all’attività sportiva (Edwardson, Gorely, 2010), nella maggior parte dei casi garantiscono il trasporto e l’accesso, nonché il supporto economico ed emotivo (Durand-Bush, Salmela, Thompson, 2004). Sociali in quanto, per esempio, nei casi dei professionisti, il pubblico, i fans, si aspettano sempre il meglio da lui o da lei.

A proposito di questo ultimo aspetto non sono rarissimi i casi in cui tennisti vengono bloccati dalla paura del fallimento o dalla paura del successo. Nel caso di atleti con grandi aspettative sulle loro spalle direi che è più giusto parlare di paura del fallimento: dopo grandi risultati ci si aspetta che questa/o atleta si ripeta, e anche nel breve termine. Il caso più eclatante ed evidente dell’ultimo anno è quello della canadese Eugenie Bouchard, che dopo un 2014 con i fiocchi, non ha saputo ripetersi, anzi, è scesa in un baratro da cui sarà difficile per lei rialzarsi. Nel caso di atleti, invece, che ruotano nella top 10 da anni, ma che non fanno il salto di qualità, è più corretto parlare di paura del successo.
Monte Carlo Tennis Master-1
Il caso principe di questo aspetto non può essere che quello di Thomas Berdych e in misura minore di Jo Wilfred Tsonga; giocatori che sono solidissimi nell’arrivare nella fasi finali dei tornei, ma che pochissime volte hanno alzato al cielo trofei che contassero veramente. Da ricerche (Conroy, Willow, Metzler, 2002) è emerso che la paura del fallimento e la paura del successo non sono correlati (nel senso che l’avere alta o bassa l’una non coincide con un’alta o bassa l’altra), per cui questo potrebbe avvalorare la tesi che siano espressione di aspetti diversi della personalità. Uno degli aspetti che è stato dimostrato essere correlato alla paura del fallimento è il perfezionismo (intendendo con questo standard personali, preoccupazione di sbagliare, percezione delle pressione del coach e dei genitori) nell’atleta (Sagar & Stoeber, 2009).

Come ribadito più volte, sono quindi diversi gli aspetti che concorrono a creare in noi quella paura di fallire e non esistono “ricette vincenti” per vincerla. Quello che posso consigliarvi è di non mettervi troppa pressione in primo luogo voi stessi, di lasciare un po’ da parte il perfezionismo (così frequente nelle partite di tennis quando non ci perdoniamo nessun errore) e di pensare positivo, quest’ultimo importantissimo nei momenti cruciali della partita. Per riprendere l’esempio iniziale, quando vi trovate sul 5 pari al tie break del terzo set e vi accingete a servire, come già altri prima di me hanno suggerito, cercate di scacciare il pensiero del doppio fallo con una profonda inspirazione dal naso e una espirazione dalla bocca con conseguente introduzione di un pensiero positivo circa un ace o di un servizio vincente.

Questo non assicura che non commetterete un errore ma può sicuramente aiutarvi a gestire meglio “l’ansia da punto importante” e perché no, a vincere il match.

Riferimenti: Conroy, D. E., Willow, J. P, & Metzler, J. N. (2002). Multidimensional Fear of Failure Measurement: The Performance Failure Appraisal Inventory. Journal of Applied Sport Psychology, 14(2), pp. 76-90. Durand-Bush, N., Salmela, J. H., & Thompson, K. A. (2004). Le rôle joué par les parents dans le développement et le maintien de la performance athlétique experte. STAPS, 64, pp. 15-38. Edwardson, C. L., & Gorely, T. (2010). Activity-Related Parenting Practices and Children’s Objectively Measured Physical Activity. Pediatric Exercise Science, 22(1), pp. 105–113. Sagar, S. S., Lavallee, D. & Spray, C. M. (2009). Coping with the effect of fear of failure: a preliminary investigation of young elite athletes. Journal of Clinical Sport Psychology, 1, pp. 1-27. Sagar, S. S., & Stoeber, J. (2009). Perfectionism, fear of failure, and affective responses to success and failure: The central role of fear of experiencing shame and embarrassment. Journal of Sport & Exercise Psychology, 31(5), pp. 602-627.

Di ALESSIO BALDACCI

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