Tra poco meno di un anno celebreremo l’inizio della 31ima edizione dei giochi olimpici estivi. Tra le varie specialità comparirà, come d’abitudine, anche il tennis. Una presenza che oggi diamo per scontata. In passato però il tennis non era visto di buon occhio dal comitato olimpico, tanto da ostracizzarne la permanenza tra le discipline olimpiche per ben undici edizioni.
Rapporto quanto mai controverso quello tra tennis e Olimpiadi, se pensiamo che in origine fu uno dei primi nove sport a far parte dell’edizione inaugurale dei giochi, tenutisi ad Atene nel 1896.
Fu la terra battuta a battezzare l’esordio del tennis nei giochi dell’era moderna, l’avreste mai detto?
Quando le Olimpiadi furono nuovamente ospitate dalla Grecia, nel 2004, la terra ormai era stata soppiantata dal cemento, superficie imperante nel circuito professionistico.
Questa tendenza verrà confermata anche nei prossimi giochi di Rio de Janiero. Nonostante il radicato culto della nazione brasiliana per i campi in terra battuta, alla fine ha prevalso il cemento.
L’ultima edizione delle Olimpiadi in cui si è optato per il rosso è quella di Barcellona del 1992. Tra gli incontri più memorabili di quella rassegna olimpica una menzione d’onore va assegnata alla finale per la medaglia d’oro, quella che vide contrapporsi l’idolo di casa, Jordi Arrese, e lo svizzero Marc Rosset. Al termine della finale più lunga dei giochi olimpici fu Rosset a conquistare il prestigioso alloro, a conclusione di cinque ore di incessanti emozioni (7-6 6-4 3-6 4-6 8-6 il risultato finale).
Quella di Barcellona fu un’edizione memorabile non solo per l’avvincente atto conclusivo e l’impareggiabile atmosfera presente sugli spalti catalani. La rassegna del 1992 fu l’ultima in cui tutti gli incontri, a partire dal primo turno, vennero disputati al meglio dei cinque set.
Gli altri vincitori di quell’indimenticabile edizione furono: Jennifer Capriati nel singolare femminile, nel doppio maschile prevalsero Boris Becker e Michael Stich, in quello femminile Mary Joe Fernandez e Gigi Fernandez (nessun grado di parentela tra le due, nonostante l’omonimia).
Ricordare quelle due settimane di tennis olimpico sul rosso non può che provocare un moto di nostalgia, per il progressivo allontanamento dalle tradizioni ristabilitosi, almeno in parte, solo nel corso dell’ultima edizione londinese. Niente a che vedere con Atene prima e con Rio de Janeiro ora, ove ci si è arresi all’egemonia delle superfici rapide.
In molti sostengono che il cemento sia il terreno di competizione più democratico, perchè permette ai giocatori di uniformare i propri valori tecnici. La realtà è che al giorno d’oggi i tennisti sanno adattarsi a qualsiasi tipo di terreno. Il tennis è uno sport composto da diverse superfici, ed è così che dovrebbe essere interpretato da chi ha il potere decisionale.
Fonte: Punto de Break