Un anno fa, di questi tempi, Eugenie Bouchard navigava a vista attorno alla posizione 60 del ranking. In tanti già la definivano una promessa. “Prossima top ten”, “Ha davvero talento”, “Attenzione alla Bouchard: esplode da un momento all’altro”. Il suo nome era già ricorrente. E sì, bisogna ammetterlo, non solamente per doti tecniche/agonistiche. Tutti pregustavano una nuova sventola bionda ai piani alti della classifica.
E lei, come un falco rapace, ha colto da lontano il profumo delle aspettative, ripagandole tutte. E in un men che non si dica. Bye bye alla Muguruza, alla Giorgi, alla Keys, “io devo andare, non ho tempo da perdere” sembra aver pensato la Bouchard.
Il 2014 si apre con la semifinale all’Australian Open. Batte ai quarti Ana Ivanovic per poi arrendersi a Na Li. Male a Doha, Dubai, Acapulco e Miami, meglio a Charleston e a Indian Wells (battuta da Petkovic e Halep).
Si presenta all’appuntamento del Roland Garros dopo il trionfo a Norimberga (non un tabellone proibitivo, a dire il vero) e due primi turni a Madrid e Roma. Come per magia, la favola Bouchard continua: annichilita la Kerber, vittoria sofferta con la Navarro e sconfitta (in lotta) con l’idolo Sharapova.
Si passa all’erba. Nel torneo di S.Hertogenbosch la Bouchard conferma quanto fatto post Australian Open: sconfitta prematura al primo turno. Ma a Wimbledon, come per incanto, la canadese vola in finale, la sua prima in terra inglese. Batte in serie Hantuchova, Soler-Espinosa, Petkovic, Cornet, Kerber e Halep. L’emozione, amplificata da una stratosferica Kvitova, la frega un po’ in finale. Ma fino a quella finale Eugenie ha avuto la solita faccia versione 2014 negli Slam: occhi felini, sicurezza assassina. Lampi da fuoriclasse. “Non sono sorpresa da quanta strada ho fatto in così poco tempo, però sono molto orgogliosa. Ci sono aspettative molto alte, tanta pressione, ma mi devo abituare perché è un processo inevitabile”.
Per la cronaca, dopo Wimbledon ha disputato i tornei di Montreal, Cincinnati e New Haven. Una sola vittoria, con la Jovanovski. Pare ci siano le premesse, insomma, per rivederla al top nell’imminente Slam. Con una Robson in meno a fare il tifo per lei: “Un’amicizia bellissima durata 10 anni ma ormai finita. Una vera amica gioisce per i successi dell’altra, per lei non è stato così“. E un nuovo Sharapova-Kirilenko fu.