Negli ultimi mesi si è aperto un dibattito sulla possibilità di poter introdurre una nuova regola che consentirebbe alle future mamme, giocatrici di tennis, di conservare il proprio ranking durante la gravidanza e i primissimi mesi di assestamento, prima di essere in grado di rientrare a competere con una condizione fisico-atletica accettabile. La questione è stata posta poco dopo il ritorno di Serena Williams, lo scorso marzo a Indian Wells. La 23 volte campionessa Slam ha dovuto prendere, in tutto, un anno di riposo per portare a termine la gravidanza e curarsi di sua figlia. Durante quel periodo è praticamente precipitata in classifica, passando dal numero uno al 491. A Serena era stata concessa, oltre alla Wild Card, la testa di serie già a Wimbledon grazie all’organizzazione del torneo che, dopo le prime titubanze, le aveva conferito la posizione numero 25 ai danni della slovacca Dominika Cibulkova, che non aveva accettato di buon grado la decisione dei vertici di Church Road dichiarandolo, tra l’altro, apertamente. Adesso anche gli US Open hanno optato per questa direzione, sebbene la realtà risulti ora molto diversa, in quanto Serena, grazie alla finale giocata proprio a Wimbledon, è risalita fino alla posizione numero 26 e di fatto non necessita di nessun aiuto, in quanto già inclusa tra le prime 32 teste di serie. Gli organizzatori dell’ultimo slam stagionale, in virtù del suo curriculum, indubbiamente impeccabile, e del numero di titoli vinti sull’Arthur Ashe (6, a pari merito con un’altra leggenda del Tennis del calibro di Chris Evert) hanno deciso di innalzare, per l’occasione, il suo ranking alla posizione numero diciassette, appena dopo sua sorella Venus. Questo balzo le consentirà di non incontrare una delle prime otto giocatrici entro il terzo turno ma, sorteggi alla mano, è possibile che se la debba vedere proprio con la sorella maggiore. Questa decisione ha scatenato la reazione di numerosi volti famosi legati al Tennis. Uno di questi è Brad Gilbert, il vecchio coach di Andre Agassi, che ha criticato duramente la WTA, senza porsi il minimo problema di dire pane al pane e vino al vino. “E’ incredibile quello che la WTA sta facendo con Serena. Mi viene da pensare che siano uno scherzo i continui favoritismi che stanno concedendo alla Williams. I vertici dovrebbero vergognarsi per le azioni che stanno compiendo ultimamente. Gli infortuni, per esempio, sono differenti e non prevedibili, rispetto alla scelta di non giocare per maternità. Serena ha voluto rientrare in attività dopo tre mesi dal parto, ma poi ha preferito allungare di altri due per prendersi cura della figlia” -ha detto Gilbert nelle osservazioni rilasciate per il New York Post- “Una situazione del genere è molto diversa dal non giocare gli Slam a causa di un infortunio; in quel caso, che tu lo voglia o meno, sei obbligato a fermarti. Ma stare lontano dai campi per così tanto tempo perché hai avuto un bambino, per poi avere questo trattamento di favore, sinceramente non lo capisco. E non capisco perché la WTA non stabilisca una differenza, o una regola più chiara, tra l’essere infortunati e l’essere in pausa per maternità. E’ una vicenda, questa, che ha davvero bisogno di essere valutata molto meglio, in modo che certe situazioni ambigue non accadano nuovamente” -ha concluso Gilbert che, durante lo slam americano, sarà impegnato come commentatore e opinionista.
Negli ultimi mesi sono stati in molti a parlare della possibilità di utilizzare il ranking protetto per questioni legate alla maternità; Simona Halep, Darren Cahill, Andy Murray e James Blake, per citarne alcuni, si sono mostrati favorevoli a questa norma, mentre Brad Gilbert si è detto totalmente contrario. Per quanto riguarda chi scrive, è chiaro che essendo donna non può non ritenere che la maternità faccia parte della vita e che, contrariamente a ciò che asserisce Gilbert, può essere un evento inaspettato e non programmato. Ma di fatto, una tennista che sceglie di diventare madre deve comunque essere aiutata e tutelata, quindi ben vengano le Wild Card illimitate affinché la giocatrice in questione non venga penalizzata dalla fortuna di essere diventata madre, ma supportata dal sistema che non deve farle credere di aver commesso un errore, che nella vita c’è sempre tempo o, ancor peggio, che chi è causa del suo male deve piangere se stesso. Ma nulla di tutto ciò, fortunatamente, è accaduto a Serena Williams che ha sempre ottenuto tutte le Wild Card necessarie per accedere direttamente ai tabelloni principali, dei tornei a cui ha preso parte prima dello slam londinese. A Wimbledon poteva essere comprensibile includerla tra le teste di serie, in quanto pluricampionessa ricoprente la posizione 128 della classifica mondiale. Ma ora la realtà è totalmente diversa, in quanto Serena oggi è stabile al numero 26 e gode quindi di un ranking adeguato per non necessitare di alcun favoritismo. Perché è vero che la maternità è un fatto importante e da non sottovalutare, ma non bisogna tralasciare che le altre colleghe, nel frattempo, hanno giocato e lottato per arrivare là dove sono e che aiutare lei significa, necessariamente, penalizzare qualcun’altra che comunque, nel frattempo, ha semplicemente continuato a fare il suo. A questo proposito viene da pensare al caso Azarenka che, sebbene molto meno titolata di lei, non ha ottenuto nulla di più di una Wild Card per alcuni tornei, dovendo anche affrontare un momento di vita difficilissimo come la lotta per la custodia del figlio, vicenda in alcune occasioni trascurata dagli stessi vertici WTA, nonché dalle colleghe di racchetta. Quindi, sebbene le parole di Brad Gilbert suonino come forti ed esagerate, la richiesta di mettere nero su bianco un regolamento che possa disciplinare in maniera chiara e scevra di interventi discrezionali la procedura da seguire in caso di maternità non è sbagliata, soprattutto in segno di rispetto per ogni giocatrice che si accosta, volontariamente o involontariamente (questo non interessa), alla maternità e per evitare che si possano verificare dei favoritismi per una e delle penalizzazioni per un’altra. Indubbiamente la materia non è facile da trattare, ma proprio per il riguardo che ogni singola tennista merita una sintesi va elaborata. Basarsi sui numeri o sulla quantità dei tornei vinti per decretare cosa una professionista meriti o non meriti non può bastare, perché giustamente chi gioca e combatte sul campo lo fa con le armi che ha a disposizione e con la passione che porta ogni atleta ad allenarsi e battersi per un titolo (vedi il caso Buzarnescu). Perciò un decalogo di regole, considerando che il momento del ritiro si procrastina sempre di più grazie anche alla maggiore longevità degli sportivi, appare come necessario e doveroso, oltre che civile. Stilare un codice di riferimento a cui, ogni organizzatore, dovrà fare riferimento è il modo migliore per tutelare le atlete e lo stesso circuito da spiacevoli malintesi e polemiche al vetriolo. Il momento storico che stiamo vivendo ci insegna come i favoritismi non siano graditi in tutte i settori e uno sport come il Tennis che finalmente, dopo decenni, è riuscito a sdoganarsi dalla posizione elitaria che ricopriva e ha avvicinato, negli ultimi anni, migliaia di giovani alla racchetta, non può rifiutarsi di procedere in questa direzione.
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Ha ragione da vendere
Enrico Corbinelli
Ma quella balenottera quando smette di giocare?
Presto…..molti presto.e la finiranno con la pagliacciata del parti del messia.
Ma penso ancora due anni fino alle olimpiadi
Andrea Orizzonte comunque non è una questione di” fisico” e non mi sembra carino limitarsi ad offendere l’aspetto estetico che nulla ha a che fare con questa decisione piuttosto discutibile
Pura’ verita.
Concordo con quanto asserito da Gilbert…questi favoritismi non fanno bene allo sport.D altronde con le altre tenniste non sono stati così magnanimi…ma Serena riempie gli stadi quindi alla fine credo che sia una scelta economica…business e basta!!!
Grande Brad
Concordo pienamente è davvero una decisione imbarazzante
Concordo!!!