Ormai la seconda settimana di uno Slam sta diventando una piacevole abitudine che non dobbiamo dare per scontata. Bravo Jannik ad arrivare fin qui, bravo ad arrivarci da favorito, con tutte le insidie che questo comporta. L’underdog Ivashka ha già steso Querrey e Musetti ma soprattutto il polacco Hubert Hurkacz, che sul veloce è sempre un brutto cliente. Fin qui per Sinner qualche sbavatura ma la vittoria in rimonta su Brandon Nakashima è sembrata convincente: la vista sui quarti di finale è oggettivamente mozzafiato ed è ghiotta l’occasione per conquistare la top eight anche qui a New York (meta già raggiunta al Roland Garros 2020 e quest’anno a Melbourne e a Wimbledon).
È una notte un po’ speciale, si respira l’aria delle grandi occasioni, vista anche l’eliminazione sorprendente di Nadal e se vogliamo anche quella precedente del campione in carica e numero uno Medvedev che presidiava l’altra metà del tabellone. Nessuno vuole perdersi l’opportunità, ma ora è meglio mettersi il paraocchi e pensare un quindici per volta.
Jannik è padrone degli scambi da fondo e capitalizza all’istante con il break nel secondo game, ma restituisce la cortesia subito dopo, grazie anche a un’inopinata sequenza di doppi falli. Dopo il passo falso, l’altoatesino alza il volume e strappa il match per chiudere 6-1.
Il secondo set parte in fotocopia, con Jannik si prende subito il break ma si fa rimontare (con quattro doppi falli in un game). Il gioco successivo è una lotta lunghissima in cui Sinner aggredisce il servizio di Ilya neanche stesse assediando Fort Apache. Il bielorusso resiste come può alle sportellate violentissime del nativo di San Candido ma alla fine è costretto a capitolare (curiosamente fin qui non ha mai tenuto il servizio). Poi Jannik, in vantaggio 4-3, incappa in un blackout fatto di stecche e doppi falli che vale il 4-4. Adesso è Ivashka a incalzare, come un predatore che ha sentito l’odore del sangue. È un momento difficile per Jannik, che tra gratuiti e servizi poco efficaci permette al suo avversario di giungere a set point sul 6-5. Qui la tensione si fa sentire, il bielorusso mette in rete un dritto banale mentre Jannik alterna errori evitabili e attimi sublimi come la smorzata con cui si porta in vantaggio e la combinazione servizio rovescio con cui annulla il secondo set point. Alla terza occasione, Ivashka conquista il punto del 7-5.
Superato lo shock, Jannik riprende a macinare gioco; con un tennis più vario e con un gran rovescio fa un primo break e sfiora più volte il secondo. Ora anche il bielorusso accumula doppi falli a raffica e alla fine il secondo break arriva davvero (5-2). Jannik non se lo fa ripetere e chiude il set (6-2) giusto prima che Ivashka chieda l’intervento del fisioterapista.
Il quarto set è un saliscendi in cui Jannik va sotto 3-1, poi impatta e si procura tre palle break senza trasformarle, infine capitola da 40-15: si andrà al quinto, con un bel peso sullo stomaco.
Nel momento della paura Jannik tira fuori le unghie, punisce il calo di tensione di Ivashka e con un dritto poderoso in risposta gli strappa il servizio. Ma la prima non vuole entrare e Ilya ne approfitta a sua volta: 1-1. Ora Jannik gioca un dritto incrociato in corsa da applausi e si procura un’altra chance ma il bielorusso annulla con il serve and volley. Il servizio funziona sempre meno e Ivashka pare implacabile: 3-1 con vista sul baratro. Di cuore e di nervi Jannik si porta 15-40, poi si avventa come un falco in picchiata sulla palla corta dell’avversario e con un passantino incrociato impatta il conto dei break (3-2). È come una salutare scossa elettrica e con l’aiuto di qualche prima in campo la rimonta si completa (3-3). New balls, please. Ivashka comincia con un doppio fallo e un ace, poi omaggia con un paio di gratuiti e sono altre due palle break, profumatissime: Jannik sfrutta bene l’ennesima seconda, orchestra lo scambio e finisce con una smorzata che lascia l’altro piantato sul posto. Il 4-3 è accompagnato da un ruggito. Ivashka si scioglie e Sinner ringrazia per due regali in mezzo alla rete poi colpisce in proprio per il 5-3. Adesso, come d’incanto, esce il punto del match, come un coniglio dal cilindro: Jannik recupera a perdifiato su un pallonetto velenoso e, spalle alla rete, lo scaglia dove Ilya può solo guardare. È un segno; tutto crolla e Jannik va a chiudere in carrozza: game, set, match. Match complicato, figlio anche di una serata decisamente storta, che permette di completare la collezione di quarti negli Slam (il più giovane a farlo dopo Djokovic). Per fare un altro passo serve un’altra prestazione (e soprattutto serve il servizio – il 46% di prime in campo con 14 doppi falli non si possono vedere), però il finale in crescendo e la capacità di gestire le difficoltà fanno ben sperare. La fatica traspare dal suo sorriso tirato a fine gara: ma è una grande impresa, non dimentichiamolo – ultimamente ci stanno viziando, perciò pretendiamo sempre di più. Due italiani nei quarti di uno Slam non ci capitavano dal 1973: era Parigi e quei ragazzi si chiamavano Adriano Panatta e Paolo Bertolucci.
Domani la sfida con Alcaraz (che ha superato Cilic al quinto set), già un classico che non ha bisogno di presentazioni.