Scesa alla posizione numero 77 del ranking, la campionessa del Roland Garros 2017, Jelena Ostapenko, è alla ancora alla ricerca di nuove certezze. Il crollo è iniziato dopo la semifinale dello scorso anno a Wimbledon. Da lì in poi un solo quarto di finale raggiunto, quest’anno a Birmingham. Nel mezzo tre sconfitte consecutive all’esordio nei Grand Slam. Con il terzo turno raggiunto a New York, la lettone ha eguagliato il risultato del 2018, dicendosi soddisfatta e nuovamente fiduciosa nei propri mezzi. La questione rimane tuttavia enormemente delicata: i due successi contro Aleksandra Krunic e Alison Riske fanno certamente morale, ma la straordinaria potenza dei colpi delle 22enne, che spesso ha cozzato con l’eccessiva ricerca degli ultimi centimetri di campo, non permette di fare solidi ragionamenti per il futuro. E questo, anche guardando ai numeri delle sue due vittorie, probabilmente lo sa anche Ostapenko stessa.
LUCIDITÀ E TENUTA MENTALE – “So che quando gioco, contro la maggior parte delle mie avversarie tutto dipende da me, so che il mio gioco è tutto o niente, ma mi sento bene, pronta a recuperare la fiducia”, ha parlato così Ostapenko dopo la vittoria contro Alison Riske, che la lancia al terzo turno dello Us Open, dove lo scorso anno la fermò Maria Sharapova. Parole decise, forse anche eccessive, che rispecchiano ciò che l’ha portata prima sull’Olimpo, e poi all’inferno. Una personalità spiccata e una lucida consapevolezza, che marcano però un sottilissimo confine tra il successo ed il fallimento, tra la padronanza delle proprie qualità e il peso delle aspettative che in campo la schiaccia da più di un anno. Le qualità ci sono, sia chiaro. Ma come lei stessa dice, sono i margini nel gioco a mancare. Una situazione in cui spesso si trovano tutti quei giocatori o quelle giocatrici che fanno affidamento sulla potenza del proprio braccio. Una condizione in cui è difficile trovare una affidabile e duratura via d’uscita senza snaturare il proprio gioco, per evitare il rischio di non divertirsi più. Quando si vive sui due estremi, tra i vincenti e gli errori non forzati, la differenza può farla solo la testa, che rilassa il corpo e rende più semplice e leggero l’impatto con la palla. E lo Us Open, da questo punto di vista, è certamente cominciato nel migliore dei modi per Jelena Ostapenko, capace di superare prima Aleksandra Krunic, e poi la numero 36 Wta, Alison Riske. Due partite colme di difficoltà, determinate dall’avversaria o dalle proprie paure, superate con coraggio dalla tennista di Riga. Il match più convincente è indubbiamente arrivato all’esordio, con Krunic costretta ad arrendersi per 6-3 7-6(7). Nel primo parziale si è mostrata solidissima Ostapenko, producendo un saldo positivo tra vincenti ed errori. Con l’intensità che lei cerca, però, il calo è sempre dietro l’angolo. E proprio per questo motivo Krunic, seppur in balia della propria avversaria, è potuta rimanere aggrappata al match. Una battaglia di nervi nel secondo parziale, e da qui viene l’iniezione di fiducia di Ostapenko, chiusasi al tie-break dopo ben otto break nei dodici game di servizio. Un’ora e 33 di gioco da cui uscire col sorriso per la lettone, che dopo aver servito per il match sul 6-5 ha dovuto annullare anche due set point nel finale. Più semplice nel punteggio invece, ma ugualmente travagliato nell’andamento, il match di secondo turno. Il 6-4 6-3 ad Alison Riske è maturato infatti in maniera speculare. Un set più duro, il primo, con sette break in dieci giochi, e uno ben controllato, il secondo.
UN CAMMINO ANCORA DURISSIMO – Le dichiarazioni ostentano quanto meno lucidità. Lo score dei primi due turni denota una certa, oseremmo dire ritrovata, tenacia, per Ostapenko. Ma ci sono ancora luci e ombre. Si è scelto un titolo che lascia aperto qualche spiraglio di luce per la numero 77 del mondo a New York. Ma la verità è che la strada sembra ancora lunga e poco chiara. Il servizio nei primi quattro set del torneo ha regalato solo quattro ace al fronte di 29 doppi falli, influenzando quindi in maniera disastrosa il rendimento sulla seconda. Lascia leggermente più tranquilli la prima di servizio, con il 62% in campo nel primo match e solo il 47% contro Riske, ma una realizzazione sempre superiore al 60%. Da fondo campo, invece, i 29 vincenti e 36 non forzati messi a referto contro Krunic sono cifre che la rendono una delle tenniste più temibili. Perché nei vincenti, manca la quantità di errori provocati, di certo non banale quando si parla di una tennista così potente. Il saldo, nel secondo turno, è tornato però ad essere più preoccupante, 28 vincenti e 53 gratuiti, riaccendendo un legittimo scetticismo sulle possibilità di rinascita già a Flushing Meadows per la ex Top-10. Perché non è tutto oro quel luccica, e nell’analisi dei due match portati a casa bisogna tenere d’occhio anche i numeri delle due avversarie. Ed in effetti, Ostapenko, più costante come detto a livello psicologico, ha usufruito anche di due versioni piuttosto scadenti di Aleksandra Krunic e Alison Riske. Per la serba, in 93 minuti di gioco, solamente cinque vincenti e 14 errori. Ma l’americana ha fatto anche peggio, con i suoi otto vincenti surclassati da ben 32 colpi che non hanno toccato il campo di Ostapenko. In media più di un errore e mezzo nei 19 game giocati. E l’incognita più grande per la numero 77 del mondo viene proprio da quanto sopra. Col suo gioco da tutto o niente, e un servizio ancora troppo altalenante, cosa accadrebbe contro un’avversaria meno fallosa? Potrebbe non bastare la forza d’animo per rimanere a galla. Fa piacere ritrovare una ragazza volenterosa ed estremamente dotata, ancora nel fiore dei suoi anni, al terzo turno di un Major. D’altronde non si arriva tra le più forti al mondo per caso. Ma per parlare di rinascita ci vogliono ulteriori dimostrazioni, in un percorso da valutare match dopo match. E sulla strada ora l’occasione è obiettivamente ghiotta. Perché questa sera Ostapenko scenderà in campo da favorita contro un’altra americana, Kristie Ahn, per un posto negli ottavi di finale. Anche la classifica e l’esperienza sono dalla parte della campionessa di Parigi. Un’avversaria 27enne, ma ferma 141esima posizione mondiale e per la prima volta in un terzo turno di un Grande Slam. La prova, tuttavia, potrebbe già essere indicativa sul reale stato di forma della Ostapenko, che affronta una Ahn ben più in palla e regolare rispetto alle due precedenti. La tennista nata proprio a New York, ha infatti raggiunto il risultato più prestigioso in carriera superando molto facilmente due colleghe in fiducia, quali Svetlana Kuznetsova e Anna Kalinskaya, che aveva spezzato i sogni della campionessa 2017 a New York, Sloane Stephens. La regolarità di Ahn nelle uscite precedenti è evidente. Mettendole insieme si ottengono 45 colpi vincenti e “solamente” 53 non forzati. Per Ahn inoltre, sei palle break annullate sulle nove concesse, contrariamente alle 30 concesse da Ostapenko. Il segreto, per quest’ultima, potrebbe essere proprio quello di entrare in campo senza guardare le statistiche. sensazioni positive del percorso iniziale a New York. Il campo darà il verdetto, ma a lungo termine Jelena Ostapenko dovrà fare tesoro delle prime due vittorie.