La Cabala, anzi la Qabbala per essere precisi, era l’antica e misteriosa arte di dedurre la verità delle sacre scritture attraverso le arcane combinazioni numerologiche che l’Antico Testamento offriva allo studio dei sapienti teologi e dei filosofi più esperti. Con il consueto coraggio che contraddistingue le nostre analisi e avvalendoci di qualche numero, proviamo oggi a dare una lettura di quello che può avvenire a New York, alla vigilia dell’ultimo Slam della stagione, per risolvere i parecchi interrogativi che attendono una risposta: Nole Djokovic riuscirà a chiudere i suoi 34 di grande slam?, Andy Murray proverà ad assaltare un altro slam sul cemento così tanto amato?, Rafael Nadal risorgerà dalle sue ceneri?, Marin Cilic sarà in grado di riconfermarsi?, ma soprattutto i maggiori dubbi aleggiano su Roger Federer. Cosa saprà fare lo svizzero, la leggenda di questo sport, l’eleganza impersonificata? Tutti lo attendono al varco dello US Open, dopo Cincinnati e la sua vittoria che ha stupito tutti, forse anche lo stesso autore.
Abbiamo detto Qabbala. E già all’indomani della vittoria su Djokovic a Cincinnati da questa tribuna abbiamo scritto che la rivoluzione tattica e tecnica che Federer è stato in grado di proporre nel suo gioco rappresenta il fattore che potrebbe segnare a suo favore il torneo di New York. Certo, però l’incognita maggiore sta nei numeri, altrimenti che Qabbala faremmo? Ed eccoli allora: 34, gli anni del campione elvetico che incidono pesantemente, i 3 set su 5, i 7 match da giocare per arrivare ad incontrare il n. 1 del mondo, il giocatore che indubbiamente negli ultimi 3 anni sta dominando la scena del tennis mondiale. Eh già, perché analizzando il tabellone non ci pare di vedere molti ostacoli sulla strada del serbo: un secondo turno contro Pospisil e un terzo eventuale con Seppi (o più probabilmente contro quel cavallo folle di Gabashvili, visto lo scarso feeling dell’Alto-atesino con il cemento di New York) sono bazzecole per Nole, così come il quarto eventuale (parecchio eventuale) contro Nadal. La semifinale contro Nishikori. Suvvia, davvero poca roba.
Medesima vicenda per lo svizzero, atteso da Berdych o dal qualche incognita davvero sorprendente come Kokkinakis o più probabilmente Isner. Insomma, niente di cui allarmarsi fino alla semifinale, vero ostacolo “taglia-gambe” contro Andy Murray. E quindi sembrerebbe una questione a 3 giocatori, visto che su Stan Wawrinka non possiamo dire molto, se non che il suo “genio” può accendersi in qualsiasi momento del torneo, o non accendersi per nulla.
E se così stanno le cose, sulla carta, l’incognita rappresentata dalla lunga distanza potrebbe essere quella da calcolare, in una dovuta (e temuta) proporzione con l’età di Ruggero. Nelle ultime 7 partite disputate tra Federer e Djokovic ben 5 sono andate verso la Serbia. Ma c’è un fattore, ovvero la superficie: a Shangai, a Dubai e a Cincinnati, dove il fondo era particolarmente veloce, ha vinto lo svizzero. Il board newyorkese ha però scelto un cemento meno viscido di quello dell’Ohio. Allargando il campo dell’analisi e poi stringendolo brutalmente, scopriamo che dal 2011 ad oggi le sfide (sia al meglio dei 3 che al meglio dei 5 set) tra i due campioni presentano un bilancio di 15-7 per Djokovic, ma limitando il campo al 2014-15, lo score è quasi in parità, 6-5 sempre per il serbo.
Cosa significa tutta questa numerologia? Che Nole è chiaramente favorito, ma se gli astri cabalistici si vorranno allineare sulle montagne svizzere, consentendo a Federer di non spendere molto e di trovarsi pronto a giocare il suo speed-tennis, fatto di discese al limite del kamikaze a rete, di servizi illeggibili e risposte anticipate, la previsione potrebbe ribaltarsi, portando Federer a conquistare l’US Open numero 6, riprendendo quel discorso interrotto nel 2009 quando Juan Martin Del Potro gli negò una vittoria che pareva già celebrata.
Buona Qabbala a tutti.