US Open, le dichiarazioni post match dei finalisti. Djokovic: “ho sempre creduto in me stesso”

La finale degli US Open ha rispettato il pronostico: il campione serbo ha vinto il 14° slam e raggiunto la leggenda Pete Sampras. Del Potro, dopo un ottimo torneo, si è mostrato deluso "per le troppe chances fallite". Il tennis ammette un solo vincitore, ma l'abbraccio ripetuto tra i due conferma che stanotte lo sport (quello vero) ha trionfato su tutto.

Si spengono le luci sull’Arthur Ashe, ma non i ricordi di uno slam ricco di sorprese, ritiri, bagels e upset inaspettati, condito da un clima rovente che ha condizionato e non poco l’andamento dell’ultimo major stagionale. Novak Djokovic ha vinto il titolo, dopo due settimane di tennis in crescita. Partito in modo altalenante contro Marton Fucsovics, ha piano piano innalzato il livello del suo tennis e, trascinato da un tabellone oggettivamente non irresistibile, ha messo a segno un colpaccio grandioso, sfruttando appieno la chance di eguagliare il numero di slam di Pete Sampras, diventare il terzo giocatore più forte di tutti i tempi, equiparando il numero di finali giocate a New York proprio da Pistol Pete e Ivan Lendl, raggiungere la quota di 3 titoli a Flushing Meadows pareggiando il conto (almeno su quel piano) con Rafa Nadal, rientrare in top 3 e firmare una pesantissima cambiale da favorito per tutta la futura stagione indoor, la specialità nella quale il Djoker ha davvero pochi rivali. Nole, dopo la vittoria, è apparso felicissimo ed emozionato; occhi lucidi, sguardo fiero e un sorriso gioioso, hanno caratterizzato la premiazione e, poco dopo, la conferenza tenuta ai microfoni della sala stampa.

Novak Djokovic, Campione US Open 2018
Novak Djokovic, Campione US Open 2018

Se a Febbraio, quando mi sono operato al gomito, mi avessero detto che dopo l’intervento avrei vinto Wimbledon, Cincinnati e gli US Open sarebbe stato difficile da credere. Ma allo stesso tempo c’era una parte di me che ha sempre pensato che una volta sistemato il problema sarei tornato molto velocemente a giocare ai miei soliti livelli. Onestamente me l’aspettavo. Però ci sono voluti tre, quattro mesi. In quel periodo ho appreso molto di me stesso, imparando ad essere paziente, aspetto che non mi è mai riuscito benissimo. La vita mi ha insegnato che ogni situazione richiede il suo tempo. Aver raggiunto i 14 titoli Slam di Pete Sampras è un sogno che si avvera. Lui è una delle leggende di questo sport ed è stato il mio idolo d’infanzia. Il mio primissimo contatto con il tennis è stato quando ho visto alla TV uno dei suoi primi successi a Wimbledon, il primo o il secondo. È ciò che mi ha ispirato a giocare a tennis, quindi oggi essere spalla a spalla con lui ha un grande significato per me. Sono cresciuto augurandomi di poter essere un giorno come lui e ottenere i suoi stessi risultati. Dieci anni fa avrei detto di non essere contento di far parte di un’era che comprende anche Federer e Nadal, mentre ora lo sono, veramente. La rivalità con loro mi ha reso il giocatore che sono oggi. Ho un enorme rispetto per ciò che hanno ottenuto in campo, ma anche per il loro esempio fuori. Credo che, a vicenda, ci siamo spinti tutti al limite, ogni volta che abbiamo giocato uno contro l’altro. All’inizio contro di loro perdevo la gran parte dei match importanti, ma grazie a quelle sfide ho capito come migliorare il mio gioco, per poter iniziare a vincere più spesso“. Ti ha infastidito il tifo, talvolta molto chiassoso, del pubblico argentino? “Il mio soprannome è Nole, quindi quando il pubblico incitava Del Potro cantando ‘ole, ole, ole, ole’, io sentivo solo Nole. Non mento, mi sono auto convinto che stessero invocando il mio nome e quello il mio cervello sentiva. In ogni caso sono stati molto rispettosi. Credo abbiano dato vita ad una grande atmosfera, soprattutto nel secondo set, che è stato il più equilibrato. Anche io avevo tanti tifosi e tutto lo stadio è stato molto coinvolto nella partita. Quando il tetto è chiuso, credetemi, il rumore diventa davvero ampio. Serve tanto impegno per restare concentrati e non lasciarsi distrarre dall’ambiente. Sono fiero di esserci riuscito“.

Novak da oggi ricoprirà la terza posizione mondiale a quota 6445 punti, ma la seconda nella race to London. La classifica ATP lo vede distaccare Roger Federer di soli 455 punti e portarsi a meno 2315 da Rafa Nadal. Considerato lo stato di forma del belgradese e il fatto che il maiorchino resterà fermo per un mese a causa dell’infortunio al tendine della rotula destra (accusato nella semifinale contro Del Potro), non è difficile immaginare che questo margine verrà ulteriormente ridotto e Djokovic chiuderà l’anno come minimo da numero 2 del mondo, con ampie possibilità di raggiungere la vetta qualora Nadal non riuscisse a recuperare la forma in occasione della stagione indoor.

Juan Martin Del Potro è uno di quei campioni che non si possono non apprezzare. Fuori dai giochi per due anni (2014 e 2015), caduto in una sorta di depressione a causa dell’assenza forzata dai campi da tennis, non ha mai smesso di lottare e ha combattuto giorno dopo giorno per tornare ad essere competitivo e guadagnarsi la scena alla pari dei tre grandi avversari di sempre. L’argentino ha perso, ma comunque ha giocato bene durante tutta la stagione, vincendo i tornei di Acapulco e Indian Wells e raggiungendo traguardi importanti in tutti gli slam, escluso Melbourne. Fermato solo da Nadal e Djokovic, il sudamericano ha saputo ritrovare il suo tennis, quello fatto di potenza e accelerazioni di dritto e di rovescio, la fiducia in se stesso e la stima del pubblico che sa perfettamente che, senza tutti quegli infortuni, oggi la storia sarebbe differente. E’ deluso Palito, perché sa che nel secondo set ha avuto delle chances importanti che non è riuscito a sfruttare, ma allo stesso tempo guarda al futuro con grande positività e ottimismo e riconosce all’avversario il merito di aver sgretolato la sua tattica di gioco.

Palito e Nole durante la premiazione
Palito e Nole durante la premiazione

Non ero stanco. Nole ha solo migliorato il suo gioco da metà secondo set fino alla fine della partita. Ha meritato di vincere oggi, perché ha fatto la differenza”. Amareggiato ma non troppo, la Torre di Tandil è comunque soddisfatto della sua prestazione: “Penso di aver giocato davvero bene i primi due set, ma alla fine, quello che ha fatto la differenza e stato lui, il numero 1 al mondo in ribattuta. Se con lui non giochi al meglio, è davvero difficile da battere. Ci sono molte cose che devo ancora migliorare per sconfiggere i più forti: la voleè per esempio, ma anche il servizio. Ho avuto l’opportunità di vincere quest’oggi, quando ho recuperato un break di svantaggio nel secondo set e vinto tre giochi di fila,  ma non ho servito bene come ieri o come il primo parziale, questo perché Nole rispondeva veramente alla grande. Non penso di aver commesso troppi doppi falli; è stato lui a fare la differenza, è stato bravo sul serio. Ha meritato di vincere ma io ho comunque giocato davvero bene. Il mio grande obiettivo resta quello di essere competitivo in tutti i tornei del Grande Slam assieme a Federer, Djokovic, Nadal e Murray“. Programmi per il futuro? “Mi sento molto bene e il mio polso ha risposto come doveva. In queste due settimane ho giocato tanti incontri, ma non sento alcun dolore e il mio rovescio bimane mi lascia ottime sensazioni. Continuerò a giocare a tennis ancora per qualche anno. Non saprei dire quando la mia carriera potrebbe finire, ma mi emoziona l’idea di poter continuare a sorprendere ancora me stesso con risultati come questo. Sono motivato dal fatto di provare di nuovo a vincere i tornei del Grande Slam. Nonostante la sconfitta mi sono goduto comunque la partita e la premiazione. La cosa peggiore è non essere riuscito a concretizzare le opportunità che ho avuto, ma quando vedi un amico alzare al cielo il trofeo va comunque bene. Sono contento che il campione sia Novak, se lo merita. Io tornerò il prossimo anno per provare a vincere di nuovo il trofeo, nel mio torneo preferito“.

Dopo 9 anni dall’ultima finale slam, essere riuscito a raggiungerne un’altra, in seguito all’odissea trascorsa col polso infortunato, non è una cosa da poco per Del Potro, se si esamina la situazione passo passo. L’argentino, quest’anno, ha dimostrato a tutti gli effetti di essere un giocatore eccezionale, dotato di grande solidità e una voglia di vivere e vincere che lo rende un avversario di indiscutibile valore per temperamento, correttezza e professionalità. Nello sport, soprattutto nel tennis, non esiste il pareggio e il campo ha decretato un vincitore che, a conti fatti, era il più forte e quello con maggiori soluzioni e risorse per vincere. Ma l’abbraccio finale tra i due, così come il fatto che prima della premiazione Djokovic sia andato ad abbracciare ancora una volta e a consolare il suo avversario, nonché amico, ha dimostrato che lo sport può essere uno spettacolo bellissimo se viene vissuto nella giusta maniera da ambedue le parti. Dopo una finale femminile molto controversa ieri l’Arthr Ashe si è riscattato da un alone di tristezza, e con la sua luce blu soffusa ha riacceso la gioia negli spettatori che, contenti o delusi per l’esito finale, si ricorderanno soprattutto di due grandi uomini, oltre che di due immensi campioni.

Delpo e Nole

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  1. La capacità di condividere le fatiche, per arrivare alla vittoria, rispettando la dignità dello sconfitto, con la signorilità di chi sa essere campione d’esempio non solo di sport, è la grande eredità da trasmettere alle popolazioni, attraverso la nobiltà degli atleti.

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