In molti, nel preludio di questa finale, hanno visto questa sfida come l’epitaffio del Re, come se dal risultato dovesse dipendere la decisione su quale dei due sfidanti fosse il più grande del tennis. Non è stata solo una questione di sport questa finale, composta dallo scontro tra due atleti, fatta di numeri, fondamentali e strategia, ma di una sfida che ha avuto sin da subito le tinte gravi dell’epica, del pàthos greco, di una gara olimpica che avrebbe deciso chi avrebbe goduto di una solenne gloria imperitura. “Mi sento triste – dice lo svizzero ai cronisti – forse anche arrabbiato. Non riesco a credere di aver mancato una possibilità così grande”, il sogno ad un passo, inseguito con il tennis sublime di sempre: “ero sotto di un break e l’ho rimontata nel quinto, poi un punto ha cambiato tutto. Decidete voi quale dei due match point”. Per parlare di che match è stato per via scritta bisognerebbe parlare di numeri, svuotando l’incontro da tutte le palle finite fuori di un centimetro, i contropiede dal timing perfetto, la coriacea resistenza nel non voler mollare neanche un punto. E i numeri parlano di 26 ace a 10 a favore dello svizzero, 218 punti vinti contro 204, 36 giochi vinti contro 32, ma che alla storia verrà consegnato assegnato il titolo al serbo, che ha vinto quando serviva, dove serviva, rimanendo implacabile nel conseguimento dell’unico obiettivo che avrebbe considerato accettabile: il 5° titolo Wimbledon. In conferenza stampa Federer sanguina delusione, consapevole che occasioni simili non capiteranno spesso, pur continuando a guardare aventi: “sappiamo tutti quanto forte sia Novak, quanto lo sia stato per tanti anni, ogni vittoria in più aumenta la sua grandezza. Per riprendermi da una sconfitta così, beh, è come quando sei un break avanti, servi per il match, non va ma prosegui lo stesso. Non si può rimanere depressi dopo un match così, bisogna avere la mentalità di andare aventi ed essere contenti del proprio livello”. Un livello del quale è consapevole anche Nole: “ Sono stato ad un solo colpo dalla sconfitta e Roger serviva benissimo. Ho provato a giocare il match prima di entrare in campo, di immaginarmi vincitore, penso mi abbia aiutato”. La stanchezza del n.1 è percepibile e spiega il motivo del modo compassato di festeggiare la vittoria: ”non ho celebrato molto alla fine della partita perchè è stato soprattutto un enorme sollievo, ma questi successi sono quelli che danno un senso ad ogni minuto speso in campo ad allenarsi”. Allenamenti che hanno fornito a Nole una mentalità inossidabile e un gioco di risposta che nei punti cruciali si eleva a un muro insormontabile: “mentalmente è stato il match più duro della mia carriera, – commenta Novak – più duro di quello contro Nadal in Australia. Quello più fisico, questo più mentale”. L’allenamento mentale è stato infatti la chiave per la vittoria, che lo ha aiutato a vincere non solo contro Federer ma anche contro il pubblico:“ ci sono energie che non derivano solo dal tuo corpo, ma anche dalla tua mente e dalla tua essenza. Per me è sempre una lotta interiore, oggi ho cercato di chiudere fuori di me tutto ciò che mi succedeva intorno. Il coraggio deriva dalla visualizzazione che si può fare prima. Ho provato a costruirmi uno scenario in cui potevo essere il vincente. Sapevo come sarebbe stato l’ambiente e come avrebbe reagito il pubblico: avere gli spettatori dalla tua parte aiuta, ma se non è così devi trovare il modo di superare la difficoltà. Quando la folla gridava “Roger” io sentivo “Novak”. E’ allenamento mentale. E poi Roger e Novak sono simili”. Il 5 volte campione di Wimbledon poi ha uno sguardo verso il futuro: “ Roger e Rafa sono il motivo per cui gioco ancora, mi motivano a provare a fare quello che hanno fatto loro. Non so se ci riuscirò ma è il mio scopo. Intendevo esattamente quello che ho detto in campo, che Roger mi ispira vedendo quello che fa a quella età. Potrei immaginarmi a 37 anni, se mi divertirò e amerò ancora farlo. Non ho più obblighi verso il tennis, lo faccio per me e magari fra 5 anni ci troveremo ancora in questa sala”. Ad inizio incontro, chi si sbilanciava nei soliti pronostici, ha detto che Federer sarebbe stato sfavorito negli scambi più lunghi, mentre li ha vinti tutti quanti. Ha detto che più sarebbe durato il match più Roger sarebbe calato, quando è arrivato al tie – break del quinto set nella finale più lunga di sempre (la prima ad andare oltre il 6-6 al quinto dal 2009 e la prima in cui si tocca il 12-12). Roger Federer ha vinto su tutti i pronostici di chi lo dava spacciato fin dall’inizio, ma ha perso contro qualcuno in grado di vincere contro la logica dei numeri e la bellezza lancinante del suo tennis. E quel qualcuno si chiama Novak Djokovic.