Per le credenziali con le quali si erano presentate a Wimbledon, le tenniste statunitensi avrebbero potuto fare molto meglio. Invece la spedizione a stelle e strisce è stata un flop: una sola giocatrice agli ottavi di finale. Lei, Serena Williams, che nonostante una condizione atletica ancora lontana da quella ottimale non ha ceduto un set in tre partite. Ieri Serena con la vittoria su Kiki Mladenovic ha reso meno amara un’altra giornata campale per le americane che, con Venus Williams e Madison Keys, hanno perso altri due pezzi da novanta al terzo turno Le altre? Sloane Stephens ha salutato immediatamente il torneo. A farle compagnia Coco Vandeweghe. Sulle giocatrici di punta e di quanto da loro fosse lecito attendersi o meno, ci soffermeremo nei prossimi paragrafi.
AI BLOCCHI DI PARTENZA – Oltre a Serena, due top 10: Sloane Stephens (numero 4 del mondo) e Venus Williams, 9 Wta e finalista lo scorso anno. Una quasi top 10, Madison Keys, undicesima, staccata di appena 9 punti dalla decima posizione presidiata da Angelique Kerber. La sempre più in crisi Coco Vandeweghe (16 Wta), che da tempo ha manifestato l’ambizione di arrivare fino in fondo nel terzo Slam dell’anno. Seguita da Pat Cash, dodici mesi fa Coco era sulla carta lanciatissima verso le semifinali. Salvo poi giocare un match horror contro Magdalena Rybarikova e chiudere l’avventura londinense ai quarti. Alcune giovani di belle speranze ma ancora acerbe e avulse dal pianeta erba, come Danielle Collins, Bernarda Pera, Sofia Kenin e Claire Liu. Dalle più inesperte ragazze non c’era tanto da aspettarsi e, se Collins e Pera sono uscite immediatamente, meglio hanno fatto le altre due. Al secondo turno ci sono arrivate e la diciottenne Liu si è anche tolta la sodisfazione di portare Angelique Kerber al terzo set. Una corazzata (in main draw, tra le altre, Alison Riske, Taylor Townsend, Sachia Vickery) che, risultati alla mano, ha ottenuto quanto il malconcio tennis femminile italiano. La sola Camila Giorgi avevamo in tabellone e con Camila i colori azzurri sono approdati tra le “magnifiche sedici” e superato la prima settimana.
SERENA – Iniziare da Serena è d’obbligo. Ottavi centrati senza cedere un set. Gli spostamenti laterali in velocità e lo scatto in avanti, non sono e non possono essere attualmente quelli delle stagioni scorse. La minore delle sorelle Williams ha però i valori aggiunti: personalità, esperienza e grinta. Vince dettando le condizioni del gioco. Tatticamente, Serena è ben consapevole di dover servire e rispondere bene, far punto fin dai colpi di inizio scambio, avanzare se si è ben aperta il campo e chiudere senza troppi convenevoli. Poi, sfruttare ogni indecisione delle avversarie e con il cinismo della campionessa quale è. Schemi che fin qua ha applicato alla perfezione. Emblematico il modo in cui ieri Kiki Mladenovic si è fatta travolgere da Serena e dalla tensione. La francese, nel primo parziale, quando ha dovuto fronteggiare un set point si è consegnata con un doppio fallo. Serena Williams, chirurgica, nel tie-break del secondo set, con un ace si è procurata il match point e con un ace, immediatamente dopo ha messo la parola fine all’incontro. E’ troppo presto per proclamarla campionessa di Wimbledon 2018. Le condizioni atletiche sono una variabile fondamentale. Serena Williams deve comandare le operazioni e non trascinarle per le lunghe. Troverà sempre sul suo cammino avversarie che glielo permetteranno? Non è detto.
VENUS – Che il 2017 (finale agli Australian Open e a Wimbledon, semifinale agli Us Open, finale alle Wta Finals) fosse irripetibile era scontato. Lo scatto, i riflessi e il guizzo felino a rete non sono più quelli di una volta. E nemmeno quelli di un anno fa. La Venere Nera già nella scorsa stagione ha fatto cose straordinarie perché determinazione, classe e forte presenza in campo hanno un peso specifico capace di annichilire psicologicamente le avversarie. I Major consentono di recuperare energie grazie alla giornata di riposo, ma il calo fisiologico di Venus Williams è stato evidente fin dagli Australian Open. Nonostante sia una specialista della superficie, con 5 titoli a Wimbledon su 7 trofei dello Slam vinti in carriera, Venus non ha convinto nei primi due turni. I set lasciati per strada nei match contro Johanna Larsson e Alexandra Dulgheru sono stati un serio campanello d’allarme che, puntualmente, hanno confermato le impressioni tutt’altro che positive quando ieri l’asticella si è sollevata con una avversaria insidiosa come Kiki Bertens.
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SLOANE STEPHENS E MADISON KEYS – Legate da una grande amicizia, Sloane Stephens e Madison Keys vanno in simbiosi anche con le prestazioni sportive. Discontinue, giocano a sprazzi non solo all’interno di un singolo match. Le pause delle due tenniste possono durare mesi ed è così che si spiega come talvolta non conoscano le mezze misure. O ingranano e arrivano fino in fondo, o escono prematuramente. E’ pur vero che Sloane Stephens non ha avuto un primo turno semplicissimo. Donna Vekic si esprime bene sull’erba. Ma i rimbalzi e le scivolate della superficie non sono un oggetto misterioso per la campionessa in carica a Flushing Meadows, che vanta i quarti di finale raggiunti a Wimbledon 2013 e la semifinale a Eastbourne nel 2015. E nemmeno per Madison Keys. Keys che, nel 2014, ha sollevato il trofeo di Eastbourne e nel 2016 quello di Birmingham. In mezzo, nel 2015, un quarto di finale a Wimbledon. Pessima battuta d’arresto, dunque, quella di ieri contro la qualificata russa Evgeniya Rodina. Anche perché la numero 11 del mondo era in vantaggio 5-2 nel primo set e si è ritrovata sotto 5-7, 0-4, prima di infilare una striscia di otto giochi a uno, in fin dei conti del tutto inutile. In conferenza stampa, Madison Keys ha anche dichiarato di aver rimuginato sul sorteggio, che agli ottavi le aveva riservato un possibile derby contro Serena Williams. Pensieri che l’avrebbero distratta e deconcentrata durante il match contro la Rodina.
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