Camila Giorgi è l’unica italiana che giocherà il tabellone principale del torneo di Wimbledon. Su centoventotto giocatrici. Non è un pezzo scritto per analizzare il momento di crisi ormai noto ed evidente del tennis femminile tricolore per il quale ora non è né tempo né luogo, ma piuttosto per capire quali possano essere le reali possibilità di Camila sull’erba (per il momento) verde dell’All England Lawn. Un vecchio proverbio Zen invitava a “fare con ciò che si ha”: se quello che abbiamo è molto o molto poco cercheremo di comprenderlo meglio nelle prossime righe.
Camila Giorgi è una tennista che ama giocare sull’erba molto di più di quanto possa sembrare dagli ultimi risultati. In questa stagione ha ben figurato sulla terra rossa (mi vengono in mente le due volte che ha servito per il match contro Stephens a Parigi e la rocambolesca semifinale di Praga), mentre sui prati ha infatti faticato (primo turno a Nottingham, qualificazioni a Birmingham, secondo turno a Eastbourne). “Il computer sa fare i conti, ma non capisce di tennis”, direbbe l’indimenticabile Rino Tommasi. I risultati, infatti, non devono ingannare: Camila non è improvvisamente diventata una giocatrice da terra battuta, è semplicemente migliorata su una superficie sulla quale in carriera aveva sempre trovato difficoltà. È evidente anche agli osservatori più distratti che si muova molto meglio sul verde, e soprattutto che il suo gioco si adatti decisamente di più ai campi veloci. Ecco, appunto, il suo gioco. In carriera le è stato spesso rimproverato di non variare mai, di avere un solo piano da applicare in tutte le partite, qualunque sia l’avversaria: tirare forte, giocare all’attacco, non usare colpi interlocutori e togliere il tempo all’avversaria. Quando nelle conferenze le si chiede come affronterà la prossima partita, è solita ripetere queste quattro parole, come un mantra: “Farò il mio gioco”. Quindi sì, è vero, la Giorgi ha sempre lo stesso modo di giocare a tennis, ed è lei stessa a confermarlo.
Attenzione, però: non è detto che sia un difetto. Esistono sono molte giocatrici che cercano di variare il loro gioco senza riuscirci, finendo per auto-perdere i match in cui vengono messe in difficoltà. Camila è una che sa mettere in difficoltà chiunque (lo conferma la notte quasi insonne di Sloane Stephens prima di affrontarla al Roland Garros, come ha dichiarato l’americana stessa), e Sevastova (l’avversaria di oggi) è una a cui piace parecchio disorientare la rivale cambiando spesso piano-gara, anche in corso d’opera. Non credo che la maceratese sia una facile da disorientare, anche perchè se la lettone decidesse di voler incidere di più sulla Camila-tennista che sul tennis di Camila avrebbe probabilmente perso in partenza: la “nostra” è una che sfida il gioco delle rivali, e non le rivali in quanto persone che giocano a tennis. La differenza è sottile ma sostanziale, perchè conseguentemente, così facendo, la Giorgi resta avulsa da qualsiasi tipo di lotta mentale o di atteggiamento con l’avversaria, risparmiando energie ma allo stesso tempo non restando coinvolta in nessun tipo di inerzia di gioco. L’italiana è capace di giocare un punto incredibile e di commettere un doppio fallo subito dopo, o di fare viceversa.
È noto che per giocare un tennis così dispendioso dal punto di vista del gioco in sè, Camila debba essere fisicamente sempre (o quasi) al 100%. Non so se tra poche ore, quando scenderà sul campo 8 del Tennis Club di Wimbledon, sarà al top della forma, e forse in questo momento non lo sa nemmeno lei. Quel che tutti sanno, però, è che se la Giorgi fosse al top della sua condizione fisica potrebbe sconfiggere chiunque, o quasi. E allora è bene che gli italiani sappiano che le speranze in Camila sono a mio avviso ben riposte, e che lo sarebbero anche se in tabellone ci fossero altre venti italiane. Perché in fondo, diciamocelo: come si fa a non sperare in una ragazza che nel 2012 (a vent’anni) arrivò agli ottavi in questo torneo partendo dalle qualificazioni?