Un’altra eliminazione che scotta per Andy Murray, che non riesce a dare continuità a quest’inizio di stagione. Gli unici acuti sono arrivati in tornei “minori”, con la finale a Doha, persa da un Djokovic altrettanto in crisi, e con il successo a Dubai su uno spento Verdasco, dopo aver rischiato grosso nel match con Kohlschreiber. Meriti che finora vengono però offuscati da due sconfitte pesanti, come quelle ottenute all’Australian Open per mano di Mischa Zverev e quella di pochi giorni fa ad Indian Wells, dove a sbarrargli la strada è stato un arrembante Vasek Pospisil. Spingiamoci però oltre la stagione corrente per analizzare i motivi di un dominio mai affermato da parte dell’attuale numero uno.
LA CONQUISTA DELLA VETTA – Appare lapalissiano affermare che finché i tre mostri sacri del tennis contemporaneo, vale a dire Federer, Nadal e Djokovic, fossero al 70% della condizione per Murray c’è stato sempre poco da fare. Parlano i numeri in supporto di questa tesi: 3 soli gli Slam vinti, a fronte dei 54 totali dei tre tennisti poc’anzi menzionati. Ma appena ne ha avuto l’occasione, leggasi post Roland Garros, Murray ha lavorato duro e con un successo dopo l’altro è riuscito a spodestare Djokovic dal vertice della classifica, con buona pace, oltre che del serbo, anche di Nadal e Federer, praticamente costretti ai box per buona parte della scorsa stagione. Il loro rientro in grande spolvero, forse, deve aver minato la serenità di Murray, che scende in campo meno cattivo ed efficace del solito, magari conscio di avere, ora, lui qualcosa da perdere. Per Murray, comunque, sembra quasi fisiologica una flessione dopo la scorsa mezza stagione a livelli altissimi. E forse è questo l’aspetto che più di altri lo differenzia dagli altri Fab Four: nel loro caso infatti il dominio è durato anni prima che qualcosa cominciasse ad andare storto.
DISTACCO ABISSALE – È indubbio che la stoffa del grande tennista non l’ha persa per le due sconfitte rimediate quest’anno e dalla sua parte ha ancora duemila punti di distanza da un tutt’altro che brillante Novak Djokovic, ora come ora non capace di impensierire troppo lo scozzese. Stendiamo, poi, un velo pietoso su ciò che segue nel ranking, con tennisti lontani anni luce (Wawrinka, numero 3, a quasi 7000 punti dalla vetta). Situazione, quella attuale, di stallo storico, con i primi due tennisti alle prese con risultati modesti e risentirne positivamente, forse, è proprio lo spettacolo e l’imprevedibilità dei tornei, anche se un po’ si sente la mancanza di un vero dominatore, figura sempre presente nell’ultimo decennio.
FAB FOUR? – L’inclusione di Andy Murray nel gruppo dei Fab Four è argomento di eterna discussione: troppo pochi, per alcuni, i tre Slam vinti, gli stessi di Wawrinka, del resto. Che lo si voglia o no è lui il numero uno, anche se sembra essere, almeno attualmente, più un titolo fine a sé stesso per quanto visto questa stagione, e che conta unicamente per il seeding dei main draw. Lo scozzese è, infatti, attualmente ottavo nella Race, ossia in quanto a punti accumulati dallo scorso primo gennaio. La svolta della sua classifica passerà per i prossimi due Slam, dove difende finale e titolo rispettivamente e dove potrà finalmente zittire tutti i suoi detrattori con prove maiuscole. Con assoluta certezza possiamo dire che non raggiungerà mai i numeri dei suoi rivali, ma se osservando il ranking scorgiamo ancora per primo il suo nome non ci sarà da meravigliarsi più di tanto, visto che è questo ciò che al momento passa il convento del tennis.