È il 14 febbraio 2020, mancano tre mesi e dieci giorni e Lleyton Hewitt ha reso noti i propri pronostici per il Roland Garros. Senza aver ancora visto una partita sulla terra battuta dei possibili favoriti. E allora perchè lui può farlo e io no? Probabilmente perchè ha vinto trenta titoli, di cui due tornei dello Slam ed è il più giovane giocatore ad essere diventato numero uno del mondo. L’australiano però non ha avuto molta fantasia. “Vincerà Nadal – ha spiegato – oppure Djokovic. Il terzo favorito è Dominic Thiem”. Grazie, Lleyton. Però da te ci aspettavamo una previsione degna del tuo palmarès: mi concederai che non c’è bisogno di trenta titoli per dire che il maiorchino è il favorito numero uno per il torneo di Parigi, dove non perde sul campo dal 2015…
Siete abituati a leggere i miei pronostici per i tornei dello Slam almeno dopo i primi giorni di gare, ma l’intervista rilasciata da Hewitt mi ha fatto sentire (immotivatamente) quasi chiamato in causa. E allora: è ovvio e normale che Nadal sia in pole position per il Roland Garros, in cui parte anche con un giro di vantaggio rispetto ai propri colleghi. Sarei un pazzo a scrivere diversamente. La seconda posizione, tuttavia, è secondo me occupata da due signori in coabitazione: il primo è l’indiscutibile Novak Djokovic, e il secondo è Dominic Thiem, che vedo almeno all’altezza del serbo nel prossimo Slam. Saranno i riflessi biondi o la fine della storia con la Mladenovic, ma l’austriaco nel 2020 è tornato ad essere il vero “The Dominator”. La finale persa al quinto agli Australian Open, dove non era mai andato oltre gli ottavi di finale, vale come una ventina di avvisi ai naviganti: mai come quest’anno nei tornei dello Slam c’è anche lui. Quello dedicato all’aviatore Roland, a guardar bene, è un torneo che gli sorride già da un paio di stagioni: due anni fa è arrivato in finale perdendo tre set a zero, nel 2017 ha perso tre parziali a uno sempre nell’atto conclusivo.
Mi perdoneranno Federer e i suoi seguaci, spero. Ma nella terza casella non vedo lui. Scorgo invece una chioma biondacea sorretta da un corpicino esile. Quello di Andrey Rublev. Il russo quest’anno sembra volersi rifiutare di perdere, e infatti è stato sconfitto una sola volta (contro Zverev), nonostante sia stato in diversi casi sull’orlo dell’eliminazione. Ha già vinto due tornei ed è in corsa per fare tre su quattro a Rotterdam, questa settimana. Se lo stato di forma e la condizione fisica al momento sono invidiabili, l’incognita più grande resta la superficie: l’unico acuto sulla terra battuta resta il torneo di Umago del 2017, in cui vinse partendo dalle qualificazioni. Negli ultimi anni Rublev ha giocato poco sul rosso, a causa degli infortuni che gli sono costati caro anche dal punto di vista psicologico. I suoi colpi piatti e veloci sono oggettivamente meno incisivi sulle superfici lente, ma l’evoluzione verso lo status di giocatore completo che sta avvenendo sotto la sapiente guida di Fernando Vicente passa soprattutto da qui.
Per ciò che concerne Roger, se ve lo state chiedendo, mi pare sia da considerare un gradino sotto al podio per quattro di cui sopra, alla stregua di Sascha Zverev. Al quinto posto invece siede Stan Wawrinka, il quale è sempre da tener presente. Soprattutto nei tornei dello Slam.