Lunedì il Bar Sport sarà abitato da un personaggio semi-nuovo: il tecnico di tennis. Nessuno dei classici avventori sa come si chiami: si palesa una volta ogni tanto, quando il tennis esce dalla propria nicchia e diventa popolare almeno quanto il calcio. Per quelli che si ricordano di lui è “il tecnico di tennis”, e nessuno ha mai osato avvicinarsi a chiedere il nome con cui è stato battezzato. O a nessuno, semplicemente, è mai interessato.
Il tecnico, che poi si pronuncerebbe tennico, si presenta al Bar Sport quando l’italiano del momento consegue un risultato importante e ci rimane per una settimana circa, fino a che le discussioni sul rigore non prenderanno di nuovo il sopravvento e quel che ha da dire il tecnico di tennis sarà meno importante del meteo in tv. Lunedì è la volta di Sinner.
Il tecnico di tennis si presenta al Bar alle 11, dopo che gli abituè han già fatto colazione, han già fumato sei nazionali e han già bevuto il primo bicchiere di bianco della casa. Indossa una fascetta di spugna e una polo bianca a maniche corte coi profili blu, i pantaloni son bermuda scuri. Non perchè abbia appena finito di giocare a tennis, ma per farsi riconoscere: l’ultima volta era comparso quando Fognini aveva vinto il Masters 1000 di Montecarlo (dove tra l’altro va spesso in vacanza e, proprio nel 2019, si era accorto che i campi del Country Club ben si adattavano alle potenzialità di Fabio). Entra al Bar destando l’attenzione dei due tavoli fuori: in uno si gioca a tresette, nell’altro si commentano le storie Instagram di sabato notte della figlia di Ruscio il macellaio. Dentro c’è un terzo tavolo in cui si gioca a tresette e si commentano le storie Instagram di sabato notte della figlia di Ruscio il macellaio. Il primo a riconoscerlo è Pasquale il barbiere: «Oh, ma quello non è mica il tennista?». Sguardi s’incontrano sulla manica sinistra della polo, prima di tornare sulle sudate carte. «Ma che te ne frega, gioca», risponde il ragionier Nizzi.
Il tecnico ordina un caffè al ginseng in tazza grande, lascia il piattino sul bancone e torna verso l’ingresso del bar. Fa un sorso di caffè, e dopo essersi assicurato di trovarsi in una posizione abbastanza centrale perchè entrambi i tavoli esterni lo sentano attacca:
«Ragazzi, ma l’avete visto Jannik?»
Gli astanti si guardano spaesati.
«Ma dai, Sinner, quello del Masters 1000 di Miami. Il futuro numero uno del mondo».
«Ah, il rosso?», risponde il Pozzi abbassandosi gli occhiali da vista rossi.
«Eh dai, diciamo che è più color buccia d’arancia, però sì, lui.»
«Ah, si. Forte.»
«Eh, ma quello vedrete, fa il Grande Slam. È il nostro Rod Laver.» Il Pozzi guarda il tecnico arcuando le sopracciglia, come a chiedersi: «Ma nostro di chi?».
Non ricevendo risposta, il tennico fa un altro sorso di caffè e continua: «Ma io già lo vedevo giocare al Challenger di Milano. Poi sono andato a vederlo anche a Como. Ha sempre perso alla prima partita eh, ma si vedeva che aveva i colpi. Una facilità di tennis incredibile. Però bisogna avere pazienza».
«Ma come – risponde allora Bovicelli, che pareva assorto a pensare ai balletti della figlia del Ruscio ma che intanto ascoltava – non hai detto che diventa il numero uno del mondo? Il nostro Rod Laver (pronunciandolo con l’accento sulla e)?».
«Ma certo, lo diventa. Ma mica domani. Ci vuole pazienza. Io quando giocavo a tennis con mio cugino ho avuto pazienza, e poi guardate dov’è arrivato. Il tennis è uno sport di pazienza.»
Nessuno dei presenti sapeva dove fosse arrivato il cugino del tecnico, e a nessuno importava nulla, ad onor del vero. Coerenti con loro stessi avrebbero voluto parlare di quel di cui avevan parlato anche la settimana scorsa e due settimane prima, non lasciandosi trasportare dal fiume delle mode del momento. Nessuno, e dico nessuno, al Bar Sport aveva mai avuto il coraggio d’entrare coi risvoltini.
Ecco che però il tecnico commette un errore. Un grave errore. Un errore tanto grave da precludergli la possibilità di esser credibile almeno per qualche inesperto non avvezzo alle questioni del Bar Sport. Nel silenzio generale, il tecnico prova l’ultima arma per destare interesse nella popolazione baristica. Il suo commento. Il commento tecnico.
«E poi, c’è da dire una cosa: Sinner supererà anche i tennisti degli anni ’70. Io ve lo sto dicendo già da ora, ma la gente comune capirà che questo può arrivare al numero uno del mondo solo dopo che avrà giocato centoventi, centocinquanta partite.»
Centoventi, centocinquanta partite. Centoventi, centocinquanta partite. Quelle parole restano nell’aria del Bar Sport il tempo di un tiro di nazionale. Poi, tutti si guardano. È bastata un’occhiata. Tutti hanno ben impressi quei numeri perchè son le sigarette che fumano in tre giorni. A testa. E tutti guardano “er club”. Pozzi allora si alza in piedi, posa le carte sul tavolo e si mette a sbraitare contro il tennico: «Ma allora, tu, per chi ci hai presi? Stai ripetendo quel che ha detto Bertolucci al Club sabato sera. Ma veramente credi di far scemi noi? Che guardiamo le repliche del Club tutti i giorni, di tutte le giornate, senza giacca compreso? Quella di sabato l’abbiamo già rivista tre volte. Ci rivediamo quando Molinari rivince un major. Tanto sempre tu sei, quello che per una settimana si presenta con le scarpe chiodate, no?».
Pietra tombale. Li aveva sottovalutati. La settimana dopo Molinari vincerà il Masters. Ma il tecnico si darà per malato.