Nell’Italia del tennis c’è vita oltre Fabio Fognini. Questo concetto sarà molto più chiaro ed evidente per molti a partire da oggi. Sarà felice, su tutti, Corrado Barazzutti, che dopo la sconfitta in Davis con la Francia, su domanda in merito di un collega, aveva detto che “probabilmente le generazioni successive a quella di Fabio non sono come quella di Fabio”. Lungi da me sostenere che attualmente c’è qualcuno nel Belpaese che può diventare più bravo di Fognini o tanto bravo quanto lui, ma almeno, ora la speranza è reale. Ieri Gianluigi Quinzi e Marco Cecchinato hanno vinto rispettivamente il Challenger di Francavilla e l’Atp 250 di Budapest. Poco importa che non fossero tornei di primissimo livello: ciò che davvero contava era che i ragazzi prendessero coscienza delle proprie potenzialità, fin ora troppo poco sfruttate.
Quinzi, con la carriera segnata forse più in negativo che in positivo da quel titolo a Wimbledon Juniores 2013, ha vinto il suo primo titolo Challenger in carriera. E chissà se l’ha in parte dedicato anche a tutti coloro che al termine delle NextGen Atp Finals lo hanno criticato quotidianamente in qualsiasi ambito del suo tennis. Programmazione, testa, coach, gioco: quando si parla del giocatore veneto, state certi che qualcuno che ha da obiettare su qualcosa c’è sempre. Il ventiduenne da fine 2017 è affiancato da coach Gorietti, col quale si è prefissato degli obiettivi sia dal punto di vista del gioco che da quello dei risultati. In un’intervista a inizio stagione, aveva detto: “Quest’anno inizierò con dei Futures, per poi passare ai Challenger e, spero, alle qualificazioni dei tornei Atp”. Da gennaio ad oggi, Gianluigi ha un bilancio di venti partite vinte e sei perse. Dopodomani giocherà il primo turno del Challenger di Ostrava, in Repubblica Ceca, per cercare di salire la classifica in modo da potersi giocare l’accesso al tabellone principale degli Us open, suo target dichiarato. E sì, più sopra avete letto bene, anche se sembra che se ne parli da un secolo, in realtà Quinzi ha solo ventidue anni.
La più bella sorpresa dell’inizio del 2018 risponde al nome di Marco Cecchinato. Per molti ora in “rampa di lancio”, in realtà già in volo da un bel po’. Gli ultimi acuti lo hanno portato sotto la luce dei riflettori, a partire dalla grande prestazione contro Raonic a Montecarlo fino al successo (da lucky looser) di ieri in Ungheria. Il “Ceck” ha un tennis aggressivo, coraggioso, un dritto profondo e penetrante e un rovescio a una mano luminoso. È assistito da Simone Vagnozzi, col quale ha un rapporto profondo che va oltre il rettangolo di gioco, grazie al quale Marco è migliorato sotto tutti i punti di vista: i due lavorano insieme dal 2016. Tra l’altro, il siciliano, proprio a Budapest ha battuto Andreas Seppi in semifinale. Il messaggio a Barazzutti non poteva essere più chiaro di così, e sinceramente, credo che se l’Italia fosse in semifinale di Coppa Davis, Cecchinato sarebbe uno dei convocati. Anche perchè da oggi è al numero 59 del ranking Atp (e trentaquattresimo nella race to London).
E poi c’è Lorenzo Sonego, torinese classe ’95 che quest’anno ha deciso di dare la svolta alla propria carriera: a inizio anno si è qualificato per il tabellone principale di Melbourne, in cui è stato fermato al secondo turno da Gasquet. Due settimane fa ha giocato le sfortunate qualificazioni al torneo del Principato di Monaco, in cui al primo turno ha trovato Garcia, che lo ha battuto in due set. Nove giorni fa si è presentato a Budapest, dove dopo essersi qualificato per il main draw ha preso la rivincita su Gasquet agli ottavi, cedendo solo al terzo set dei quarti contro Bedene. Oggi l’azzurro ha migliorato il suo best ranking, issandosi alla posizione numero 141 del mondo.
Insomma, in un weekend in cui il calcio, per vari motivi, ha preso il sopravvento nel nostro Paese, è l’Italia del tennis a richiamare l’attenzione dei dormienti. E se le premesse sono queste, c’è da stare svegli eccome anche per il resto della stagione.