L’Italia vince la Coppa Davis

Con la vittoria finale sui Paesi Bassi, l’Italia si laurea campione del mondo per la seconda volta di fila a Malaga.

Di Damiano Battiato

 

Fino a qualche anno fa appariva come un lontanissimo miraggio, 46 anni di totale oblio hanno accompagnato la storia del nostro tennis, adesso sembra ormai essere una certezza, l’Italia è per la terza volta la migliore squadra al mondo di tennis e l’espatrio dell’insalatiera lascia il tempo che trova visto che la nostra formidabile selezione ha guadagnato la vetta del mondo anche l’anno scorso, sempre a Malaga.

L’anno scorso era così insperata la vittoria, l’Italia non era di certo favorita, e se non fosse stato in primis per quei famosi tre match point annullati a Djokovic da Sinner non staremmo qui a parlare di tutto ciò, forse neanche della vittoria di quest’edizione in cui la selezione azzurra si è presentata come la squadra da battere.

Riassumendo brevemente il suo percorso, nel round robin disputato a settembre, per il suo girone a Bologna, ha fatto incetta in ordine cronologico di Brasile, Belgio e Paesi Bassi e in qualità di prima classificata è stata sorteggiata contro l’Argentina nella fase ad eliminazione diretta a Malaga di questo mese, seconda classificata del gruppo D; dopo un brivido iniziale dovuto alla sconfitta di Lorenzo Musetti contro Francisco Cerundolo, prima Jannik Sinner ripara i danni, poi la sua qualità e quella di Matteo Berrettini (che hanno sostituito Simone Bolelli e Andrea Vavassori) prevalgono all’esperienza dei veterani doppisti Gonzalez e Molteni; in semifinale la vittima è l’Australia, proprio come la finale dell’anno scorso battuta ancora una volta 2-0, prima grazie ad un Berrettini (preferito a Musetti dal capitano azzurro Filippo Volandri) che supera una durissima prova di forza, prima di tutto mentale dopo aver perso il primo set solamente al tie-break dopo tante occasioni mancate contro Thanasi Kokkinakis, poi Alex De Minaur gioca splendidamente, ma Sinner come il dio del tennis comanda contro la versione migliore del suo storico avversario sempre battuto.

Arriva il momento della finale, della verità, della prova del nove contro i Paesi Bassi, di certo non l’avversario più temibile (torneremo più avanti a fare delle considerazioni a riguardo): 10 sono i precedenti, tra cui i quarti di finale dell’anno scorso e il già menzionato incontro del round robin, recitano 9-1 per l’Italia, 4 sono i precedenti tra Matteo Berrettini e Botic Van de Zandschulp e altrettante sono le vittorie dell’italiano, 5 sono i precedenti tra Jannik Sinner e Tallon Griekspoor e altrettante sono le vittorie dell’azzurro.

Inizia dunque il primo dei due incontri in maniera un po’ noiosa, piatta, figlia sia di una fase di studio tra i due tennisti sia per imprecisioni tecniche che si fanno notare soprattutto da fondocampo che impediscono il prolungarsi di uno scambio; nel seguito lo stile di gioco dei due si evolve favorendo Berrettini, quello dei due che aggredisce di più, e la cosa gli dà ben ragione di guadagnare il primo break al nono game di fronte a un Van de Zandschulp che, senza successo, fa affidamento a preziosismi tecnici da ben oltre fondo campo; una volta addirittura il suo lob è perfetto, intendo solamente per scavalcare la rete: francamente non ho capito se volesse giocare una palla corta o per l’appunto un lob a scavalcare Berrettini, di fatto viene un misto fra le due cose e il punto è apparecchiato comodamente per l’azzurro, 5-4 per quest’ultimo.

Finale Coppa Davis, Berrettini è on fire: Van de Zandschulp si arrende.  Italia avanti - Tennis Fever

Diventa praticamente impossibile recuperare contro un avversario il cui turno a servizio rasenta la perfezione, poi il momento chiave in cui cambia definitivamente l’inerzia dell’incontro viene sull’1-1, quando paradossalmente Van de Zandschulp stava chiudendo sul 40-0 il suo turno a servizio: di tre volte che aggredisce a rete nel tentativo di portarsi a casa il game, altrettante volte fallisce non tenendo conto delle geometrie perfette che Berrettini sa trovare con i suoi infallibili passanti, alcune volte i suoi attacchi sono telefonati, altre volte è l’azzurro a dare spettacolo, poi il doppio fallo è il modo più triste di chiudere il game, 2-1 e vantaggio anche nel secondo set.

Da lì in poi l’incontro diventa a senso unico: chi cerca trova dicevano, ma il neerlandese disperatamente cerca una qualunque strategia in suo favore, l’unica cosa che trova è un Berrettini dominante sui piani tecnico e mentale, se poi parliamo di 16 ace totali per l’azzurro nell’incontro, un servizio che spesso raggiunge quota 210 chilometri orari e passa, 6-2 è solamente il proseguimento naturale del set, 1-0 Italia.

E’ il turno di Sinner che deve affrontare Griekspoor in una partita vinta sulla carta con un ampio margine visto quello a cui il campione ci ha abituato, ma così non è, serve bene ma sa replicare a specchio l’orange, con la sua elevata qualità tecnica e una partita superlativa al di sopra delle sue possibilità mette in difficoltà Sinner a tal punto da assicurarsi due palle break già solamente al terzo game, l’azzurro deve salvarsi con una complicata volèe di controbalzo, con un regalino del neerlandese di smorzata in back che si spegne a rete e con un ottimo rendimento a servizio.

Da un lato Sinner gioca bene tra le linee, esce splendidamente da pericolosi scambi diagonali che Griekspoor sa tenere come un vero top 10, dall’altro lato questi gode di buoni spunti in accelerazione, in proiezione offensiva e in pochi scambi il punto per lui è assicurato.

Italia-Olanda, aggiornamenti e risultati della finale della Coppa Davis  2024 con Sinner, Berrettini e Musetti - Eurosport

E’ dunque una situazione molto combattuta, paritaria fino al tie-break, notizia veramente clamorosa se si considera che Sinner non giocava un tie-break da oltre un mese, dalla finale di esibizione del six kings slam contro Carlos Alcaraz: neanche un incontro giocato oltre le aspettative e al di sopra delle righe basta a Griekspoor se i suoi errori semplicemente esistono, sono sottigliezze tecniche di poco fuori misura, ma ancora di più fatali in un momento tanto delicato come quello del tredicesimo game di un set; la sua diagonale di rovescio a due mani è troppo laterale e pretenziosa per far fare il tergicristalli a Sinner su uno scambio nato dopo il suo servizio, poi servono le prodezze all’azzurro per uscire dai restanti scambi, così guadagna due mini break e si porta sul 7-2 dunque sull’1-0.

Tralasciando i primi tre game e il quarto, l’unico giocato male da Sinner di forse tutte le partite giocate nell’ultimo mese, l’incontro ha una storia totamente diversa: la tenuta fisica di Griekspoor fa giacomo giacomo, comincia a vedersi la differenza tra un numero uno e un numero 40 al mondo, al prestigio di una volèe con racchetta passata dietro le gambe ed un passante fulmineo che supera Sinner proiettato a rete seguono errori dovuti a scarsa lucidità mentale; Griekspoor va fuori giri negli scambi da fondocampo, i suoi tecnicismi da posizione ravvicinata quali lo slice in back sono giocati con troppa sufficienza per andare a segno e, come era successo con il connazionale, anche lui chiude con un doppio fallo che porta in vantaggio nel set l’azzurro, 3-2.

Qualche errore elementare di troppo per Griekspoor ed ace per Sinner che non si contano più sulle dita di una mano; tre match point annullati di cui uno dopo un punto fatto ma con net a servizio, una spider cam che viaggia a quota troppo bassa, tifosi chiassosi in maniera irriverente giustificati dalla foga del momento, ritardano ma non alterano l’esito già scritto del game finale, quindi dell’incontro, 6-2.

Percorso dunque meraviglioso dell’Italia e, per quello che ci ha dimostrato questa talentuosa generazione di fenomeni, di sicuro avrà possibilità di replicarlo il mondiale successivo perché in qualità di detentrice del titolo la selezione migliore al mondo (con elevato orgoglio possiamo dirlo) ci sarà ancora.

Senza togliere alcun merito sportivo ai nostri fantastici ragazzi, vi sono delle considerazioni da fare riguardo un cammino che con pochi e più semplici passi si sarebbe potuto fare più complicato per gli azzurri, ma non per quanto dimostrato insormontabile: tolti il round robin e i quarti per principio di pura aleatorietà, in semifinale avremmo potuto affrontare i più quotati Stati Uniti che ricordiamo essere stati estromessi ai quarti dall’Australia soprattutto per delle scelte molto discutibili del capitano che ha fatto giocare Ben Shelton al posto del più esperiente Tommy Paul contro Kokkinakis: si è visto che ha risentito molto del peso della competizione soprattutto nel corso del primo set perso per 6-1, poi il tie-break del terzo set conclusosi solamente sul 16-14 ha del clamoroso; l’ha fatto giocare ancora assieme a Paul nel doppio contro Ebden e Thompson, ma un duo esperto come quello australiano non può perdere contro un duo poco in sintonia con un Shelton giù di morale (avrebbero potuto giocare più saggiamente gli esperti doppisti Ram e Krajicek).

Si possono aggiungere all’elenco anche Spagna e Germania come avversario più quotato per la finale, la prima per la rassicurante presenza di Carlos Alcaraz e per tutti i favoritismi del giocare di fronte al festoso pubblico di casa, estromessa dai Paesi Bassi ai quarti grazie al doppio, la seconda per la pesante assenza di Alexander Zverev, attuale numero 2 al mondo, che non ha mancato di suscitare accese discussioni: non si può neanche parlare di problemi fisici per lui visto che fino a qualche giorno fa era presente alle Nitto ATP finals di Torino fino al penultimo atto.

Al di là di tutto questo, non dimentichiamoci di ringraziare il nostro speciale team di azzurri e di quello che ci ha regalato, delle emozioni che ci ha fatto vivere, di tutto il lavoro che sta dietro con il quale ha preparato la competizione: grazie a Bolelli e Vavassori che, nonostante abbiano avuto la “fortuna” di non giocare la fase ad eliminazione diretta, sono sempre stati lì in prima fila ad incitare e dare supporto morale anche nei momenti più difficili ai compagni di squadra.

Grazie a Lorenzo Musetti che, nonostante il brutto risultato ottenuto nell’unica partita disputata, ha prestato massima serietà e rispetto alla competizione.

Grazie a Matteo “The Hammer” (e si merita il soprannome fino all’ultima lettera) Berrettini per la prova di grande determinazione, sacrificio e volontà di tornare ai massimi livelli riscattandosi dopo un lungo e buio periodo di infortuni.

Un ringraziamento speciale ovviamente a Jannik Sinner che ci fa sempre volare in alto, che nella sicurezza e nel pericolo ci dà sempre prova di grandissimo e divertentissimo tennis, giocando contro un avversario che gioca perfettamente ancora meglio.

E per concludere grazie anche a capitan Filippo Volandri che ha saputo guidare per la seconda volta di fila l’Italia alla vittoria con le sue scelte infallibili sia nelle convocazioni sia su chi far giocare, non avendo mai paura di rompere gli schemi (nel doppio contro l’Argentina personalmente avrei confermato Bolelli e Vavassori e chi

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