La Rogers Cup volge infine al termine: manca all’appello solo l’atto finale, quello tra il russo Andrej Rublev e l’aussie Alexey Popyrin, vera sorpresona del torneo canadese.
Tuttavia, il 1000 nordamericano non è passato invano per i nostri colori, sebbene non sia stato Jannik Sinner a tingere d’azzurro i cieli di Montreal.
Infatti Jan, ancora in non perfette condizioni atletiche per i postumi dell’arcinota tonsillite pre-olimpica, è stato sconfitto nei quarti proprio dal futuro finalista moscovita, che finalmente per lui pare aver ritrovato il proprio equilibrio interiore.
Protagonista italiano quasi inatteso, è stato invece il ligure Matteo Arnaldi, che in Canada ha giocato uno dei suoi migliori tornei in carriera, forse il migliore, issandosi fino alle semifinali della prestigiosissima Rogers Cup.
Rublev, ancora lui, ha purtroppo bloccato la sua sorprendente cavalcata verso la gloria canadese, ma la sconfitta nulla toglie all‘eccezionale settimana disputata dall’italiano: prima semifinale raggiunta in un Masters 1000 e soprattutto ingresso trionfale per la prima volta in Top 30, per la precisione al n°29.
Il che significa per il sanremese essere testa di serie ai prossimi US Open di fine Agosto, con tutti i notevoli vantaggi che tale status conferisce.
E si che Matteo fino alla trasferta in Canada non aveva brillato in maniera convincente, soprattutto a partire dalla fase di stagione disputata su terra rossa: l’azzurro ha spesso faticato in più occasioni a mettere in fila due vittorie consecutive, vuoi per difficoltà oggettive dell’incontro, vuoi, come vedremo, per oggettivi demeriti propri.
Noi tutti ci saremmo aspettati dopo la sua esplosione tennistica del 2023 – culminata con la vittoria in Coppa Davis di fine anno – una sorta di definitiva consacrazione nel 2024, annata invece che fino alla Rogers Cup, non ha riservato grandissime soddisfazioni al giocatore italiano.
In realtà, Arnaldi non si è mai seduto sugli allori – Matteo non è un predestinato, anzi tutt’altro – e non appartiene al suo stile bellicoso di gioco il crogiolarsi in panciolle, vivendo di rendita.
È ben noto come sia difficile arrivare lassù – e soprattutto rimanerci – in uno sport competitivo e massacrante com’è il tennis: semplicemente Arnaldi ha vissuto un periodo di naturale assestamento dopo un fase di crescita esponenziale, come accade a tutti ma proprio tutti i giocatori che scalano la classifica ATP.
E per chi non conoscesse bene l’Arnaldi tennista, del 23enne azzurro possiamo dire che racchiude in sé tutte la qualità necessarie per costruirsi una carriera di alto profilo nel tennis moderno.
Giocatore multi-superficie, grande atletismo, aggressivo, rapidissimo negli spostamenti, ottimo senso dell’anticipo, bagaglio tecnico pressoché completo, eccezionale difensore, ottimo attaccante: insomma, una specie di Demon de Minaur in salsa tricolore, a cui a mio avviso assomiglia pure, ma con più winner nel braccio.
Certo, ogni aspetto del suo tennis è perfettibile, concetto valido per ogni tennista in attività, soprattutto a partire dal servizio che a volte non lo supporta sufficientemente durante i match, ma forse il punto più critico e decisivo su cui lavorare in questo momento è un altro.
Durante i suoi incontri, l’azzurro ha mostrato talvolta troppa fretta nel chiudere lo scambio, cercando e rischiando il colpo risolutivo quando il punto non è ancora maturo per essere colto con profitto.
Ho assistito a molte sue partite in questa stagione, e le sfide alla sua portata chiuse invece con la sconfitta, sono figlie soprattutto di questa sorta di ansia nell’accorciare i tempi di gioco, con con scelte tennistiche controproducenti.
Tant’è vero che le statistiche di fine match spesso registrano un numero pazzesco di vincenti, che però non pareggiano il numero spaventatoso di errori commessi da Matteo.
Al nostro giocatore manca solo quel pizzico di ordine in più durante lo svolgimento del match che gli consentirebbe di strutturare lo scambio con maggior freddezza e minor istinto kamikaze.
Perché nel tennis, lo sappiamo da sempre, ha più possibilità di vincere la sfida il giocatore che sbaglia meno dell’avversario, soprattutto quando le sorti del match sono lì lì in bilico.
Corretto opportunamente questo nevralgico aspetto nel sistema di gioco di Arnaldi, i piani alti della classifica potrebbero diventare tranquillamente dimora abituale per l’Alex de Minaur di casa nostra: il che sarebbe, come si dice in queste speciali occasioni, proprio “Tanta roba!”.
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