Curiosi incroci questa settimana negli ATP250 di Nizza e Ginevra.
Due tornei non particolarmente baciati dalla fortuna, in quanto calendarizzati all’immediata vigilia dell’appuntamento Slam parigino. Per solito poco frequentati dai top players, offrono la ribalta a giocatori in cerca di notorietà, grossi nomi con pochi match nelle gambe a causa di infortuni patiti in stagione o stakanovisti della racchetta che non disdegnano punti relativamente facili.
Eppure questa edizione dei due tornei “sfortunati” ci offre qualche elemento di riflessione.
A Nizza si sfida la “linea verde” del tennis mondiale, due tra i nomi più prossimi ad un futuro da star nel circuito: Alexander Zverev e Dominik Thiem. Del secondo il sottoscritto vi ha abbondantemente scritto, e si augura di continuare a farlo, da sostenitore del talento e dei rovesci ad una mana. Del dinoccolato tennista tedesco di origini russe invece si è detto, sempre da questa tribuna, pochino: un tennista che ha le stimmate del campione. Sa far tutto, non eccelle nel gioco di volo, ma avrà tempo di costruirselo. Serve bene, in modo davvero efficace (specie ad uscire), si muove ancora in modo discreto, non sa gestire il suo fisico al meglio, ma ha tempo, non avendo compiuto ancora vent’anni.
Thiem invece sta sbocciando in questo 2016 come campione affermato. Sta imponendosi fisicamente e tecnicamente come leader di questa nouvelle vague del tennis mondiale, insieme a Zverev, a Borna Coric, a Nick Kyrgios e Taylor Fritz (più indietro Chung e qualcuno dalla Francia ma ancora in cerca d’autore). Non ancora mentalmente: l’austriaco ha delle pause che paga se gioca con i Fab4 là davanti, ci deve ancora lavorare, ma è solo questione di tempo. Oggi ne ha offerto una dimostrazione: tennis autorevole e misurato nella prima frazione, pausa mentale e quindi tattica nel secondo, dominio di prepotenza nel terzo (approfittando di un vistoso calo dell’avversario, piegato però anche dallo sforzo fatto per pareggiare il computo dei set).
A Ginevra va in scena invece un match tra due “vecchi” del circuito (curiosamente vestiti entrambi di giallo). Eh già, possiamo considerare tali due giocatori alle soglie dei 30 anni? L’accelerazione che il tennis contemporaneo sta imponendo ai parametri del professionismo è davvero notevole e, ad oggi, non sappiamo quanto positiva. Se è vero che si accorciano notevolmente i tempi di investimento per i giovani giocatori nelle categorie minori, subito proiettati nel circuito maggiore, si alza il rischio di arrivare allo stress fisico necessario per stare a quel livello troppo velocemente, portando a numerosi infortuni. Marin Cilic e Stan Wawrinka, due dei tre umani che negli ultimi anni sono riusciti a vincere uno slam (nel caso dello svizzero ben 2) fuori dal quadrilatero Djokovic-Nadal-Federer-Murray.
Di fatto però la finale di oggi ci riconsegna un Wawrinka che lancia un segnale in vista di Parigi, quasi volesse provare a rovinare la festa a Nole. Un Cilic che torna dopo i master1000 statunitensi e che si ripropone con un tennis più che discreto in vista del Rolando. Questi due giocatori, considerata la possibilità concreta di giocare a livelli ottimali fino ai 33\34 anni, potranno certamente dire la loro nei prossimi 5\6 anni e sarà curioso vedere come si rapporteranno in termini di qualitò di gioco e di classifica (le due cose non sempre coincidono, come sappiamo) proprio con la linea verde che si scontrava in Francia. Ai posteri, come diceva il poeta, l’ardua sentenza.