Domani, alle 9:30 italiane, la finale dell’Australian Open 2019 metterà di fronte, sulla Rod Laver Arena, Naomi Osaka e Petra Kvitova, che si contenderanno non solo il primo titolo del Grande Slam della stagione, ma anche la vetta del ranking mondiale per la loro prima volta. Il contorno della finale, si preannuncia già di per sé scoppiettante: la giapponese alla ricerca del secondo Major consecutivo (l’ultima, prima della cannibale Serena Williams, è stata Kim Clijsters, tra New York 2010 e Melbourne 2011), oppure la ceca, la cui vittoria, dopo le due a Wimbledon (2011-14), avrebbe un qualcosa di straordinariamente romantico dopo l’aggressione subita nel 2016 che ha rischiato di porre fine alla sua carriera. Ritornando al tennis giocato però, noi di Tennis Circus proveremo ad analizzare quello che ci aspetta domani, ripercorrendo anche le tappe che hanno portato le due tenniste all’ultimo atto del Down Under.
IL CAMMINO DI OSAKA – La nipponica, già campionessa Slam a soli 21 anni, è arrivata alla seconda finale consecutiva di categoria uscendo vincitrice dalla parte alta del tabellone, anche se con non poche difficoltà. Nel corso del torneo però, e nei momenti più opportuni, Osaka ha dimostrato di meritare la finale sfoderando sempre l’arma giusta, compresa quella della solidità caratteriale. Dopo due primi turni veramente agevoli, in cui la testa di serie numero 4 del seeding ha lasciato solo sei game per parte a Madga Linette e Tamara Zidansek, le prime problematiche sono arrivate contro la coreana Su-Wei Hsieh. La numero 27 del mondo ha infatti impedito ad Osaka di trovare il giusto ritmo nel primo parziale, coinvolgendola in una lotta a colpi di break: alla fine Hsieh ha portato a casa il primo set per 7-5 anche grazie alla collaborazione della propria avversaria, al suo peggior set del torneo in quanto ad errori gratuiti, ben 20. Da qui, è arrivata la prima svolta nel torneo di Osaka, che rispetto allo scorso anno si dice molto più sicura di sé, più in grado di gestire anche uno svantaggio di un set. In effetti, il 6-4 6-1 con cui l’asiatica ha chiuso la rimonta è sintomatico di una tennista caparbia e abile nell’attendere il calo nel rendimento della propria avversaria, migliorando, prima di tutto, i propri numeri al servizio. In maniera simile è arrivata la rimonta in ottavi di finale, contro il pericolosissimo ma estremamente umorale tennis della lettone Anastasija Sevastova. Nonostante il durissimo 4-6 6-4 6-3, si sono già visti da qui i primi progressi di Osaka, che rispetto alla partita con Hsieh ha potuto affidarsi molto più costante alla propria battuta, conservando ottimi numeri soprattutto con la prima di servizio, fondamentale nel cancellare 8 delle 10 palle break concesse alla numero 13 del seeding. La gestione della pressione è stata poi ottima nei momenti chiave della partita, con Osaka che nonostante i rischi a tratti eccessivi da fondo campo ha sempre tenuto in mano le redini del match conquistando il break decisivo nel fatidico settimo game e respingendo i tentativi di rientro in extremis di Sevastova. Nei quarti di finale, invece, è arrivata la sua miglior partita dal punto di vista tattico, contro l’ucraina Elina Svitolina. La numero 6 del tabellone, che nei precedenti era avanti, ha dovuto più di tutte fare i conti con l’ambizione della propria avversaria: Osaka ha infatti sfruttato sin dall’inizio le lacune al servizio di Svitolina, che con uno striminzito 58% di prime in campo ha ovviamente pagato le conseguenze sulla seconda, venendo investita dalla maggiore potenza della nipponica, vincitrice di 16 punti su 22 contro la seconda di servizio della campionessa della Wta Finals. Lo score finale di 6-4 6-1, d’altronde, non lascia spazio ad interpretazioni d’altra forma. In semifinale, nel gran match contro Karolina Pliskova, è arrivata la più grande dimostrazione di forza mentale ancor prima che tennistica. La ceca, dopo essere stata totalmente dominata nel primo parziale, ha risposto di forza recuperando il break di svantaggio nel secondo set e cominciando, proprio come contro Serena Williams, a tirare dentro tutto con grande profondità per riequilibrare il punteggio e mandare la partita al set decisivo. Qui, quando tutto sembrava poter finire, con le palle break in favore per Pliskova, è emersa tutta la personalità di Osaka che ha prima cancellato le chance della numero 7 del seeding con la sua stessa arma, il servizio, e ha poi brekkato definitivamente la propria avversaria lasciandola a zero. Prima di chiudere per 6-2 4-6 6-4, la giapponese ha salvato un’ulteriore palla break, demoralizzando evidentemente la propria avversaria, arresasi solo dopo un’ora e 56 di battaglia.
IL CAMMINO DI KVITOVA – Che Petra Kvitova fosse da tenere d’occhio, alla vigilia, lo sapevamo tutti, o quasi. Lo si era capito già dalla vittoria prima di Melbourne, in quel di Sydney, dopo una divertente finale contro Ashleigh Barty. Ma le incognite più grandi venivano, d’altro canto, proprio dal successo prima degli Australian Open che, almeno sulla carta, l’avrebbe potuta far arrivare più stanca al primo vero grande appuntamento della stagione tennistica. Due settimane dopo, parlare del cammino che ha portato Kvitova in finale nello Slam australiano, è difficile farlo senza cadere nel banale. E’ difficile non definirlo con un solo e banale termine, che poi banale non lo è affatto. Quello di Petra Kvitova sui campi del Melbourne Park è stato infatti un puro dominio tennistico che, negli ultimi anni, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche in termini di punteggio, si è visto solo con Serena Williams. Nella prima settimana Magdalena Rybarikova, Irina Camelia Begu, Belinda Bencic e Amanda Anisimova, nella seconda invece Ashleigh Barty nei quarti di finale e Danielle Collins nella semifinale: il totale dei game concessi dalla due volte campionessa di Wimbledon nei sei match vinti in vista della finale, ammonta a 28, meno di 5 a partita in media. Per questo è difficile da descrivere con semplici parole il torneo della numero 6 del mondo finora, perché dopo un corsa così veloce, la pressione aumenta senz’altro, e parlare di un torneo perfetto con una finale ancora tutta da giocare e che potrebbe anche sbiadire il tutto, sarebbe ingiusto. In attesa che la finale la metta dunque di fronte all’unica tennista che sembra in grado di contrastarla possiamo tuttavia provare a spiegare la supremazia del suo tennis in alcuni semplici numeri. Col suo insidiosissimo servizio mancino, la 28enne ceca ha costantemente fatto la differenza: la percentuale di prime in campo non è mai scesa sotto il 59% (match di secondo turno) e la resa di tale colpo è sempre stata superiore al 70%, con un picco dell’85% contro Belinda Bencic. Se poi aggiungiamo il tennis piuttosto completo di Kvitova, capace di sfoderare colpi potenti da fondo, ma anche di tenere il confronto con il tennis vario della Barty, gli ingredienti per qualcosa di incredibile ci sono tutti. Perché la ex numero 2 del mondo non si è mai scomposta neanche dopo il primo set complicato del suo torneo, il primo della semifinale contro Collins: anzi, Kvitova è venuta fuori proprio in quel momento, ed infatti, vinto il tie-break per 7-2, la contesa si è chiusa anzitempo, con l’eloquente 6-0 che ha ribadito anche a Collins la sua superiorità nella parte bassa del tabellone femminile. Rispetto alla sue avversarie, ha sempre avuto un margine incredibilmente superiore ed il loro campo, per Kvitova, che ha sempre avuto un parziale vincenti/gratuiti positivo, è sembrato maledettamente più grande.
LA FINALE E I BOOKMAKERS – Domani, presumibilmente, l’asticella si alzerà ancora un po’ e noi appassionati potremo godere di una finale che mette di fronte le due giocatrici che sul campo hanno avuto non solo continuità tennistica, naturalmente, ma che hanno eccelso anche in personalità. I motivi di interesse della finale, oltre che nel livello espresso delle due tenniste in queste due settimane, risiede anche nel fatto che tra le due non c’è alcun precedente e, dunque, alcun condizionamento che può incidere sullo spettacolo ancor prima che esso vada in scena. La pressione è certo molta, e farà la sua parte: c’è in palio il primo Grande Slam dell’anno oltre alla prima posizione del ranking Wta. Entrambe sono peraltro imbattute nelle finali a questo livello, con le due vittorie di Kvitova a Wimbledon e il discusso trionfo dello scorso settembre per Osaka in quel di New York. Vista attraverso i numeri, la sfida sembra quasi insormontabile per Osaka, che oltre a dover fare i conti con lo strepitoso servizio della ceca, se fosse quello visto in questo ultimo periodo, dovrebbe fare i conti con un’avversaria che non presenta grossissime lacune nei colpi da fondo e che anzi può forse una tattica più varia della sua. Tuttavia, di giocatrici potentissime e abituate ai grandi palcoscenici, Kvitova non ne ha ancora affrontate, ed Osaka è una di quelle. Per i bookmakers è leggermente favorita Petra Kvitova, con una quota che si aggira tra l’1.70 e l’uno 1.80, mentre Naomi Osaka è più o meno fissa sul 2.10. Per la ceca, classe 1990, e non sempre molto costante nei grandi tornei, l’occasione è importantissima: lei stessa è probabilmente cosciente del fatto che una finale del genere potrebbe non ricapitarle immediatamente, e tornare a vincere un Grand Slam dopo l’incubo sarebbe una meravigliosa rivincita personale, a rendere ancora più luminosi gli occhi sognanti della commossa Kvitova dopo la semifinale vinta. Osaka, che pure ha una grandissima opportunità di essere la prima dopo Serena Williams a vincere due tornei di tale calibro consecutivamente, sa bene di poter avere altre possibilità in futuro, data ancora la giovanissima età, e potrebbe dunque essere più libera a livello mentale. Nelle partite più importanti della sua carriera, però, Kvitova non ha mai steccato prima d’ora e, anche noi, non possiamo che dare a lei il favore del pronostico, vista la minore incisività, almeno sulla carta, del servizio di Osaka. Comunque vada, la prima finale importante del circuito Wta si pone come una delle partite più interessanti degli ultimi anni, che scriverà una nuova bellissima pagina di storia.