I verdi courts di Wimbledon e lo spettacolo che non tornerà…

E’ ormai sotto gli occhi di tutti come il gioco del tennis si sia molto evoluto nel corso degli ultimi anni, e non c’è stata occasione migliore della recente finale dei “Championships” di Wimbledon per prendere nuovamente atto della conformizzazione di quello che, fino ad oggi, era forse uno dei pochi baluardi del tennis spettacolo, figlio oltretutto di un nobile passato.

La precisazione dovuta è che nessuno intende sminuire il valore di questo torneo e, di conseguenza, dei piazzamenti finali nel draw londinese, eppure va altrettanto chiaramente evidenziato come le partite che si sono potute ammirare negli ultimi anni, molto difficilmente avranno in futuro una risonanza tale da lasciarle per sempre alla storia del tennis, complici le nuove attitudini di un tennis a due velocità ed i provvedimenti dei piani alti delle varie associazioni che hanno indirizzato il nuovo campione del tennista al top verso un limbo che difficilmente lascerà spazio al talento insindacabile.

Per quanto se ne possa discutere, se di discussione costruttiva si tratta, a fare da padroni sono i numeri, le statistiche e la pura e semplice evidenza, portata agli occhi degli spettatori da uno studio estremamente interessante da parte del portale spagnolo specializzato puntodebreak.com

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Nel corso degli ultimi decenni, analizzando l’aspetto del Centrale di Wimbledon al momento degli ultimissimi incontri del torneo, si nota un’incredibile differenza di erosione per quanto riguarda tutta la zona centrale del campo e specialmente intorno alla “T” del servizio; negli anni 80 si può vedere come il campo veniva solcato regolarmente all’interno di ogni singolo punto, anche perché non era così evidente la differenza tra la linea di fondo campo ed appunto le zone limitrofe alla rete.

Da quel momento in poi sono stati tutti passaggi intermedi per arrivare agli “schiaffi” di questi ultimi anni, con il bel manto di Church Road che conservandosi intonso non può fare altro che preoccupare rispetto all’effettivo gioco portato dai grandi campioni in corsa per il titolo.

Sono davvero troppo pochi i giocatori che hanno tentato di controvertere la tendenza, e se si parla di un Rafael Nadal che avrebbe visto le sue quotazioni crescere con lo spuntare della terra a fondo campo, solo per fare un esempio, vuol dire che stavolta è stata proprio la speranza la prima a morire.

La settorializzazione sempre più accentuata per quanto riguarda il doppio, con i big che snobbano quasi sempre la seconda disciplina del tennis, ed un allenamento volto esclusivamente ai ormai sempre più frequenti “braccio di ferro” da fondo campo sono i primi elementi che indirizzano le stagioni tennistiche verso la mera battaglia all’ultimo sangue, quasi prevenendo dall’eventualità di portare nella parte alta delle classifiche dei giovani in grado di modellare il proprio gioco in base alle debolezze dell’avversario ed alla conformazione del campo, tenendo presenti anche le condizioni di gioco a tutto tondo.

Manca una vera e propria cultura dell’intelligenza tattica oppure il gioco moderno deve tendere sempre e comunque a soddisfare quelle che sono le esigenze del mercato e dei campioni del nostro tempo? La risposta sarà difficile da trovare, eppure il sacro tempio di Wimbledon si tinge sempre più di verde e lascia sempre più spazio alla solita terra rossa, anche se alla seconda settimana.

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